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I° ritorno in Eritrea dopo 46 anni.

  • Carlo Di Salvo
  • Autore della discussione
22/05/2012 17:20 #12749 da Carlo Di Salvo
Il 30 dicembre 1994 alle prime luci dell'alba mi sveglio purtroppo al gracchiare dei corvi che sembra si siano impossessati di Massaua, la macchina fotografica e tutta l'attrezzatura l'avevo preparata la sera prima, mi metto solo i pantaloncini e salgo sulla terrazza dell'hotel da dove si gode un bellissimo panorama, da Edaga Behrai a Taulud, da Taulud a Gherar fino a Massaua ed all'isola verde con il Ghedem all'orizzonte posso fotografare.
Il sole sta sorgendo sulla punta sud di Massaua, ancora lo si può guardare ad occhio nudo e scatto le foto, sovrasta proprio il Lido vedo anche lo schermo del cinematografo che si sa a Massaua è all'aperto.
Fotografo in direzione di Edaga Behrai, riprendo quasi tutta Taulud, fotografo le bianche montagnole delle saline di Gherar, il disastrato palazzo del Governatore con le statue dei leoni di Giuda, Gherar non ci crederete ma ancora funziona la centrale elettrica della S.E.D.A.O., sposto adesso l'biettivo su Massaua che sembra dirmi cosa fai lassù scendi e vieni ad abbracciarmi come quando sei sbarcato la prima volta ricordi?
Non me lo faccio ripetere la seconda volta scendo ritorno in camera, una doccia rinfrescante mi da la carica il rubinetto della doccia, lo notai la sera precedente, è unico non vi è acqua calda e fredda, ma a Massaua c'è solo acqua calda, la temperatura già di prima mattina è attorno ai 30° malgrado siamo in dicembre, fatta colazione con cappuccino, fette biscottate, marmellatine e burro mi avvio subito sulla diga per Massaua.
Con l'iimancabile incontro con il cippo sul mare mi avvicino a Massaua poco prima che finisca la diga guardo a destra dove ai nostri tempi, a palafitte sul mare, vi era il circolo della vela, famose erano le regate attorno all'isola verde e ritorno verso Massaua, adesso non esisteva più nulla.
Giunto sull'isola mi avviai subito in via Roma, avevo l'intenzione di ordinare da un sarto due taffetani in stile sudanese fatti con il fresco bianco tessuto di "abudjadit", ne ordinai due a Massaua con il caldo e le purtroppo noiose mosche sono utilissimi perchè praticamente coprono tutto il corpo mantenendoti fresco, le avrei ritirati prese le mie misure il sarto mi disse che tra due ore sarebbero state pronte.
Ritornato sui miei passi questa volta, passando di fronte al palazzo della posta, mi diressi lungo via Venezia verso il Lido, chissà cosa avrei trovato.
Purtroppo trovai distruzione, desolazione, completo abbandono, erano rimasti i pochi gradini per scendere in mare, vi era ancora lo scheletro del vecchio trampolino da dove ci tuffavamo, vicino la grata in ferro di apertura sul mare per protezione dai pescicani non esisteva più, vi erano ancora poche cabine dalla cui passerella giovani massauini si tuffavano in mare.
Vi era ancora lo scheletro del palchetto dove la sera l'orchestrina suonava mentre le coppiette ballavano durante l'elezione della "Reginetta del Mar-Rosso" al suono del "tango del mare".
Quante volte sui pordi della piscina del Lido andavo a fare il tifo durante le gare di pallanuoto tra la Rari Nantes Asmara e la Sedao oppure tra queste e la Rari Nantes Massaua, il Lido poi era il ritrovo più alla moda durante le vacanze di Natale della bella gioventù dell'Eritrea perchè da noi, a differenza che in Italia, le vacanze natalizie duravano circa 1 mese, ve lo ricordate?
Che momenti quando si saliva in littorina ad Asmara per le vacanze a Massaua!
Beh credo che per oggi basta ne ho scritti due di racconti. (continua).

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22/05/2012 17:16 - 22/05/2012 17:22 #12748 da Narrante
[justify]Il viaggio fotografico verso Massaua proseguirà in questa pagina...
L'addetto alla fotografia si ferma al "Buon respiro" per cenare e pernottare...
I bimbi che avete visto prima, si sono opposti alla mia partenza ed hanno chiesto ai genitori di ospitarmi.
Naturalmente, allettato dal profumino di un buon capretto in fase avanzata di cottura, il Silvano ha accettato ben volentieri...vi dirò come è andata...forse, dico e ripeto forse, potrei riuscire a inserire una foto fuori...ordinanza...chissà...chissà...


[/justify]
Ultima Modifica: 22/05/2012 17:22 da Narrante.

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  • Carlo Di Salvo
  • Autore della discussione
22/05/2012 11:12 #12744 da Carlo Di Salvo
Dopo avere fatto un giro della stazione sino al binario morto che si prolungava per alcuni metri in mare e dove andavo ogni tanto a pescare, ritorno fuori dirirgendomi adesso decisamente verso il palazzo governatoriale dove inizierò ad attraversare la breve diga che conduce all'isola di Massaua.
Dopo un breve sguardo al palazzo Governatoriale entro nella diga di Massaua, con meraviglia noto che esiste ancora il cippo in mezzo al mare in memoria di un idrovolante italiano inabissatosi in quel punto credo nel 1932 vi sono incisi i nomi dei piloti che perirono nell'incidente, il monumento è sempre leggermente inclinato e poggia su quattro piccole sfere, quando giunsi a Massaua il 24 dicembre 1939 ricordo che mi colpì perchè sorgeva in mezzo al mare.
Sapete tutti che quando si imbocca quella diga subito si è colpiti dalla vista del porto di Massaua con i suoi portici sul lungo mare che iniziano con il bar Savoia sull'angolo della piazza, proprio difronte al termine della diga il fabbricato in stile arabo dell'Hotel Torino ci da il benvenuto, a destra vi è ancora il palazzo della Posta.
Inizio la mia lenta passeggiata inoltrandomi in via Roma che ha inizio proprio di fianco all'Hotel Torino, sia a destra che a sinistra vi sono ancora i vecchi negozi di una volta: i sarti con le vecchie macchine da cucire Singer azionate dal pedale, il barbiere, il negozio di souvenir ricco dei prodotti del Mar Rosso con le sue madrepore, le sue conchiglie e le dentiere di pescicani, vi è l'Hotel Massaua con isuoi archi in stile arabo e con le immancabili muscerabie arabe, negozi di alimentari con tanto scatolame tutti in fabbricati con architetture ricche di archi quasi a forma merletto, attorno bambini scalzi che giocano, fuori dalle abitazioni gli angareb sono appoggiati ai muri perchè, spesso a Massaua per il caldo, in quel momento sicuramente si superavano i 30°, si dorme sotto le stelle.
Naturalmente passeggiando lungo via Roma ad un certo punto devio dirigendomi verso la piazza degl'Incendi dove ricordo il bellissimo balcone della casa turca sulla piazza e la nuova grande Moschea, fotografo tutto quello che mi colpisce, la popolazione, i bambini, i balconi, le muscerabie delle abitazioni.
Purtroppo ovunque vi sono i segni dei bombardamenti, molti edifici una volta orgoglio di Massaua sono adesso ruderi, neppure un terremoto avrebbe potuto fare più distruzioni, dirigendomi lungo via Milano verso il porto mi resi conto che lì vi erano i maggiori danni, la splendida sede della Banca d'Italia capolavoro in stile arabo dell'architettura coloniale italiana era sforacchiato dapperttutto e così tutti i portici del lungo mare, come primo giorno tra Taulud e la prima mezza visita di Massaua si era fatto sera, ritornai quindi all'Hotel Dahalak, passando sulla diga a metà mi sedetti sul bordo come facevo quando tornavo dal cinema del Lido.
Adesso Massaua con le flebili luci dei suoi lampioni e delle case che si riflettevano sul mare assieme a quelle di Gherar sotto un cielo carico di stelle, mi fecero ricordare quando tornavo dal cinema del Lido e ricordi e ricordi si affollavano nella mia mente, pensavo all'indomani quanti altri luoghi di Massaua avrei visto. (continua).

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  • Carlo Di Salvo
  • Autore della discussione
21/05/2012 15:58 #12729 da Carlo Di Salvo
Iniziamo a percorrere la lunga diga di Edaga Berai lunga quasi 1 Km. che unisce la terra ferma all'isola di Taulud, l'odore salso del mar-rosso che evapora sotto un sole cocente, malgrado fossimo in dicembre, penetra e invade tutto l'abitacolo del fuori strada, il mare ci circonda dapperttutto, avanziamo lentamente perchè ho detto a Michele: "va piano perché voglio godermi questi istanti", guardo alla nostra destra verso l'ampia baia di Archico, rivedo il massiccio del Ghedem che si innalza al di là del mare a chiudere la baia, lentamente sposto lo sguardo verso l'isola di Taulud e rivedo appoggiata sul mare l'isola di Shak-Said da noi conosciuta come l'isola verde per la fitta vegetazione di mangrovie che la riveste.
Ci avviciniamo sempre più a Taulud sulla sua punta a sud rivedo la villa Melotti, sposto ancora lo sguardo e comincio ad intravedere le alte palme dum che mi indicano il vecchio Grande Albergo CIAAO, per chi non lo sapesse quando fu costruito era il più lussuoso albergo coloniale del mondo, poi con gli inglesi prese il nome di Red-Sea, in questo albergo nei periodi di relax veniva il Duca Amedeo d'Aosta, ciavviciniamo ancor più a Taulud, rivedo alla destra sul mare il piccolo edificio della fabbrica di ghiaccio dove andavo a comprare la mezza stecca di ghiaccio da mettere nella ghiacciaia, ai nostri tempi ancora non esistevano i frigoriferi, siamo giunti a metà della diga, adesso volgo lo sguardo alla mia destra, quanti ricordi mi assalgono la mente, rivedo gli scheletri delle abitazioni dei ferrovieri su palafitte sul mare, sono rimaste solo le palafitte, vedo però che i sambuchi arabi ci sono sempre anzi mi sembra che siano aumentati, lontano a sinistra rivedo le bianche montagnole delle Saline di Gherar, ritorno a guardare verso Taulud e distinguo la lunga costruzione della stazione ferroviaria di Taulud.
Ormai stiamo entrando a Taulud, si nota tanta distruzione, sulle abitazione non ce ne è una che non sia sforacchiata dai colpi di cannoni o delle mitragliatrici dei Mig russi in dotazione all'Etiopia, vedo anche un carroarmato distrutto proprio accanto alla fabbrica del ghiaccio che con mia somma meraviglia vedo ancora funzionante, pensate fa il ghiaccio dall'acqua del mare, svoltiamo a sinistra e percorriamo il Corso del Re, passiamo davanti alla stazione ferroviaria dopo avere superato alla nostra destra il vecchio albergo Ghedem con le sue muscerabie, giungiamo quasi alla punta estrema nord dell'isola di Taulud, di fronte a noi mentre giriamo a destra appare il Palazzo del Governatore tutto sventrato, la sua cupola sembra un uovo con li guscio tutto rotto, finalmente rivedo la diga che unisce Taulud all'isola di Massaua, ci fermiamo però nel parcheggio dell'Hotel Dahalak dove io alloggerò durante la mia permanenza massauina.
Espletate tutte le formalità in albergo e dopo avere preso possesso della camera con il mio bagaglio ritorno subito giù, sono in pantaloncini sandali ed a torso nudo, non vedo l'ora di andare a vedere l'interno dlla stazione, così mi avvio a piedi lungo il corso del Re, costeggio la lunga inferriata della stazione, intanto Michele e Rino diretti a Gurgussum dove alloggeranno si affiancano con la macchina e per mettermi alla prova cominciano a farmi domande sulla stazione, poverini non sanno con chi hanno a che fare, perché ricordo tutto, dico loro anche che stanno percorrendo il vecchio circuito automobilistico di Massaua che si svolgeva appunto tra il corso del Re ed il viale Gen. Vitali, mentre loro mi fanno tutte queste domande ho un fazzoletto in mano perché ho anche un nodo alla gola, le lacrime agli occhi mi continuano a scendere e non riesco a fermarle nel vedere tutta la distruzione che mi circonda.
Finalmente dopo avere superato il fabbricato della stazione che era tutto chiuso, trovo un accesso all'interno della stazione, vado alle nostre abitazioni sulle palafitte attraversando tutti i binari della stazione, rivedo la nostra spiaggia invasa dai sambuchi tirati in secca anche perché la bassa marea li aveva fatti arenare su un fianco, quì diedi sfogo al mio pianto perché i ricordi erano troppo intensi.
Ritornai sui binari, alcuni carri merci erano abbandonati al sole, verso il vecchio deposito locomotive vedo una locomotiva Mallet, sembrava un monumento di storia abbandonato lì a ricordo di un passato glorioso, la raggiungo e non posso fare a meno di fotografarla, sembra in buono stato, chissà potrebbe rimettersi a fumare ed a sbuffare il suo vapore dai quattro cilindri, intanto fotografo li fabbricato della ferrovia tutto sventrato dalle bombe.(continua)

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  • Carlo Di Salvo
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19/05/2012 15:55 #12708 da Carlo Di Salvo
Man mano che procedevamo nella valle di Saberguma mi aspettavo di rivedere le concessioni della valle di Damas, giunti però alle prime salite dei monti Dig-Digtà mi resi conto che non avrei potuto rivederle, povero me, mi ero dimenticato che in quel tratto di strada dopo Ghinda la ferrovia e la camionabile seguono due versanti diversi e la valle di Saberguma e la piana di Damas sono completamente in due versanti opposti, solo dopo il superamento dei bassi monti Dig-Digtà cammineranno quasi affiancate fino a Massaua.
Ritornando in pianura dopo i monti Dig-Digtà si scorgono su alte colline alla nostra sinistra i famosi forti di Saati che furono teatro nel 1887 di scontri con Ras Alula.
Il paesaggio attorno quasi arido era coperto solo da acacie ombrellifere che essendo in inverno le poche pioggie avevano fatto sì che si rivestissero di piccole foglioline verdi e di minuscoli profumatissime palline gialle di infiorescenze, di tanto in tanto lungo antiche carovaniere si incrociano carovane di dromedari che vanno verso l'altopiano, sì proprio il tempo sembra che quì si sia fermato.
Poco oltre i forti di Saati faccio fermare Michele perchè riconosco alla nostra destra lo scheletro di quella che era una volta la stazione ferroviaria di Mai-Atal dove papà quando vi prestava servizio portava spesso anche me, non potete immaginare quanti ricordi mi sono venuti a galla in quel momento, non mi volli avvicinare alla stazione per temore di qualche mina, perchè credo che ancora dopo la guerra con l'Etiopia non fosse stata fatta alcuna bonifica, si vedevano ancora gli alti lampioni della stazione in ghisa,
Michele per riprendermi con la sua cinepresa mi disse quel birbante: "vai giù verso la stazione e racconta, se salti in aria mi prendo io la responsabilità", così feci parlando di Dogali, dei forti di Saati e dei circa 500 italiani massacrati da Ras Alula sulla collina di Dogali dove tra poco saremmo giunti.
Ripreso il viaggio infatti poco dopo raggiugiamo Dogali dove su una collina in alto sulla sinistra si vede il monumento in memoria dei nostri caduti, ci fermiamo per un breve attimo perchè si comincia a fare tardi, Michele che per sua mamma torna spesso in Eritrea mi racconta che in questo luogo durante il regime etiopico del col. Menghistù in contrapposizione al nostro monumento su un'altra collina di fronte fu innalzata una grande stella rossa, che però dopo la sconfitta del regime etiopico gli eritrei abbatterono subito lasciando intatto quello italiano.
Riprendiamo il viaggio verso Massaua passiamo sul ponte costruito dagli alpini del reggimento Aosta dedicato al Gen. Menabrea e con scritto il motto del reggimento: "CA CUSTA L'ON CA CUSTA".
Ferrovia e camionabile adesso dopo Mai-Atal camminano quasi affiancate con mia meraviglia noto che quì vi sono già i binari della ricostruzione, raggiungiamo il torrente Hamasat senza però superare il ponte perchè in restauro passiamo sul letto del torrente, ci stiamo avvicinando a Moncullo il primo villaggio prima di Massaua, vedo un filare di vagoni ferroviari completamente restaurati, procediamo veloci adesso non vediamo l'ora di arrivare a destinazione, attraversiamo il villaggio di Otumlo con le sue capanne di povera gente dove bambini quasi nudi girano tra asinelli con le ghirbe per l'acqua e tanti capretti, cani galline in un miscuglio indescrivibile di povertà, finalmente vedo l'arco all'imboccatura della lunga diga di Taulud, ma Massaua merita una lunga puntata seguitemi alla prossima. (continua)

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  • Carlo Di Salvo
  • Autore della discussione
19/05/2012 10:01 #12705 da Carlo Di Salvo
Appena superato il ponte si entra subito nel villaggio di Ghinda che si sviluppa soprattutto lungo la camionabile, dobbiamo però rallentare perchè davanti a noi un dromedario impaurito dell'improvviso arrivo dell'auto si mette a correre per un lungo tratto di strada, il paese dopo parecchi anni di assenza non me lo ricordavo tanto che per andare alla stazione dovetti chiedere in che punto la vecchia carovaniera si innestava alla camionabile per Massaua, giunti di fronte al vecchio ristorante della Maria il "Buon Respiro", almeno ciò che resta di esso dopo la guerra con l'Etiopia, fermammo l'auto per una breve sosta e per fare naturalmente alcune foto, attorno a noi alti alberi su cui si abbarbicano bouganvillee cariche di fiori ci dicono chiaramente qual'è il clima eternamente primaverile di questo luogo.
Purtroppo riprendiamo il viaggio verso Massaua perchè si è fatto tardi, non riesco quindi ad andare alla stazione a rivedere la mia vecchia cara villetta, vi dirò in seguito come nei giorni successivi alla mia breve permanenza in Eritrea riuscii a rivedere la mia residenza di Ghinda.
Riprendiamo il viaggio verso la nostra meta finale, adesso la strada per un breve tratto riprende a salire, siamo quì al Dongollo Alto, giunto alla sommità la strada prende a scendere questa volta verso il Dongollo Basso e quindi verso la Piana di Saberguma che dall'alto, mentre iniziamo la discesa, si comincia ad intravedere.
Giungiamo così al Dongollo Basso passiamo davanti ai ruderi di quello che una volta era lo stabilimento termale dell'imbottigliamento delle acque minerali, da questo stabilimento uscivano anche le bottigliette delle aranciate Dongollo che assieme alle bottiglie di birra Melotti venivano offerte ai passeggeri delle littorine allo spaccio della stazione di Ghinda assieme ai panini farciti con frittatine di uova.
Man mano che ci avviciniamo alla piana di Saberguma l'aria si fa torrida il calore del bassopiano si fa sentire, adesso tra la vegetazione incominciamo a vedere le acacie ombrellifere endemiche di questa zona, solamente il verde si nota nelle concessioni che vecchi coloni italiani avevano cominciato a creare soprattutto nella piana di Damas, con coltivazioni di pompelmi, arance, mandarini, papaie, banane e zaituni creando oasi di verde che ancora oggi sono la meraviglia di coloro che passano da questi luoghi. (continua).

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