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I° ritorno in Eritrea dopo 46 anni. |
- Carlo Di Salvo
- Autore della discussione
29/05/2012 10:21 #12851
da Carlo Di Salvo
Alle 9 di stamane quì a Padova si è ballato, questa volta oltre che sussultorio il terremoto è stato anche ondulatorio per cui lo si è avvertito molto di più, dopo questo preambolo il mio pensiero torna a Massaua distrutta nel 1921 da ben tre scosse che la rasero quasi al suolo, l'Italia la ricostruì come l'aveva trovata abbellendola ancora di più con bellissimi fabbricati mantenendone lo stile originale.
Ci voleva Menghistù per cancellare quanto si era fatto.
Riprendo così il mio ritorno in Eritrea: il 30 dicembre 1994 come sempre prima che il sole sorga mi alzo al canto del Muezzin, salgo sulla terrazza del Dahalak, a oriente proprio dietro lo schermo del cinema del Lido si inizia a vedere il leggero chiarore dell'alba, ancora tutto attorno è silenzio la città ancora si deve animare, solo si vedono e si sente il gracchiare dei corvi, da sopra la terrazza godo del panorama che mi circonda a 360°, da Edaga-Beherai, a Gherar, ad Abd-elCader, a Massaua, all'isola verde, al Ghedem fino alla baia di Archico è un susseguirsi di splendide immagini, non faccio che scattare, scattare...., finalmente il sole fa capolino attraverso la leggera foschia mattutina del mare, che piano piano va scomparendo perchè il dominatore assoluto di questa terra splende con i suoi raggi dal rosso, all'arancione, al giallo, al verde, sino allo splendore assoluto che ti colpisce il viso con il suo calore prepotente.
Scendo, doccia rinfrescante (ancora l'acqua è tiepida), dopo una breve colazione con cappuccino e pane tostato con marmellatine e burro; incontro con parenti di Michele che erano rimasti la sera prima in albergo, decidiamo di visitare i resti del palazzo governatoriale che è proprio difronte all'hotel Dahalak.
Una volta ai nostri tempi era circondato da fioriti giardini pubblici, adesso invece l'accesso era attraveso un grande cancello in ferro, su cui, l'Imperatore Hailé-Sellassié, volle fare mettere due bassorilievi del leone di Giuda, ci avviciniamo con la speranza che qualche autorità non ci venga a cacciare, fortunatamente nulla di tutto ciò avviene, possiamo così visitare questa antichissima costruzione risalente alla dominazione turca, costruita con le madrepore del Mar-Rosso da Muzzinger-Pascià nei primi dell'800.
Sembrava che tutte le bombe della guerra con l'Etiopia fossero cadute su questo edificio e su quello della banca d'Italia, la cupola (una volta di colore azzurro) era tutta foracchiata, le due scale di accesso al piano superiore con al centro la grande conchiglia della fontana, decorate con ceramiche blù, dimostravano la nobiltà della sua sede, salendo sopra non si può fare a meno di ammirare le sue porte in legno intagliate da maestranze indiane, entrando in alcune stanze sulle pareti vi sono ancora le mattonelle in ceramiaca azzurra stilizzate da onde del mare.
Una volta fuori sul retro verso Gherar si scopre lo scheletro di un minuscolo ascensore voluto dal Negus, guardando in alto attraverso il foro di una bomba su una parete si scorge la cupola sforacchiata mentre le pale di un vecchio agitatore girano ancora mosse dal vento.
La mia attenzione però è attratta da un residuato bellico che giace per terra di fianco al palazzo, mi avvicino, è l'affusto di un cannone e con grande mia meraviglia leggo inciso su di esso "Fonderie di Torino 1894" mentre sull'affusto vi è la targa in ottone dello stemma Sabaudio a dimostrare l'origine della nascita dell?eritrea. (continua)
Ci voleva Menghistù per cancellare quanto si era fatto.
Riprendo così il mio ritorno in Eritrea: il 30 dicembre 1994 come sempre prima che il sole sorga mi alzo al canto del Muezzin, salgo sulla terrazza del Dahalak, a oriente proprio dietro lo schermo del cinema del Lido si inizia a vedere il leggero chiarore dell'alba, ancora tutto attorno è silenzio la città ancora si deve animare, solo si vedono e si sente il gracchiare dei corvi, da sopra la terrazza godo del panorama che mi circonda a 360°, da Edaga-Beherai, a Gherar, ad Abd-elCader, a Massaua, all'isola verde, al Ghedem fino alla baia di Archico è un susseguirsi di splendide immagini, non faccio che scattare, scattare...., finalmente il sole fa capolino attraverso la leggera foschia mattutina del mare, che piano piano va scomparendo perchè il dominatore assoluto di questa terra splende con i suoi raggi dal rosso, all'arancione, al giallo, al verde, sino allo splendore assoluto che ti colpisce il viso con il suo calore prepotente.
Scendo, doccia rinfrescante (ancora l'acqua è tiepida), dopo una breve colazione con cappuccino e pane tostato con marmellatine e burro; incontro con parenti di Michele che erano rimasti la sera prima in albergo, decidiamo di visitare i resti del palazzo governatoriale che è proprio difronte all'hotel Dahalak.
Una volta ai nostri tempi era circondato da fioriti giardini pubblici, adesso invece l'accesso era attraveso un grande cancello in ferro, su cui, l'Imperatore Hailé-Sellassié, volle fare mettere due bassorilievi del leone di Giuda, ci avviciniamo con la speranza che qualche autorità non ci venga a cacciare, fortunatamente nulla di tutto ciò avviene, possiamo così visitare questa antichissima costruzione risalente alla dominazione turca, costruita con le madrepore del Mar-Rosso da Muzzinger-Pascià nei primi dell'800.
Sembrava che tutte le bombe della guerra con l'Etiopia fossero cadute su questo edificio e su quello della banca d'Italia, la cupola (una volta di colore azzurro) era tutta foracchiata, le due scale di accesso al piano superiore con al centro la grande conchiglia della fontana, decorate con ceramiche blù, dimostravano la nobiltà della sua sede, salendo sopra non si può fare a meno di ammirare le sue porte in legno intagliate da maestranze indiane, entrando in alcune stanze sulle pareti vi sono ancora le mattonelle in ceramiaca azzurra stilizzate da onde del mare.
Una volta fuori sul retro verso Gherar si scopre lo scheletro di un minuscolo ascensore voluto dal Negus, guardando in alto attraverso il foro di una bomba su una parete si scorge la cupola sforacchiata mentre le pale di un vecchio agitatore girano ancora mosse dal vento.
La mia attenzione però è attratta da un residuato bellico che giace per terra di fianco al palazzo, mi avvicino, è l'affusto di un cannone e con grande mia meraviglia leggo inciso su di esso "Fonderie di Torino 1894" mentre sull'affusto vi è la targa in ottone dello stemma Sabaudio a dimostrare l'origine della nascita dell?eritrea. (continua)
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- Carlo Di Salvo
- Autore della discussione
28/05/2012 09:36 #12831
da Carlo Di Salvo
Le due dighe di Edaga-Behrai e di Massaua sono state allargate a doppia carreggiata, tutto il lato del lungo mare dove si trovava il Lido è stato ultimamente raso al suolo, che vuoi che ti dica, i cinesi o coreani che siaano hanno costruito case con condizionatori d'aria, voglio vedere se va via la corrente come se la passano gli abitanti al clima di Massaua.
A risentirci Carlo.
A risentirci Carlo.
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Riduci
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28/05/2012 09:21 #12829
da Giacinto-Matarazzo
CARLO, che vuoi che ti dica. Vedere che ancora oggi sono in piedi ed efficienti le due dighe costruite negli anni venti, la banchina del porto, costruita ancor prima e tutto quel che ancora funziona in quella terra, vien solo da pensare alla passione,alla tenacia e ai sacrifici di coloro che ci credettero ma che in seguito, eventi e poi governi, ingiusta,sporca e ingorda politica non seppero premiare.
Cisi
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- Carlo Di Salvo
- Autore della discussione
27/05/2012 18:57 #12821
da Carlo Di Salvo
Riprendo i miei ricordi del "I° ritorno in Eritrea dopo 46 anni", chi volesse vedere le ultime foto il bravo Silvano le ha messe a pag.7.
Dopo avere visitato un breve tratto di Gherar, poichè si erano ormai fatte circa le 12,30 riprendemmo la via del ritorno, dovevamo rifare come sapete un lungo giro attraversando nuovamente parte delle saline, di Edaga-Behrai e della diga omonima, il ché non mi dispiaceva perchè potevo rivedere con più attenzione il paesaggio che ci circondava, guardai attentamente la baia di Archico chiusa dal massiccio del Ghedem, la villa Melotti all'estrema punta di Taulud, ma soprattutto volli guardare a sinistra verso le abitazioni dei ferrovieri, mi ricordai quella volta che l'aiuto delle maestranze delle ferrovie fu costruita con 6 fusti di benzina e delle tavole una bellissima zattera che fu possibile varare soltanto durante l'alta marea, venne posizionata un pò al largo ancorandola ad una grossa traversina in ferro gettata in mare, era dotata di una scaletta per fare salire il gentil sesso, mentre noi si saliva con le braccia, ci divertivamo a tuffarci tenendo sempre bene d'occhio il mare se spuntava qualche pinna a fior d'acqua.
Con questi pensieri giungemmo all'Hotel Dahlak, Michele e compagni ritornarono a Gurgusum,mentre io dopo una rinfrescante doccia, per modo di dire, dato la temperatura dell'acqua, scesi al ristorante per pranzare, il ristorante semicircolre del Dahalak per chi non lo sa ha una bella vetratata panoramica con vista su tutta Massaua, non potevo chiedere di meglio.
Dopo pranzo a Massaua si va a fare un pisolino, uscire a quell'ora si troverebbe una città quasi morta, tutti si ritirano alla fresca ombra delle muscerabie, così feci io alla frescura dell'aria condizionata della mia camera.
Al pomeriggio prima di dirigermi verso Massaua, volli fare una passeggiata a Taulud lungo il lungo mare della via Gen. Vitali dirigendomi verso quello che era il Grande Albergo CIAAO quasi alla punta estrema sud di Taulud che intravidi arrivando a Taulud dietro le sue alte palme dum.
Camminando vidi il vecchio fabbricato delle Opere Pubbliche costruito quasi sul mare e che nella sua architettura preannunciava il palazzo dell'EUR a Roma.
Ricordo che anche in quel palazzo fui ospite con papà di un geometra, responsabile dei vasti magazzini di Campo di Marte poco oltre Edaga-Behrai.
Camminando per queste strade non potete immaginare i ricordi che vi salgono in mente, giunto a quello che restava del Grande Albergo CIAAO cercai di visitare il suo interno, ancora vi erano le grandi poltrone di paglia, il banco del bar in legno in stile 900 con i suoi sedili, ma anche tanti buchi di bombe un pò dapperttutto, fuori dalla parte del mare vi era ancora il trampolino della piscina che però era vuota, quante volte con mamma e le sue amiche mogli di ferrovieri si era venuti quì a fare i bagni, da qualche parte devo avere ancora avere alcune foto scattatemi in piscina, le cercherò.
Dal CIAAO mi diressi verso il pontile della marina sulla punta sud di Taulud che dava in mare aperto sulla baia di Archico, qui il mare è alto e mi piaceva da morire fare i tuffi dalla banchina naturalmente tenendo sempre d'occhio se qualche pinna emergeva sul livello del mare, adesso il pontile non esiste più, emergono dal mare solo i pali di cemento, da quì partono i sambuchi in grado di navigare perchè il mare è alto e non c'è pericolo che si arenino come nella baia di Taulud sulla vecchia spiaggia dei ferrovieri.
Da quì il prossimo 1°Gennaio 1995 partiremo su un sambuco diretti verso le Dahalak, ma questo ve lo racconterò più avanti, per il momento ritorno indietro verso Massaua lungo il Corso del Re, rivedo il vecchio albergo Ghedem circondato dalle sue verdi muscerabie, ripasso di fronte alla stazione e mi ricordo il ristorante che Mario gestiva in stazione per i ferrovieri, da lui il mio primo giorno in Eritrea il 24 dicembre 1939, scoprii gli zaituni, le papaie, i pompelmi, gli hannoni, le banane del Bizen, i bicchieri in alluminio ed il piatto con il ghiaccio sotto gli agitatori.
Frattanto il sole cominciava a scendere all'orizzonte e in quel momento imboccai la diga di Massaua, avevo intenzione di andare a mangiare del pesce cucinato alla dancala che sapevo facevano in un locale in piazza degli incendi dalla parte opposta alla moschea.
Mi avviai così lungo la via Roma passando davanti alle belle costruzioni arabe che si incontrano e che per fortuna si sono salvate dalle bombe, con le luminarie della sera sembrano un gioco di merletti dando l'impressione di essere nei paesi delle "Mille e una Notte".
Giunto in piazza degli incendi il locale dove si mangiava il pesce alla dancala mi apparve abbastanza accogliente con i suoi tavolini sulla piazza illuminati da lampioni, naturalmente i gestori sono arabi, ma posso dire che saputo che ero un vecchio italiano vissuto in Eritrea mi accolsero con molto calore, quando poi domandai se qualcuno degli avventori aveva lavorato in ferrovia al sentire il nome Di Salvo il calore si tramutò in entusiasmo, alcuni erano vecchi ferrovieri in pensione e che il governo li stava per richiamare in servizio e si vennero a sedere accanto al mio tavolo in attesa che il pesce si cuocesse, naturalmente fu un susseguirsi di domande e sentivo dalla loro voce il rimpianto del tempo sotto gl'italiani.
Quella sera mangiai un "palamite" cotto alla dancala a base di berberé con contorno di scirò e burgutta, il tutto bagnato con birra "Melotti" che ad Asmara ancora si produceva.
Naturalmente il 29 dicembre 1994 tornavo in albergo stanco, ma felice e con tanti ricordi che si affollavano nella mia mente. (continua).
Dopo avere visitato un breve tratto di Gherar, poichè si erano ormai fatte circa le 12,30 riprendemmo la via del ritorno, dovevamo rifare come sapete un lungo giro attraversando nuovamente parte delle saline, di Edaga-Behrai e della diga omonima, il ché non mi dispiaceva perchè potevo rivedere con più attenzione il paesaggio che ci circondava, guardai attentamente la baia di Archico chiusa dal massiccio del Ghedem, la villa Melotti all'estrema punta di Taulud, ma soprattutto volli guardare a sinistra verso le abitazioni dei ferrovieri, mi ricordai quella volta che l'aiuto delle maestranze delle ferrovie fu costruita con 6 fusti di benzina e delle tavole una bellissima zattera che fu possibile varare soltanto durante l'alta marea, venne posizionata un pò al largo ancorandola ad una grossa traversina in ferro gettata in mare, era dotata di una scaletta per fare salire il gentil sesso, mentre noi si saliva con le braccia, ci divertivamo a tuffarci tenendo sempre bene d'occhio il mare se spuntava qualche pinna a fior d'acqua.
Con questi pensieri giungemmo all'Hotel Dahlak, Michele e compagni ritornarono a Gurgusum,mentre io dopo una rinfrescante doccia, per modo di dire, dato la temperatura dell'acqua, scesi al ristorante per pranzare, il ristorante semicircolre del Dahalak per chi non lo sa ha una bella vetratata panoramica con vista su tutta Massaua, non potevo chiedere di meglio.
Dopo pranzo a Massaua si va a fare un pisolino, uscire a quell'ora si troverebbe una città quasi morta, tutti si ritirano alla fresca ombra delle muscerabie, così feci io alla frescura dell'aria condizionata della mia camera.
Al pomeriggio prima di dirigermi verso Massaua, volli fare una passeggiata a Taulud lungo il lungo mare della via Gen. Vitali dirigendomi verso quello che era il Grande Albergo CIAAO quasi alla punta estrema sud di Taulud che intravidi arrivando a Taulud dietro le sue alte palme dum.
Camminando vidi il vecchio fabbricato delle Opere Pubbliche costruito quasi sul mare e che nella sua architettura preannunciava il palazzo dell'EUR a Roma.
Ricordo che anche in quel palazzo fui ospite con papà di un geometra, responsabile dei vasti magazzini di Campo di Marte poco oltre Edaga-Behrai.
Camminando per queste strade non potete immaginare i ricordi che vi salgono in mente, giunto a quello che restava del Grande Albergo CIAAO cercai di visitare il suo interno, ancora vi erano le grandi poltrone di paglia, il banco del bar in legno in stile 900 con i suoi sedili, ma anche tanti buchi di bombe un pò dapperttutto, fuori dalla parte del mare vi era ancora il trampolino della piscina che però era vuota, quante volte con mamma e le sue amiche mogli di ferrovieri si era venuti quì a fare i bagni, da qualche parte devo avere ancora avere alcune foto scattatemi in piscina, le cercherò.
Dal CIAAO mi diressi verso il pontile della marina sulla punta sud di Taulud che dava in mare aperto sulla baia di Archico, qui il mare è alto e mi piaceva da morire fare i tuffi dalla banchina naturalmente tenendo sempre d'occhio se qualche pinna emergeva sul livello del mare, adesso il pontile non esiste più, emergono dal mare solo i pali di cemento, da quì partono i sambuchi in grado di navigare perchè il mare è alto e non c'è pericolo che si arenino come nella baia di Taulud sulla vecchia spiaggia dei ferrovieri.
Da quì il prossimo 1°Gennaio 1995 partiremo su un sambuco diretti verso le Dahalak, ma questo ve lo racconterò più avanti, per il momento ritorno indietro verso Massaua lungo il Corso del Re, rivedo il vecchio albergo Ghedem circondato dalle sue verdi muscerabie, ripasso di fronte alla stazione e mi ricordo il ristorante che Mario gestiva in stazione per i ferrovieri, da lui il mio primo giorno in Eritrea il 24 dicembre 1939, scoprii gli zaituni, le papaie, i pompelmi, gli hannoni, le banane del Bizen, i bicchieri in alluminio ed il piatto con il ghiaccio sotto gli agitatori.
Frattanto il sole cominciava a scendere all'orizzonte e in quel momento imboccai la diga di Massaua, avevo intenzione di andare a mangiare del pesce cucinato alla dancala che sapevo facevano in un locale in piazza degli incendi dalla parte opposta alla moschea.
Mi avviai così lungo la via Roma passando davanti alle belle costruzioni arabe che si incontrano e che per fortuna si sono salvate dalle bombe, con le luminarie della sera sembrano un gioco di merletti dando l'impressione di essere nei paesi delle "Mille e una Notte".
Giunto in piazza degli incendi il locale dove si mangiava il pesce alla dancala mi apparve abbastanza accogliente con i suoi tavolini sulla piazza illuminati da lampioni, naturalmente i gestori sono arabi, ma posso dire che saputo che ero un vecchio italiano vissuto in Eritrea mi accolsero con molto calore, quando poi domandai se qualcuno degli avventori aveva lavorato in ferrovia al sentire il nome Di Salvo il calore si tramutò in entusiasmo, alcuni erano vecchi ferrovieri in pensione e che il governo li stava per richiamare in servizio e si vennero a sedere accanto al mio tavolo in attesa che il pesce si cuocesse, naturalmente fu un susseguirsi di domande e sentivo dalla loro voce il rimpianto del tempo sotto gl'italiani.
Quella sera mangiai un "palamite" cotto alla dancala a base di berberé con contorno di scirò e burgutta, il tutto bagnato con birra "Melotti" che ad Asmara ancora si produceva.
Naturalmente il 29 dicembre 1994 tornavo in albergo stanco, ma felice e con tanti ricordi che si affollavano nella mia mente. (continua).
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- Carlo Di Salvo
- Autore della discussione
27/05/2012 12:37 #12819
da Carlo Di Salvo
Dimenticavo: Vedi Pag.7.
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- Carlo Di Salvo
- Autore della discussione
27/05/2012 12:36 #12818
da Carlo Di Salvo
N.B. La foto dei sambuchi non è a Gherar ma sulla spiaggia dei ferrovieri a Taulud. Carlo
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