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I° ritorno in Eritrea dopo 46 anni. |
22/11/2012 21:02 #14828
da wania
[justify]Sempre affascinanti i tuoi racconti; auguri per l'interventino di domani, ne ho subito anch'io uno tale e quale tre anni fa: roba da niente, io lo chiamavo il mio "orecchino" ...era un epitelioma, come il tuo. In bocca al lupo! [/justify]
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- Carlo Di Salvo
- Autore della discussione
22/11/2012 20:50 #14827
da Carlo Di Salvo
Ritornammo al Nobile che già il sole era tramontato dietro le basse montagnole dell'isola di Dissei, il Nobile aveva già acceso le luci di posizione, saliti a bordo scesi immediatamente in cabina per una doccia rinfrescante, misi in ordine le raccolte di conchiglie varie, del corallo rosso e dell'uovo di struzzo che avvolto nella roba usata infilai nel sacco tubolare in modo di proteggerlo da eventuali urti, indi salii in coperta dove la tavola era già apparecchiata per la cena, sopra di noi miliardi di stelle illuminavano la volta celeste attraversata da un punto all'altro dell'orizzonte dalla luminosità della via Lattea, a sud bassa sull'orizzonte nella costellazione del Capricorno splendono le stelle della Croce del Sud.
Dopo i vari chiacchiericci a tavola su quanto avevamo visto, Maurizio ci annunciò che all'indomani saremmo andati a Dahlah-Kebir, io da parte mia abbastanza stanco scesi in cabina salii sulla cuccetta in alto e mi addormentai subito.
La mattina dopo 14 novembre 1996, quando ancora il sole doveva sorgere, fui svegliato dal beccheggio del Nobile il quale era già in navigazione verso l'isola da cui appunto prende nome tutto l'arcipelago, l'isola di Dahlak-Kebir è la più grande isola del Mar Rosso, sede in passato di un fiorente sultanato che si fa risalire al IV° sec. dell'Egira cioè all'XI° sec. d.C., era l'unica isola del Mar Rosso dove i naviganti trovavano l'acqua dolce, il sultanato aveva fatto costruire, sotto terra, ben 354 grandi cisterne, tante quanti sono i giorni dell'anno musulmano per raccogliere l'acqua delle brevi piogge invernali, inoltre nell'isola si trova un mausoleo, al sole, di pietre tombali con straordinarie scritte in arabo, alcune di queste si trovano nel museo di Modena.
Inoltre Dahlak-Kebir è stata la principale sede del commercio di schiavi tra l'africa e la penisola araba, prima della conquista italiana, nonchè ponte dei pellegrini che dall'africa andavano alla Mecca.
Già verso le 10 il Nobile imbocca il canale che ci porterà al "Gubbet Mus Nefit", il mare interno di questa grande isola, mi aspettavo un mare calmo e invece si era alzato un vento proveniente da est che aveva increspato di bianche onde questo piccolo mare interno, esso è la tomba di molte navi italiane quì autoaffondatesi per non essere catturate dagli inglesi, pare che vi sia anche un sommergibile e molte navi, una di esse l'Urania emerge ancora semisommersa su un fianco e sforacchiata dai colpi con cui truppe sovietiche del periodo di Menghistù si divertivano a sforacchiarla.
Maurizio portò il Nobile in una profonda insenatura protetta dai venti e senza gettare l'ancora gettò due cime che con il gommone furono fissate a due scogli contrapposti in modo da tenere l'imbarcazione imbracata al centro dell'insenatura, alcuni scesero a terra per andare a visitare il villaggio posto sulla costa verso il mare aperto opposta al canale dove era il Nobile, io invece non mela sentii di arrampicarmi sugli scogli madreporici, avendo dei sandali non adatti all'uopo.
Trascorsi così sul Nobile il tempo che la comitiva doveva impiegare per andare e tornare dal villaggio, d'altronde avevo bisogno di un pò di riposo, non me la sentivo di fare una lunga camminata.
Restammo così una notte intera in quella insenatura, all'idomani il Nobile riprese la via verso il canale che ci aveva permesso di entrare nel Gubbet Mus Nefit, il vento ancora increspava le onde di quel mare interno, una volta fuori ci dirigemmo a nord verso l'isola di Andebar Desset, finalmente dopo qualche miglio il vento si calmò e con tranquillità il Nobile si accostò in una piccola insenatura dove una bellissima spiagetta era racchiusa tra due promontori di rocce madreporiche, come sempre a nuoto raggiunsi la spiagetta dove con il gommone avevano portato anche gli altri componenti di gitanti, il mare in quel punto scendeva rapidamente in fondali rocciosi dove le madrepore ed i coralli creavano il trionfo della vita sottomarina di una indescrivibile fantasmagoria di colori che è difficile descrivere a parole.
Alcune foto possono chiarirvi le mie impressioni, una volta ultimata la mia passegiata subacquea, andai alla scoperta dell'isola, salendo e scendendo promontori madreporici costellati di cactus candelabro nani scoprii una immensa spiaggia dove per un lungo tratto il mare si manteneva all'altezza del ginocchio, era il mondo delle razze e delle tartarughe marine, ovunque ad ogni passo ne saltava fuori una da sotto la sabbia, dovevo stare molto attento a dove mettevo i piedi il pungiglione posto nella coda delle razze è pericoloso e può dare ferite che si trasformano in piaghe e possono trasmettere anche il tetano.- (Scusatemi se interrompo quì il mio racconto, ma domani devo subire un piccolo intervento, e voglio spedire a Silvano qualche foto). ( Continua ) (Foto u forum: Sognando le Dahlak).-
Dopo i vari chiacchiericci a tavola su quanto avevamo visto, Maurizio ci annunciò che all'indomani saremmo andati a Dahlah-Kebir, io da parte mia abbastanza stanco scesi in cabina salii sulla cuccetta in alto e mi addormentai subito.
La mattina dopo 14 novembre 1996, quando ancora il sole doveva sorgere, fui svegliato dal beccheggio del Nobile il quale era già in navigazione verso l'isola da cui appunto prende nome tutto l'arcipelago, l'isola di Dahlak-Kebir è la più grande isola del Mar Rosso, sede in passato di un fiorente sultanato che si fa risalire al IV° sec. dell'Egira cioè all'XI° sec. d.C., era l'unica isola del Mar Rosso dove i naviganti trovavano l'acqua dolce, il sultanato aveva fatto costruire, sotto terra, ben 354 grandi cisterne, tante quanti sono i giorni dell'anno musulmano per raccogliere l'acqua delle brevi piogge invernali, inoltre nell'isola si trova un mausoleo, al sole, di pietre tombali con straordinarie scritte in arabo, alcune di queste si trovano nel museo di Modena.
Inoltre Dahlak-Kebir è stata la principale sede del commercio di schiavi tra l'africa e la penisola araba, prima della conquista italiana, nonchè ponte dei pellegrini che dall'africa andavano alla Mecca.
Già verso le 10 il Nobile imbocca il canale che ci porterà al "Gubbet Mus Nefit", il mare interno di questa grande isola, mi aspettavo un mare calmo e invece si era alzato un vento proveniente da est che aveva increspato di bianche onde questo piccolo mare interno, esso è la tomba di molte navi italiane quì autoaffondatesi per non essere catturate dagli inglesi, pare che vi sia anche un sommergibile e molte navi, una di esse l'Urania emerge ancora semisommersa su un fianco e sforacchiata dai colpi con cui truppe sovietiche del periodo di Menghistù si divertivano a sforacchiarla.
Maurizio portò il Nobile in una profonda insenatura protetta dai venti e senza gettare l'ancora gettò due cime che con il gommone furono fissate a due scogli contrapposti in modo da tenere l'imbarcazione imbracata al centro dell'insenatura, alcuni scesero a terra per andare a visitare il villaggio posto sulla costa verso il mare aperto opposta al canale dove era il Nobile, io invece non mela sentii di arrampicarmi sugli scogli madreporici, avendo dei sandali non adatti all'uopo.
Trascorsi così sul Nobile il tempo che la comitiva doveva impiegare per andare e tornare dal villaggio, d'altronde avevo bisogno di un pò di riposo, non me la sentivo di fare una lunga camminata.
Restammo così una notte intera in quella insenatura, all'idomani il Nobile riprese la via verso il canale che ci aveva permesso di entrare nel Gubbet Mus Nefit, il vento ancora increspava le onde di quel mare interno, una volta fuori ci dirigemmo a nord verso l'isola di Andebar Desset, finalmente dopo qualche miglio il vento si calmò e con tranquillità il Nobile si accostò in una piccola insenatura dove una bellissima spiagetta era racchiusa tra due promontori di rocce madreporiche, come sempre a nuoto raggiunsi la spiagetta dove con il gommone avevano portato anche gli altri componenti di gitanti, il mare in quel punto scendeva rapidamente in fondali rocciosi dove le madrepore ed i coralli creavano il trionfo della vita sottomarina di una indescrivibile fantasmagoria di colori che è difficile descrivere a parole.
Alcune foto possono chiarirvi le mie impressioni, una volta ultimata la mia passegiata subacquea, andai alla scoperta dell'isola, salendo e scendendo promontori madreporici costellati di cactus candelabro nani scoprii una immensa spiaggia dove per un lungo tratto il mare si manteneva all'altezza del ginocchio, era il mondo delle razze e delle tartarughe marine, ovunque ad ogni passo ne saltava fuori una da sotto la sabbia, dovevo stare molto attento a dove mettevo i piedi il pungiglione posto nella coda delle razze è pericoloso e può dare ferite che si trasformano in piaghe e possono trasmettere anche il tetano.- (Scusatemi se interrompo quì il mio racconto, ma domani devo subire un piccolo intervento, e voglio spedire a Silvano qualche foto). ( Continua ) (Foto u forum: Sognando le Dahlak).-
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- Carlo Di Salvo
- Autore della discussione
20/11/2012 19:52 #14793
da Carlo Di Salvo
Tornato a bordo del Nobile dopo una bella nuotata, non vidi l'ora di una doccia rinfrescante, avevo la pelle che quasi mi friggeva per le lunghe passeggiate sulle sabbie di Madote, risalito in coperta trovai la tavola apparecchiata sotto un ampio tendone, naturalmente le conversazioni erano tutte inerenti a ciò che ognuno era riuscito a vedere soprattutto nei fondali ed a ciò che era riuscito a raccogliere tra le sabbie, nel mentre Maurizio aveva levato l'ancora dirigendo la prua in direzione verso la penisola di Buri, a tavola Maurizio mi disse: "ti porterò nel canale della penisola di Buri a fotografare "l'Airone Golia", il più grande airone esistente in natura, con un'apertura alare di più di 2 metri e mezzo.
Il Nobile spinto da una leggera brezza aveva infatti preso decisamente la direzione Sud verso la punta estrema nord della penisola di Buri, che ricordo di avere visto sempre bassa all'orizzonte dall'isola di Dissei, proprio sulla punta estrema un canale di mangrovie penetra nella penisola creando l'habitat di molte specie di uccelli acquatici e non, che a causa dei flussi e riflussi delle maree danno nutrimenti a tanti uccelli.
Giunto ad un centinaio di metri dalla punta nord Maurizio fece gettare l'ancora, non potevamo accostare di più per timore di rimanere insabbiati a causa della bassa marea, per il momento si sarebbe approfittato appunto dell'alta marea a causa della quale il canale era navigabile per un lungo tratto.
Con il gommone guidato personalmente da Maurizio entriamo nel lungo canale della penisola di Buri, le sponde non sono altro che fittissime foreste di mangrovie, in alcuni tratti si restringe in altri si allarga a formare ampie lagune, in una di esse notiamo il cadavere di un dromedario galleggiare perchè sorpreso dall'alta marea non è riuscito a trovare la via del ritorno, il motore del gommone è messo al minimo ad un certo punto troviamo un basso fondale ed il gommone si arena su un banco di sabbia, siamo costretti, quei pochi che hanno accettato di partecipare a questa escursione, a scendere dal gommone per allegerirlo e disincagliarlo dal fondo melmoso, ci riusciamo e risaliamo con tutte le estremità infangate, riprendiamo a penetrare nel canale, uccelli acquatici stanziali un pò dovunque che non ho mai visti.
Finalmente Maurizio spegne il motore lasciando che il gommone avanzi silenziosamente per inerzia, sulla sommità delle mangrovie appare il lungo collo di un airone Golia, ci avviciniamo in silenzio lentamente affinchè possa fotografarlo, inizio a scattare alcune foto, ma improvvisamente l'airone distende le ali e vola via, avevo molte immagini del volo dell'airone purtroppo dovete accontentarvi di quelle due che sono riuscito a trovare.-
Ormai è giunto il momento di ritornare in dietro verso il mare aperto prima che la marea torni a scendere, adesso maurizio accende il motore al massimo e ci dirigiamo verso l'uscita del canale, una volta ritornate in mare aperto ci dirigiamo verso un piccolo villaggio di pescatori dancali, sulla spiaggia troviamo alcune donne con le loro mercanzie messe in mostra sulla sabbia: conchiglie, madrepore e persino uova di struzzo, di cui uno lo porterò con me a Padova.- (continua).- ( le foto nel sito: "Sognando ...le Dahlak).-
Il Nobile spinto da una leggera brezza aveva infatti preso decisamente la direzione Sud verso la punta estrema nord della penisola di Buri, che ricordo di avere visto sempre bassa all'orizzonte dall'isola di Dissei, proprio sulla punta estrema un canale di mangrovie penetra nella penisola creando l'habitat di molte specie di uccelli acquatici e non, che a causa dei flussi e riflussi delle maree danno nutrimenti a tanti uccelli.
Giunto ad un centinaio di metri dalla punta nord Maurizio fece gettare l'ancora, non potevamo accostare di più per timore di rimanere insabbiati a causa della bassa marea, per il momento si sarebbe approfittato appunto dell'alta marea a causa della quale il canale era navigabile per un lungo tratto.
Con il gommone guidato personalmente da Maurizio entriamo nel lungo canale della penisola di Buri, le sponde non sono altro che fittissime foreste di mangrovie, in alcuni tratti si restringe in altri si allarga a formare ampie lagune, in una di esse notiamo il cadavere di un dromedario galleggiare perchè sorpreso dall'alta marea non è riuscito a trovare la via del ritorno, il motore del gommone è messo al minimo ad un certo punto troviamo un basso fondale ed il gommone si arena su un banco di sabbia, siamo costretti, quei pochi che hanno accettato di partecipare a questa escursione, a scendere dal gommone per allegerirlo e disincagliarlo dal fondo melmoso, ci riusciamo e risaliamo con tutte le estremità infangate, riprendiamo a penetrare nel canale, uccelli acquatici stanziali un pò dovunque che non ho mai visti.
Finalmente Maurizio spegne il motore lasciando che il gommone avanzi silenziosamente per inerzia, sulla sommità delle mangrovie appare il lungo collo di un airone Golia, ci avviciniamo in silenzio lentamente affinchè possa fotografarlo, inizio a scattare alcune foto, ma improvvisamente l'airone distende le ali e vola via, avevo molte immagini del volo dell'airone purtroppo dovete accontentarvi di quelle due che sono riuscito a trovare.-
Ormai è giunto il momento di ritornare in dietro verso il mare aperto prima che la marea torni a scendere, adesso maurizio accende il motore al massimo e ci dirigiamo verso l'uscita del canale, una volta ritornate in mare aperto ci dirigiamo verso un piccolo villaggio di pescatori dancali, sulla spiaggia troviamo alcune donne con le loro mercanzie messe in mostra sulla sabbia: conchiglie, madrepore e persino uova di struzzo, di cui uno lo porterò con me a Padova.- (continua).- ( le foto nel sito: "Sognando ...le Dahlak).-
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- Carlo Di Salvo
- Autore della discussione
20/11/2012 12:03 - 20/11/2012 12:07 #14785
da Carlo Di Salvo
All'indomani quando ancora le ultime stelle del firmamento iniziavano a sparire al chiarore dell'alba, mi alzai dalla cuccetta e dato un breve sguardo attraverso l'oblò aperto decisi che non era più il caso di stare in cabina, in costume da bagno salii in coperta mentre il mozzo e Maurizio stavano apparecchiando la tavola per la colazione.
Il meraviglioso silenzio che mi circondava, rotto di tanto in tanto dal canto striduo di qualche gabbiano mi fece buttare gli occhi verso la macchia bianca di Madote la cui bassa vegetazione lasciava trasparire le prime luci del sole che ancora sotto l'orizzonte iniziava a colorare il cielo di fantastici colori.
Il mare sotto il Nobile sembrava la gemma immensa di uno smeraldo dalle varie tonalità di verde, macchiato da colonne di madrepore che dal fondo sabbioso si elevano come grattacieli abitati da miriadi pesciolini colorati, ancora tutta la ciurma dei gitanti dorme, ne approfitto per fare colazione subito visto che tutto è già pronto, dopo di chè scendo immediatamente in cabina per prendere occhiali sub e macchina fotografica subacquea, l'altra la lascio nella borsa, incaricando il mozzo di portarmela poi con il gommone.-
Salito nuovamente in coperta Maurizio immagina subito quali sono le mie intenzioni e si offre di accompagnarmi con il gommone, "vuoi scherzare! gli dico, credi che non sia capace con quattro bracciate di raggiungere l'isola?" Così ho appena il tempo di scattare qualche foto al sole nascente dietro la vegetazione con la macchina fotografica e subito dopo getto in mare lentamene la macchina subacquea gialla che, per le sue caratteristiche galleggia, mentre io, malgrado 63enne, mi sento dentro la gioia di quando dalla banchina della marina di Taulud mi tuffavo in mare, con un tuffo raggiungo la macchina fotografica che si stava allontanando dal Nobile.
Che tempi ragazzi, che tempi, la sensazione meravigliosa di entrare in un mare tiepido che avvolge tutto il tuo corpo non si può descrivere con due parole, quando poi guardi sotto ti ubriachi delle meraviglie che ti circondano, stupidamente per la prima volta che uso la macchina fotografica subacquea inserisco il flash, mi renderò più tardi dell'errore commesso, il plancton mi ha annebiato le immagini, ma di questo me ne accorgerò al mio rientro in Italia.
Intanto nuoto lentamente per godere lo spettacolo di vita che sotto di me si dipana, pesci di ogni genere: pesci angelo, pesci luna, pesci chirurgo, pesci palla, pesci farfalla, i simpaticissimi pesci pagliaccio che giocherellano tra gli anemoni, così nuotando giungo a poggiare i piedi sul banco di sabbia facendo attenzione però a dove mettevo i piedi per non incappare in qualche razza o peggio qualche torpedine le cui scariche sono poco gradite, inoltre dovevo stare anche molto attento ai ricci diadema le cui spine sono dolorosissime ricordando le mie esperienze nella baia di Taulud, rara qualche medusa che si lascia trasportare dalla corrente e poi non finire stelle marine, oloturie e conchiglie, cipree, bocconi di mare, trocas a non finire, pettini di venere ed un grande varietà di madrepore dalle forme più strane, a ventaglio, a cervello, a fungo, insomma proprio il "giardino di Allah".
Mentre il sole è già alto finalmente metto piede sulla sabbia di Madote che inizia ad infuocarsi, sono a piedi nudi e devo stare molto attento a non allontanarmi dal bagnasciuga, tutta la spiaggia è costellata di pezzi di corallo ad organo rosso morto,portato li dalle maree, ne raccolgo alcuni pezzi che depongo all'interno del gommone che nel frattempo ha portato sull'isola i gitanti e la borsa della mia macchina fotografica, posso così fotografare l'aquila pescatrice che osserva dall'alto del faro spento gli intrusi dell'isola, fotografo uno stormo di urie sulla sabbia, dei gabbiani sui rari scogli emergenti dal mare.
Sfidando il calore della sabbia mi allontano dal bagnasciuga per dirigermi verso la bassa vegetazione che vi è nella parte più elevata e centrale della lunga isola di sabbia, nei bassi sterpi si vedono spesso nidi di gabbiani o urie, ancora con le uova da schiudere ed altre con piccoli pulcini, mi accorgo che sopra di me volteggiano gabbiani ed urie e capisco che non sono ben accetto, prima che iniziasse la pioggia profumata posso dire di essere fuggito verso il bagnasciuga anche per rinfrescarmi la pianta dei piedi che cominciavano a cuocersi.
Faccio un ulteriore giro dell'isola questa volta passando sul lato ad est opposto di dove è alla fonda il Nobile, con mio sommo stupore scopro carcasse di pescicane lasciate marcire al sole, purtroppo anche quì è giunto il commercio delle code e pinne di squalo che i signori cinesi e giapponesi pagano ai poveri pescatori per rivenderli a peso d'oro nei loro ristoranti in Cina e Giappone.-
Un pò deluso ritorno sui miei passi verso il gommone dove rimetto nella borsa questa volta entrambe le macchine fotografiche incaricando il mozzo di portarmele a bordo, io preferisco tornare a nuoto anche perchè ho preso molto sole e non vedo l'ora di immergermi in quel mare di smeraldo.- (continua).- (le foto nel sito:"Sognando...le Dahlak).-
Il meraviglioso silenzio che mi circondava, rotto di tanto in tanto dal canto striduo di qualche gabbiano mi fece buttare gli occhi verso la macchia bianca di Madote la cui bassa vegetazione lasciava trasparire le prime luci del sole che ancora sotto l'orizzonte iniziava a colorare il cielo di fantastici colori.
Il mare sotto il Nobile sembrava la gemma immensa di uno smeraldo dalle varie tonalità di verde, macchiato da colonne di madrepore che dal fondo sabbioso si elevano come grattacieli abitati da miriadi pesciolini colorati, ancora tutta la ciurma dei gitanti dorme, ne approfitto per fare colazione subito visto che tutto è già pronto, dopo di chè scendo immediatamente in cabina per prendere occhiali sub e macchina fotografica subacquea, l'altra la lascio nella borsa, incaricando il mozzo di portarmela poi con il gommone.-
Salito nuovamente in coperta Maurizio immagina subito quali sono le mie intenzioni e si offre di accompagnarmi con il gommone, "vuoi scherzare! gli dico, credi che non sia capace con quattro bracciate di raggiungere l'isola?" Così ho appena il tempo di scattare qualche foto al sole nascente dietro la vegetazione con la macchina fotografica e subito dopo getto in mare lentamene la macchina subacquea gialla che, per le sue caratteristiche galleggia, mentre io, malgrado 63enne, mi sento dentro la gioia di quando dalla banchina della marina di Taulud mi tuffavo in mare, con un tuffo raggiungo la macchina fotografica che si stava allontanando dal Nobile.
Che tempi ragazzi, che tempi, la sensazione meravigliosa di entrare in un mare tiepido che avvolge tutto il tuo corpo non si può descrivere con due parole, quando poi guardi sotto ti ubriachi delle meraviglie che ti circondano, stupidamente per la prima volta che uso la macchina fotografica subacquea inserisco il flash, mi renderò più tardi dell'errore commesso, il plancton mi ha annebiato le immagini, ma di questo me ne accorgerò al mio rientro in Italia.
Intanto nuoto lentamente per godere lo spettacolo di vita che sotto di me si dipana, pesci di ogni genere: pesci angelo, pesci luna, pesci chirurgo, pesci palla, pesci farfalla, i simpaticissimi pesci pagliaccio che giocherellano tra gli anemoni, così nuotando giungo a poggiare i piedi sul banco di sabbia facendo attenzione però a dove mettevo i piedi per non incappare in qualche razza o peggio qualche torpedine le cui scariche sono poco gradite, inoltre dovevo stare anche molto attento ai ricci diadema le cui spine sono dolorosissime ricordando le mie esperienze nella baia di Taulud, rara qualche medusa che si lascia trasportare dalla corrente e poi non finire stelle marine, oloturie e conchiglie, cipree, bocconi di mare, trocas a non finire, pettini di venere ed un grande varietà di madrepore dalle forme più strane, a ventaglio, a cervello, a fungo, insomma proprio il "giardino di Allah".
Mentre il sole è già alto finalmente metto piede sulla sabbia di Madote che inizia ad infuocarsi, sono a piedi nudi e devo stare molto attento a non allontanarmi dal bagnasciuga, tutta la spiaggia è costellata di pezzi di corallo ad organo rosso morto,portato li dalle maree, ne raccolgo alcuni pezzi che depongo all'interno del gommone che nel frattempo ha portato sull'isola i gitanti e la borsa della mia macchina fotografica, posso così fotografare l'aquila pescatrice che osserva dall'alto del faro spento gli intrusi dell'isola, fotografo uno stormo di urie sulla sabbia, dei gabbiani sui rari scogli emergenti dal mare.
Sfidando il calore della sabbia mi allontano dal bagnasciuga per dirigermi verso la bassa vegetazione che vi è nella parte più elevata e centrale della lunga isola di sabbia, nei bassi sterpi si vedono spesso nidi di gabbiani o urie, ancora con le uova da schiudere ed altre con piccoli pulcini, mi accorgo che sopra di me volteggiano gabbiani ed urie e capisco che non sono ben accetto, prima che iniziasse la pioggia profumata posso dire di essere fuggito verso il bagnasciuga anche per rinfrescarmi la pianta dei piedi che cominciavano a cuocersi.
Faccio un ulteriore giro dell'isola questa volta passando sul lato ad est opposto di dove è alla fonda il Nobile, con mio sommo stupore scopro carcasse di pescicane lasciate marcire al sole, purtroppo anche quì è giunto il commercio delle code e pinne di squalo che i signori cinesi e giapponesi pagano ai poveri pescatori per rivenderli a peso d'oro nei loro ristoranti in Cina e Giappone.-
Un pò deluso ritorno sui miei passi verso il gommone dove rimetto nella borsa questa volta entrambe le macchine fotografiche incaricando il mozzo di portarmele a bordo, io preferisco tornare a nuoto anche perchè ho preso molto sole e non vedo l'ora di immergermi in quel mare di smeraldo.- (continua).- (le foto nel sito:"Sognando...le Dahlak).-
Ultima Modifica: 20/11/2012 12:07 da Carlo Di Salvo.
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- Carlo Di Salvo
- Autore della discussione
18/11/2012 19:34 #14772
da Carlo Di Salvo
Verso le l0,30 circa giunge da Asmara il gruppo di turisti italiani, provenienti quasi tutti o dalla Lombardia o dal Veneto, sono persone che vengono in Eritrea per la prima volta solo per andare a scoprire le selvagge isole dell'arcipelago delle Dahlak, viaggi che Maurizio organizza per la sua grande passione di questo mare dove è cresciuto.-
Finalmente si parte, si alzano le vele ed il Nobile inizia lentamente la sua crociera, passiamo di fianco all'Isola Verde d Sceic-Said e puntiamo decisamente a Est, l'isola sabbiosa di Madote infatti è sullo stesso parallelo di Massaua, appena fuori dalla baia di Archico abbiamo subito la compagnia di un gruppo di delfini che ci accompagna per lungo tratto, a poppa lentamente le bianche costruzioni di Massaua diventano sempre più piccole ed evanescenti nella foschia del vapore che sale dalla superficie del Mar Rosso.
Ogni tanto davanti alla prua del Nobile si vede saltare fuori dal mare alcuni pesci volanti, è incredibile vedere queste rondini del mare, come io li chiamo, volare per centinaia di metri sfiorando la superficie del mare per poi rituffarsi in esso, pesci pelagici si vedono ovunque, barracuda e palamite, immediatamente sotto la superficie del mare spesso si notano gruppi di aguglie che al giungere del Nobile scappano via con serie di salti fuori dall'acqua.
Io mi godo la calda brezza del mar-rosso mentre il mozzo ed il cuoco di bordo iniziano adapparecchiare la tavola per il pranzo, siamo in mezzo al mar rosso ed io mi meraviglio vedere la tavola apparecchiata come in un ristorante a 5 stelle, posate, piatti, bicchieri e brocche di acqua ghiacciata o spremute d'arancio e di pompelmo ci fanno dimenticare per un momento che stiamo navigando in mar rosso.
Il cuoco eritreo conosce molto bene la cucina italiana e ci fa gustare un ottimo piatto di maccheroni al ragù, per secondo naturalmente pesce freschissimo condito con olio e limone di Ghinda, dopo pranzo invece di scendere nelle nostre cuccette chi a poppa chi a prua si prende il sole dopo essersi abbondantemente spalmato di olio le parti scoperte.
Io da parte mia me ne stò accanto al timoniere, ogni tanto controllato da Maurizio, cercando di scorgere l'isola di Dissei che dovremmo superare sulla nostra destra per giungere all'isola di Madote, il sole intanto lentamente inizia a scendere dietro la poppa del Nobile che lentamente spinto da una leggera brezza si stà avvicinando alla punta nord dell'isola di Dissei, già si vedono all'orizzonte le sue basse montagnole vulcaniche che la costellano per quasi tutta la sua lunghezza, ogni tanto incrociamo qualche barca di pescatori di Dissei sulla sua minuscola Huri, quanti ricordi mi salgono in mente con Ibrahim lungo la sua costa orientale con due Huri nel '46, qualche lacrimuccia è subito asciugata però dalla calda brezza del mare.-
Superata la punta nord di Dissei, che si protende a nord con un lungo banco di sabbia, iniziamo ad
avvicinarci a Madote, ma ormai il sole è tramontato e a mala pena riusciamo a distinguere la bassa vegetazione dell'isola, solo si nota il traliccio del faro però inattivo, il Nobile accosta alla punta sud dell'isola e getta l'ancora tenendosi al largo di circa 50 metri dall'isola per non arenarsi al basso fondale.-
Il chiacchericcio tra i turisti seduti a tavola per la cena è l'unico rumore che mi circonda, dico a Maurizio: "Quasi quasi mi tuffo e vado a dormire sulla sabbia di Madote,sotto un cielo pieno di stelle, ma poi penso non ho più l'età dei miei 13 anni di allora", non mi rimane che rifugiarmi a prua nella più completa oscurità ad ammirare il più grande spettacolo della natura, la volta celeste con miliardi di stelle attraversata dalla luminosa via Lattea di miliardi e miliardi di stelle, poi mi ritiro nella mia cabina dove sdraiato nella mia cuccetta sento lo sciabordio del mare sul fianco del caicco che penetra dall'oblò aperto, domani non vedrò l'ora di mettere piede sulle sabbie di Madote.- Buona notte a tutti,a domani. (continua) - Le foto nel sito:"Sognando le Dahlak".-
Finalmente si parte, si alzano le vele ed il Nobile inizia lentamente la sua crociera, passiamo di fianco all'Isola Verde d Sceic-Said e puntiamo decisamente a Est, l'isola sabbiosa di Madote infatti è sullo stesso parallelo di Massaua, appena fuori dalla baia di Archico abbiamo subito la compagnia di un gruppo di delfini che ci accompagna per lungo tratto, a poppa lentamente le bianche costruzioni di Massaua diventano sempre più piccole ed evanescenti nella foschia del vapore che sale dalla superficie del Mar Rosso.
Ogni tanto davanti alla prua del Nobile si vede saltare fuori dal mare alcuni pesci volanti, è incredibile vedere queste rondini del mare, come io li chiamo, volare per centinaia di metri sfiorando la superficie del mare per poi rituffarsi in esso, pesci pelagici si vedono ovunque, barracuda e palamite, immediatamente sotto la superficie del mare spesso si notano gruppi di aguglie che al giungere del Nobile scappano via con serie di salti fuori dall'acqua.
Io mi godo la calda brezza del mar-rosso mentre il mozzo ed il cuoco di bordo iniziano adapparecchiare la tavola per il pranzo, siamo in mezzo al mar rosso ed io mi meraviglio vedere la tavola apparecchiata come in un ristorante a 5 stelle, posate, piatti, bicchieri e brocche di acqua ghiacciata o spremute d'arancio e di pompelmo ci fanno dimenticare per un momento che stiamo navigando in mar rosso.
Il cuoco eritreo conosce molto bene la cucina italiana e ci fa gustare un ottimo piatto di maccheroni al ragù, per secondo naturalmente pesce freschissimo condito con olio e limone di Ghinda, dopo pranzo invece di scendere nelle nostre cuccette chi a poppa chi a prua si prende il sole dopo essersi abbondantemente spalmato di olio le parti scoperte.
Io da parte mia me ne stò accanto al timoniere, ogni tanto controllato da Maurizio, cercando di scorgere l'isola di Dissei che dovremmo superare sulla nostra destra per giungere all'isola di Madote, il sole intanto lentamente inizia a scendere dietro la poppa del Nobile che lentamente spinto da una leggera brezza si stà avvicinando alla punta nord dell'isola di Dissei, già si vedono all'orizzonte le sue basse montagnole vulcaniche che la costellano per quasi tutta la sua lunghezza, ogni tanto incrociamo qualche barca di pescatori di Dissei sulla sua minuscola Huri, quanti ricordi mi salgono in mente con Ibrahim lungo la sua costa orientale con due Huri nel '46, qualche lacrimuccia è subito asciugata però dalla calda brezza del mare.-
Superata la punta nord di Dissei, che si protende a nord con un lungo banco di sabbia, iniziamo ad
avvicinarci a Madote, ma ormai il sole è tramontato e a mala pena riusciamo a distinguere la bassa vegetazione dell'isola, solo si nota il traliccio del faro però inattivo, il Nobile accosta alla punta sud dell'isola e getta l'ancora tenendosi al largo di circa 50 metri dall'isola per non arenarsi al basso fondale.-
Il chiacchericcio tra i turisti seduti a tavola per la cena è l'unico rumore che mi circonda, dico a Maurizio: "Quasi quasi mi tuffo e vado a dormire sulla sabbia di Madote,sotto un cielo pieno di stelle, ma poi penso non ho più l'età dei miei 13 anni di allora", non mi rimane che rifugiarmi a prua nella più completa oscurità ad ammirare il più grande spettacolo della natura, la volta celeste con miliardi di stelle attraversata dalla luminosa via Lattea di miliardi e miliardi di stelle, poi mi ritiro nella mia cabina dove sdraiato nella mia cuccetta sento lo sciabordio del mare sul fianco del caicco che penetra dall'oblò aperto, domani non vedrò l'ora di mettere piede sulle sabbie di Madote.- Buona notte a tutti,a domani. (continua) - Le foto nel sito:"Sognando le Dahlak".-
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- Carlo Di Salvo
- Autore della discussione
17/11/2012 16:35 - 17/11/2012 16:36 #14763
da Carlo Di Salvo
Dopo l'annuncio di Silvano come posso deludervi?
Eccomi quì in partenza per le Dahlak, all'indomani del mio incontro con Maurizio Pazzelli mi alzo come sempre al richiamo del Muezzin, devo preparare tutto il necessario per le Dahlak: occhiali subacquei graduati, (ero miope prima di operarmi ai cristallini), macchina fotografica, macchina fotografica subacquea (memore della precedente esperienza mi ero adeguato), ultimi rollini di diapositive rimastimi vari costumi da bagno, asciugamani, disinfettanti per eventuali ferite, il tutto messo in un sacco militare, ricordo del nostro rientro dall'Eritrea, utilissimo perchè capiente e robusto a forma di siluro.-
Prima di partire per l'Eritrea a Padova, alla libreria Feltrinelli, avevo ordinato le carte nautiche delle Dahlak, volevo rendermi conto di tutte le isole di cui si compone questo straordinario arcipelago del Mar Rosso, avevo tracciato su di esse le mie precedenti esperienze, compresa quella da me fatta a metà circa degli anni '40 su un sambuco e l'ultima nel gennaio 1995 sempre su un sambuco con la compagnia dei Cosentino e dei Modici.-
Una volta preparata tutta l'attrezzatura scesi in sala ristorante a fare una ricca colazione con cappuccino e tost con burro e marmellatine e finale di un ricco caffè, mentre consumavo la colazione mi godevo il panorama, attraverso le vetrate, di Massaua con la vista che spaziava da Gherar, alla diga per Massaua con il suo porto, sino alla verde isola di Scieck-Said ed al massiccio del Ghedem, e davanti all'Hotel il Nobile alla fonda su cui tra poco mi sarei imbarcato.
Una volta sceso nella hall con il mio sacco e la borsa delle macchine fotografiche mi avviai verso la scaletta a mare di fianco all'hotel dove era ormeggiato il gommone del Nobile, pochi metri ed ero già a bordo del Nobile dove Maurizio mi accolse con la sua innata signorilità di vecchio lupo di mare, fui quindi accompagnato da lui stesso nella mia cabina con due cuccette a castello e scelsi quella superiore perchè aveva l'oblò alla sua altezza, la cabina inoltre, tutta per me, aveva un piccolo bagno con doccia, insomma mi si presagiva una straordinaria avventura alle Dahlak in Mar Rosso con il massimo dei confort.-
Una volta sistemato il mio bagaglio, salii in coperta dove con Maurizio iniziai a sapere quale sarebbe stata in 4 giorni la rotta tra le isole dell'arcipelago, ma questo lo scopriremo a poco alla volta dal mio racconto, nell'attesa dell'arrivo da Asmara di un gruppo di turisti che sarebbero stati miei compagni di viaggio.-
La prima tappa della crociera sarebbe stata il banco di sabbia di Madote che io conoscevo benissimo sin dal '46, ma non sapevo se avrei provato le stesse emozioni di allora.- (c0ntinua).- (Le foto nel nuovo sito: "Sognando...le Dahlak".-
Eccomi quì in partenza per le Dahlak, all'indomani del mio incontro con Maurizio Pazzelli mi alzo come sempre al richiamo del Muezzin, devo preparare tutto il necessario per le Dahlak: occhiali subacquei graduati, (ero miope prima di operarmi ai cristallini), macchina fotografica, macchina fotografica subacquea (memore della precedente esperienza mi ero adeguato), ultimi rollini di diapositive rimastimi vari costumi da bagno, asciugamani, disinfettanti per eventuali ferite, il tutto messo in un sacco militare, ricordo del nostro rientro dall'Eritrea, utilissimo perchè capiente e robusto a forma di siluro.-
Prima di partire per l'Eritrea a Padova, alla libreria Feltrinelli, avevo ordinato le carte nautiche delle Dahlak, volevo rendermi conto di tutte le isole di cui si compone questo straordinario arcipelago del Mar Rosso, avevo tracciato su di esse le mie precedenti esperienze, compresa quella da me fatta a metà circa degli anni '40 su un sambuco e l'ultima nel gennaio 1995 sempre su un sambuco con la compagnia dei Cosentino e dei Modici.-
Una volta preparata tutta l'attrezzatura scesi in sala ristorante a fare una ricca colazione con cappuccino e tost con burro e marmellatine e finale di un ricco caffè, mentre consumavo la colazione mi godevo il panorama, attraverso le vetrate, di Massaua con la vista che spaziava da Gherar, alla diga per Massaua con il suo porto, sino alla verde isola di Scieck-Said ed al massiccio del Ghedem, e davanti all'Hotel il Nobile alla fonda su cui tra poco mi sarei imbarcato.
Una volta sceso nella hall con il mio sacco e la borsa delle macchine fotografiche mi avviai verso la scaletta a mare di fianco all'hotel dove era ormeggiato il gommone del Nobile, pochi metri ed ero già a bordo del Nobile dove Maurizio mi accolse con la sua innata signorilità di vecchio lupo di mare, fui quindi accompagnato da lui stesso nella mia cabina con due cuccette a castello e scelsi quella superiore perchè aveva l'oblò alla sua altezza, la cabina inoltre, tutta per me, aveva un piccolo bagno con doccia, insomma mi si presagiva una straordinaria avventura alle Dahlak in Mar Rosso con il massimo dei confort.-
Una volta sistemato il mio bagaglio, salii in coperta dove con Maurizio iniziai a sapere quale sarebbe stata in 4 giorni la rotta tra le isole dell'arcipelago, ma questo lo scopriremo a poco alla volta dal mio racconto, nell'attesa dell'arrivo da Asmara di un gruppo di turisti che sarebbero stati miei compagni di viaggio.-
La prima tappa della crociera sarebbe stata il banco di sabbia di Madote che io conoscevo benissimo sin dal '46, ma non sapevo se avrei provato le stesse emozioni di allora.- (c0ntinua).- (Le foto nel nuovo sito: "Sognando...le Dahlak".-
Ultima Modifica: 17/11/2012 16:36 da Carlo Di Salvo.
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