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ERITREA malgrado tutto sei sempre nel mio cuore.

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06/09/2015 12:02 #25698 da cribar
Caro Di Salvo,
hai iniziato un discorso serio merita quindi una risposta seria. ci segnali un tuo scritto ma mi sembra pubblicato anche su questo Sito che ti dedica una intera Sezione. Circa duemila lettori l'hanno aperto, non so in quanti l'abbiano letto tutto ! Ma mi permetto darti qualche suggerimento, non considerarmi saccente, è solo un po' di deformazione professionale dato che sono un esperto di Comunicazione (non d'informatica!).
Mai Taclì potrà avvalersi molto del tuo apporto ma gli scritti devono essere brevi, concisi, una pagina e mezzo al massimo anche se possono essere vari e frequenti. Per quanto riguarda i tuoi ricordi, considerazioni, testimonianze devi estrapolarli e renderli di queste dimensioni. Per quanto riguarda le immagini scegli quelle significative, impersonali, e quando le invii suggerisci in quale sezione della <Fotogallery> ritieni opportuno metterle.
Ti confesso che gli altri Siti, con tutto il rispetto, li considero poco perché il Sito al quale tengo di più per ragioni sentimentali è Mai Taclì. Non ti fornisco il mio indirizzo perché continueremo a parlarci con questo mezzo, così che tutti i "frati" ed il Direttore siano al corrente di quanto ci comunichiamo.
Siamo un "collettivo" non di sessantottini o rivoluzionari, però pur sempre un collettivo e su questo si basa tutto. Personalismi e canali privati sono controproducenti!
Un caro saluto e grazie per la considerazione, a presto: Cribar.

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05/09/2015 11:08 - 05/09/2015 11:14 #25695 da Narrante
iniziano ad arrivare alcune foto...


L'amena stazione di Agat sulla linea Cheren-Agordat
Carlo con Fulvio Martini sulla terrazza della stazione di Cheren
Panorama di Cheren da Forte Majo
Ultima Modifica: 05/09/2015 11:14 da Narrante.

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04/09/2015 20:11 #25690 da Di-Salvo
La linea ferroviaria, ovvero il sentiero che di essa è rimasto, ha adesso iniziato la sua ripida e costante discesa del30°/°° verso la valle del Dongolas, stanno costeggiando il costone del Sanchil che li sovrasta coperto da massi enormi molti quasi in bilico, Omar ricorda a Carlo che in questi luoghi quasi infernali per ben 56 giorni Italiani ed Ascari combatterono nel marzo 1941 la più grande battaglia mai combattuta in terra d'Africa contro le preponderanti truppe inglesi composte da un miscuglio di indiani, sudanesi, sud-africani, scozzesi, inglesi, francesi della legione straniera e palestinesi.
Si è vero noi italiani ed eritrei resistemmo per 56 giorni ai violenti attacchi e bombardamenti violenti, i nostri compresi gli ascari diedero prova di grande valore, tanto che alla fine della guerra gli stessi inglesi che combatterono a Cheren dissero e soprattutto scrissero che fu la battaglia più feroce della IIa Guerra Mondiale, persino della battaglia di Monte Cassino, sia per gli assalti di corpo corpo all'arma bianca e con le bombe a mano, sia per l'orografia del terreno, tutto attorno è roccia non era possibile scavare fosse per i morti che venivano gettati lungo i valloni appestando l'aria di cadaveri, con mancanza di acqua e di viveri, sotto un sole cocente che sfiorava i 50° e freddo durante le notti.
Carlo ricorda i treni carichi di feriti che giungevano alla stazione di Asmara dove suo papà allora prestava servizio, viaggiavano di notte per non essere sorpresi dai Blenhaim inglesi, mentre durante il giorno restavano fermi nelle gallerie, il telefono della linea verso Cheren nell'ufficio del capostazione di Asmara squillava in continuazione, era l'unico contatto con quanto stava avvenendo sui monti di Cheren, era quindi un correre per portare messaggi al Comando Truppe di Asmara, il piazzale della stazione si riempiva spesso di feriti che con qualsiasi mezzo si cercava di trasportare all'Ospedale "Regina Elena". E' incredibile come certi ricordi venivano alla mente di Carlo mentre il dromedario lentamente ma con grande sicurezza seguiva il tracciato ferroviario seguendo il costone del Sanchil la cui vetta sovrasta la cittadina di Cheren.
Adesso lo sguardo corre verso la valle del Dongolas sovrastata sul versante opposto dai monti Falestoh e Dologorodoc sulla cui cima era posto il Forte Dongolas e nei cui pressi, fu colpito a morte, dalla scheggia di una granata di cannone, la Medaglia d'Oro al Valore Militare Gen. "ORLANDO LORENZINI" il quale era l'AMBESA' per gli ascari che lo consideravano immortale.
I dromedari sembrano conoscere la strada del tracciato della ferrovia che lentamente continua scendere verso la grande valle del Bogu, sul versante opposto della valle del Dongolas si nota la serpentina della camionabile che scende verso la valle del Bogu seguendo il costone del Dologorodoc. (Continua).

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03/09/2015 10:16 - 06/09/2015 16:15 #25683 da Di-Salvo
Caro Cribar ti ringrazio del tuo invito, tuttavia pochi sanno che esiste un mio lungo scritto che tratta della mia gioventù. Sono sicuro che molti dei lettori del Mai-Taclì scopriranno ricordi comuni a tutti noi ex-reduci dell'amata Eritrea. per quanto riguarda foto d'epoca vedrò di mandarne in allegato al direttore (webmaster).
Ti prego di farmi avere il tuo sito e.mail, il mio è: "disalvorap@libero.it".- A presto Carlo.
Ultima Modifica: 06/09/2015 16:15 da Di-Salvo.

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03/09/2015 08:27 #25682 da cribar
Caro Di Salvo,
rivedere il bel racconto (magari riducendolo, di ciò che non è necessario) corredarlo di qualche foto
originale e mandarlo al Direttore per inserirlo in <Ricordi>... no? Fai un piccolo sforzo, te ne saremmo tutti grati.
Un saluto, Cribar.

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02/09/2015 19:16 #25679 da Di-Salvo
La sveglia aveva preceduto di circa mezz'ora il canto del Muezzin, erano le 4 e un quarto, fuori era ancora buio, il silenzio era rotto di tanto in tanto dal lontano canto di qualche gallo mattutino.
Carlo saltò giù dall'angareb per preparare tutto il necessario, dopo le abluzioni del mattino ecco il canto del Muezzin, poco dopo alcuni grugniti di dromedario si sentirono davanti l'ingresso dell'alberghetto.
Uscendo fuori sotto un cielo stellato Carlo rimase colpito dal numero dei dromedari, non erano tre, ma quattro ,anche il vecchio ferroviere Omar aveva deciso di venire anche lui: "Sai Carlo sono molti anni che la ferrovia in questo tratto non ha più i binari e sono curioso di rifare questo viaggio per rivedere i luoghi di un tempo".
In circa mezz'ora fu caricato il materiale di Carlo sul dromedario che avrebbe portato tutte le masserizie, mentre gli altri tre avrebbero i tre viaggiatori. Hassan, Omar e Carlo.
Al chiarore ancora notturno della via Lattea e sotto un manto di stelle la piccola carovana si avviò lentamente tra le stradine assonnate di Cheren verso la vecchia stazione ferroviaria alla quota di 1.390m. s.l.m., punto questo adesso della partenza delle corriere, attraversano tutti e tre ancora a piedi la rotonda da cui si dipartono le strade verso Asmara ed Agordat avviandosi verso il fabbricato della più bella stazione ferroviaria coloniale di tutta l'Africa sub-sahariana.
Giunti alla stazione, dove al posto dei binari vi è adesso un grande piazzale per le corriere, a Carlo salirono, dai meandri della mente, i ricordi dei giorni trascorsi con i suoi genitori sulla splendida veranda della stazione ornata dai rampicanti fioriti delle bouganvillee, i giochi che con il suo amico Fulvio Martini, il cui padre era anch'esso capostazione a Cheren, organizzavano sulla splendida terrazza.
Ricordò anche l'autoblinda che gli inglesi avevano posto sui binari dotandola delle ruote ferroviarie, con Fulvio erano saliti sopra e ne avevano avviato il motore semplicemente mettendo in contatto due fili che pendevano sotto il cruscotto, per fortuna che la marcia era in folle altrimenti non si sa cosa sarebbe successo.
"Ma con la stessa autoblinda Carlo si ricordò l'avventura per lui un poco triste, che con suo papà e con un militare inglese di origine sud'africana, scesero verso il bassopiano fino alla stazione di Umfutat poco prima di Agordat, per andare poi a piedi tra foreste di palme dum a caccia di antilopi lungo il letto secco del fiume Carobel affluente del Barca, fu un'esperienza triste per Carlo perché l'antilope colpita molte volte continuò a correre fino a quando non si dissanguò, quando vide gli occhi della povera bestia con le lacrime che ancora le uscivano gli sembrò che invocassero pietà, non ebbe neanche il coraggio di toccarla. A sera inoltrata poi rientrarono a Cheren ma non avrebbe avuto il coraggio di mangiare la carne di quella povera bestiola."
Dalla stazione quella che una volta era la linea ferroviaria verso Agordat adesso era diventata una pista in terra battuta, ancora non erano saliti sui dromedari, ma a piedi si dirigevano verso la periferia di Cheren passando sotto il cavalcavia della rotabile verso Agordat, lentamente aveva cominciato ad albeggiare ed i primi chiarori apparivano all'orizzonte dietro i monti che contornano a sud la grande valle del Bogu.
Poco prima di iniziare la discesa che costeggia il monte Sanchil si fermarono perché Carlo ed Omar sarebbero saliti sui dromedari dopo che Hassan li fece inginocchiare, Hassan invece, gran camminatore abituato alle lunghe carovaniere che dai bassopiani salgono all'altopiano eritreo, avrebbe lui fatto da guida alla piccola carovana, tirando il suo dromedario tenendo il suo inseparabile bastone, a cui è legata la cima del morso del suo dromedario, appoggiato sulle spalle a sostegno delle braccia.
Adesso il tracciato della ferrovia è diventato un vero sentiero di montagna che si snoda lungo il costone del monte Sanchil ,attraversano il primo ponticello su un torrente che scende dal monte Amba, la linea si dirige decisamente verso la valle del Dongolas, carlo deve ancora abituarsi all'ondegiante lenta andatura del dromedario, salgono sempre alla sua mente i ricordi di quando da bambino sul dromedario scendeva dalla stazione di Ghinda, accompagnato sempre da un fedele amico musulmano, lungo la valle dell'omonimo torrente Ghindà, tra una natura incontaminata piena di meraviglie.
Adesso l'unico suono che rompeva il silenzio era il soffice calpestio dei dromedari e il rumore provocato da qualche cianfrusaglia caricata sull'ultimo dromedario come il primus e alcuni lumi indiani a petrolio che sbattevano tra di loro. (continua)


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