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L'ANGOLO DELLA POESIA ..... e Di ALTRO |
- Carlo Di Salvo
13/08/2012 16:09 #13717
da Carlo Di Salvo
E caro Francesco ta dugnu iu na bella poesia da nostra Sicilia, lu cunusci tu Giovanni Meli? Chista è na so poesia è intitolata:
LU LABBRU
DIMMI DIMMI, APUZZA NICA
UNNI VAI CUSSI' MATINU ?
NUN CC'E' CIMA CHI ARRUSSICA
DI LU MUNTI A NUI VICINU.
TREMA ANCORA, ANCORA LUCI
LA RUGIADA 'NTRA LI PRATI;
DUN'ACCURA NUN TI ARRUCI
L'ALI D'ORU DILICATI!
LI CIURIDDI DURMIGGHIUSI
'NTRA LI VIRDI SOI BUTTUNI
STANNO ANCORA STRITTI E CHIUSI
CU LI TESTI A PINNULUNI.
MA L'ALUZZA S'AFFATICA!
MA TU VOLI E FAI CAMINU!
DIMMI DIMMI, APUZZA NICA,
UNNI VAI CUSSI' MATINU ?
CERCHI MELI ? E S'IDDU E' CHISSU,
CHIUDI L'ALI E 'UN TI STRACCARI;
TI LU 'NSIGNU UN LOCU FISSU,
UNNI A'I SEMPRI CHI SUCARI :
LU CUNUSCI LU MIU AMURI,
"NICI" MIA DI L'OCCHI BEDDI ?
'NTRA DDI LABBRA CC'E' UN SAPURI,
'NA DUCIZZA CHI MAI SPEDDI.
'NTRA LU LABBRU CULURITU
DI LU CARU AMATU BENI
CC'E' LU MELI CCHIU' SQUISITU...
SUCA, SUCALU CA VENI.
DDA' CCI MISI LU PIACIRI
LU SO NIDU 'NCILIPPATU,
PRI ADISCARI, PRI RAPIRI
OGNI CORI DILICATU.
A LU MUNNU 'UN SI PO' DARI
UNA SORTI CCHIU' FELICI,
CHI VASARI, CHI SUCARI
LI LABBRUZZI A LA MIA "NICI".
Abate GIOVANNI MELI
II° metà del 1700.
LU LABBRU
DIMMI DIMMI, APUZZA NICA
UNNI VAI CUSSI' MATINU ?
NUN CC'E' CIMA CHI ARRUSSICA
DI LU MUNTI A NUI VICINU.
TREMA ANCORA, ANCORA LUCI
LA RUGIADA 'NTRA LI PRATI;
DUN'ACCURA NUN TI ARRUCI
L'ALI D'ORU DILICATI!
LI CIURIDDI DURMIGGHIUSI
'NTRA LI VIRDI SOI BUTTUNI
STANNO ANCORA STRITTI E CHIUSI
CU LI TESTI A PINNULUNI.
MA L'ALUZZA S'AFFATICA!
MA TU VOLI E FAI CAMINU!
DIMMI DIMMI, APUZZA NICA,
UNNI VAI CUSSI' MATINU ?
CERCHI MELI ? E S'IDDU E' CHISSU,
CHIUDI L'ALI E 'UN TI STRACCARI;
TI LU 'NSIGNU UN LOCU FISSU,
UNNI A'I SEMPRI CHI SUCARI :
LU CUNUSCI LU MIU AMURI,
"NICI" MIA DI L'OCCHI BEDDI ?
'NTRA DDI LABBRA CC'E' UN SAPURI,
'NA DUCIZZA CHI MAI SPEDDI.
'NTRA LU LABBRU CULURITU
DI LU CARU AMATU BENI
CC'E' LU MELI CCHIU' SQUISITU...
SUCA, SUCALU CA VENI.
DDA' CCI MISI LU PIACIRI
LU SO NIDU 'NCILIPPATU,
PRI ADISCARI, PRI RAPIRI
OGNI CORI DILICATU.
A LU MUNNU 'UN SI PO' DARI
UNA SORTI CCHIU' FELICI,
CHI VASARI, CHI SUCARI
LI LABBRUZZI A LA MIA "NICI".
Abate GIOVANNI MELI
II° metà del 1700.
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10/08/2012 23:52 #13706
da Francesco
Giovanni Pascoli
X agosto
San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava una rondine al tetto:
l'uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.
Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.
Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.
E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!
X agosto
San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava una rondine al tetto:
l'uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.
Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.
Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.
E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!
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10/08/2012 23:45 #13705
da Francesco
Giovanni Pascoli
La cavalla storna
Nella Torre il silenzio era già alto.
Sussurravano i pioppi del Rio Salto.
I cavalli normanni alle lor poste
frangean la biada con rumor di croste.
5 Là in fondo la cavalla era, selvaggia,
nata tra i pini su la salsa spiaggia;
che nelle froge avea del mar gli spruzzi
ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi.
Con su la greppia un gomito, da essa
10 era mia madre; e le dicea sommessa:
“O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
tu capivi il suo cenno ed il suo detto!
Egli ha lasciato un figlio giovinetto;
15 il primo d’otto tra miei figli e figlie;
e la sua mano non toccò mai briglie.
Tu che ti senti ai fianchi l’uragano,
tu dài retta alla sua piccola mano.
Tu ch’hai nel cuore la marina brulla,
20 tu dài retta alla sua voce fanciulla”.
La cavalla volgea la scarna testa
verso mia madre, che dicea più mesta:
“O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
25 lo so, lo so, che tu l’amavi forte!
Con lui c’eri tu sola e la sua morte.
O nata in selve tra l’ondate e il vento,
tu tenesti nel cuore il tuo spavento;
sentendo lasso nella bocca il morso,
30 nel cuor veloce tu premesti il corso:
adagio seguitasti la tua via,
perché facesse in pace l’agonia...”
La scarna lunga testa era daccanto
al dolce viso di mia madre in pianto.
35 “O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
oh! due parole egli dové pur dire!
E tu capisci, ma non sai ridire.
Tu con le briglie sciolte tra le zampe,
40 con dentro gli occhi il fuoco delle vampe,
con negli orecchi l’eco degli scoppi,
seguitasti la via tra gli alti pioppi:
lo riportavi tra il morir del sole,
perché udissimo noi le sue parole”.
45 Stava attenta la lunga testa fiera.
Mia madre l’abbracciò su la criniera
“O cavallina, cavallina storna,
portavi a casa sua chi non ritorna!
a me, chi non ritornerà più mai!
50 Tu fosti buona... Ma parlar non sai!
Tu non sai, poverina; altri non osa.
Oh! ma tu devi dirmi una una cosa!
Tu l’hai veduto l’uomo che l’uccise:
esso t’è qui nelle pupille fise.
55 Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
E tu fa cenno. Dio t’insegni, come”.
Ora, i cavalli non frangean la biada:
dormian sognando il bianco della strada.
La paglia non battean con l’unghie vuote:
60 dormian sognando il rullo delle ruote.
Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
disse un nome... Sonò alto un nitrito.
Il poeta rammenta la tragedia della sua famiglia, quando morì assassinato il padre.
Ci presenta sua madre che si reca nelle stalle a trovare la cavalla storna che aveva riportato a casa il corpo del marito senza vita. La donna parla alla cavalla, come se potesse capirla; le chiede anzi di parlare, come se fosse un essere umano. Le dà una carezza sulla criniera e la cavalla volge il capo verso di lei, attenta, come se ascoltasse.
La donna le parla come a un membro della famiglia, le ricorda l'affiatamento che aveva col suo padrone, le ricorda i figli piccoli rimasti orfani; poi vuole da lei una conferma. La famiglia Pascoli era convinta di sapere chi fosse l'autore del delitto, anche se la giustizia umana non era riuscita, o non aveva voluto trovarlo. La donna interroga la cavalla, che aveva compiuto la pietosa opera di riportare a casa il suo padrone morente, e le sussurra un nome, quel nome, il nome dell'assassino.
Nel silenzio l'animale fa risuonare un alto nitrito, confermando i sospetti della donna e mostrandosi umanamente partecipe al dolore dei suoi padroni.
La cavalla storna
Nella Torre il silenzio era già alto.
Sussurravano i pioppi del Rio Salto.
I cavalli normanni alle lor poste
frangean la biada con rumor di croste.
5 Là in fondo la cavalla era, selvaggia,
nata tra i pini su la salsa spiaggia;
che nelle froge avea del mar gli spruzzi
ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi.
Con su la greppia un gomito, da essa
10 era mia madre; e le dicea sommessa:
“O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
tu capivi il suo cenno ed il suo detto!
Egli ha lasciato un figlio giovinetto;
15 il primo d’otto tra miei figli e figlie;
e la sua mano non toccò mai briglie.
Tu che ti senti ai fianchi l’uragano,
tu dài retta alla sua piccola mano.
Tu ch’hai nel cuore la marina brulla,
20 tu dài retta alla sua voce fanciulla”.
La cavalla volgea la scarna testa
verso mia madre, che dicea più mesta:
“O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
25 lo so, lo so, che tu l’amavi forte!
Con lui c’eri tu sola e la sua morte.
O nata in selve tra l’ondate e il vento,
tu tenesti nel cuore il tuo spavento;
sentendo lasso nella bocca il morso,
30 nel cuor veloce tu premesti il corso:
adagio seguitasti la tua via,
perché facesse in pace l’agonia...”
La scarna lunga testa era daccanto
al dolce viso di mia madre in pianto.
35 “O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
oh! due parole egli dové pur dire!
E tu capisci, ma non sai ridire.
Tu con le briglie sciolte tra le zampe,
40 con dentro gli occhi il fuoco delle vampe,
con negli orecchi l’eco degli scoppi,
seguitasti la via tra gli alti pioppi:
lo riportavi tra il morir del sole,
perché udissimo noi le sue parole”.
45 Stava attenta la lunga testa fiera.
Mia madre l’abbracciò su la criniera
“O cavallina, cavallina storna,
portavi a casa sua chi non ritorna!
a me, chi non ritornerà più mai!
50 Tu fosti buona... Ma parlar non sai!
Tu non sai, poverina; altri non osa.
Oh! ma tu devi dirmi una una cosa!
Tu l’hai veduto l’uomo che l’uccise:
esso t’è qui nelle pupille fise.
55 Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
E tu fa cenno. Dio t’insegni, come”.
Ora, i cavalli non frangean la biada:
dormian sognando il bianco della strada.
La paglia non battean con l’unghie vuote:
60 dormian sognando il rullo delle ruote.
Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
disse un nome... Sonò alto un nitrito.
Il poeta rammenta la tragedia della sua famiglia, quando morì assassinato il padre.
Ci presenta sua madre che si reca nelle stalle a trovare la cavalla storna che aveva riportato a casa il corpo del marito senza vita. La donna parla alla cavalla, come se potesse capirla; le chiede anzi di parlare, come se fosse un essere umano. Le dà una carezza sulla criniera e la cavalla volge il capo verso di lei, attenta, come se ascoltasse.
La donna le parla come a un membro della famiglia, le ricorda l'affiatamento che aveva col suo padrone, le ricorda i figli piccoli rimasti orfani; poi vuole da lei una conferma. La famiglia Pascoli era convinta di sapere chi fosse l'autore del delitto, anche se la giustizia umana non era riuscita, o non aveva voluto trovarlo. La donna interroga la cavalla, che aveva compiuto la pietosa opera di riportare a casa il suo padrone morente, e le sussurra un nome, quel nome, il nome dell'assassino.
Nel silenzio l'animale fa risuonare un alto nitrito, confermando i sospetti della donna e mostrandosi umanamente partecipe al dolore dei suoi padroni.
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05/05/2012 22:43 #12575
da wania
Ma se la biro non scriveva
e all'Elba per di più pioveva
Napoleon cosa faceva?
Andò a comprarsi anche un ombrello
per ripararsi dall'acqua con quello
e all'Elba per di più pioveva
Napoleon cosa faceva?
Andò a comprarsi anche un ombrello
per ripararsi dall'acqua con quello
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05/05/2012 17:27 #12572
da Narrante
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05/05/2012 16:53 #12571
da wania
Oggi è il 5 maggio?
EI fu siccome immobile
dato il mortal sospiro......
prese l'automobile
e fece un altro giro........
Mbè?
EI fu siccome immobile
dato il mortal sospiro......
prese l'automobile
e fece un altro giro........
Mbè?
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