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C' ERA UNA VOLTA ....L'ERITREA FELIX

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20/03/2010 23:44 - 20/03/2010 23:49 #3779 da Narrante
Caro Francesco,

Ho espresso forti perplessità sull'icona da te adottata come "AVATAR" in quanto essendo questo un sito di italiani nostalgici del paese dove siamo vissuti da giovani, continuiamo a dimostrare segno di amicizia verso quel popolo e difatti, proprio il MaiTaclì esercita tramite tutti noi quei segni di amicizia e di solidarietà che si concretano in aiuti effettivi, al fine di renderci utili ad un paese che continuiamo ad amare.

La tua icona mi sembra andare in segno completamente opposto e pertanto, unendomi al disappunto espresso dal Prof. Erasmo, ho unito anche il mio.

Sta a te ed al tuo buon senso valutare l'idoneità e l'opportunità di questa tua iniziativa che assume anche sapore di inimicizia, almeno che mostrare le armi significhi qualcosa di diverso che a me sinceramente sfugge.

Ho visto la cartolina che mi hai inviato sull'e-mail.
Effettivamente sullo sfondo si vede il Duca d'Aosta, ma non mi sembra il modo appropriato di onorarlo.

Possiamo benissimo onorare l'uomo e il valoroso soldato che tutti ricordiamo ed apprezziamo come già fatto anche in passato sempre su questo giornale.

Ti fo' presente che sulla cartolina che hai utilizzato è inserito un diritto di proprietà e di esclusiva sulla pubblicazione.

Cordialmente,e buona domenica anche a tutti voi,
Silvano
Ultima Modifica: 20/03/2010 23:49 da Narrante. Motivo: Agg.

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20/03/2010 18:36 #3773 da Francesco
Caro Silvano ,
il testo che segue si riferisce all'immagine che ti ho inviata tramite email .

L'immagine non rappresenta il nostro legittimo revanscismo nei confronti dell'ex Jugoslavia
per tutti i territori che ci ha scippati , ma un "Ritorneremo" in AOI .
Nell'immagine allegorica si nota un soldato italiano in tenuta coloniale con alle spalle la
vetta dell'Amba Alagi , sui quali campeggia l'ombra gigantesca del vicerè Amedeo duca d'Aosta.
La cartolina , molto probabilmente , diffusa in italia dopo la perdita dell'Impero
e dell'immatura e dolorosa dipartita di Amedeo .Scomparsa che ,in AOI , addolorò molti italiani
( civili e militari ), compreso mio padre che lo conobbe personalmente nel 1939 a Gondar , ove
volle conoscere personalmente le autorità civili e militari e gli imprenditori che stavano costruendo
la nuova città .Papà era tra quest'ultimi anche se era un giovane e piccolo imprenditore edile .
Negli anni '50 , qui in Italia , la cartolina venne ristampata a cura del MSI e distribuita agli
aderenti di quel partito .
La scelta di questo logo rappresenta per me un omaggio al "Duca di Ferro " : per la carica che rivestiva,
per le opere che incoraggiò e per l'atteggiamento umano nei confronti delle popolazioni abissine .
Non dobbiamo ignorare che si era opposto alla guerra conscio del precario armamento e , soprattutto ,
previde l'isolamento dell'Impero dalla Madre Patria ,causa che provocò il collasso delle nostre forze
armate .
Quando la cartolina venne stampata la prima volta la partita in Africa non era ancora chiusa .
Si sperava , dopo la agognata vittoria della battaglia di El Alamein , di marciare con l'alleato tedesco
dall'Egitto fino in AOI ( ed anche più a sud ),ove gli italo-tedeschi avrebbero incontrato fragili
resistenze da parte inglese ,atteso che questi in Egitto avevano concentrato il massimo delle loro forze .
Gli inglesi sapevano che l'esito della battaglia di El Alamein era la chiave di volta della loro esistenza
in Africa e nel Medio Oriente .
Quindi , concludendo , la divulgazione di questa cartolina , come tante altre , a cura della propaganda del
regime era una manifestazione di ottimismo e speranza .Quindi quel "Ritorneremo" era , nel contesto di quei
tempi ,più che legittimo.
Ora quel "Ritorneremo" fa sorridere in quanto sarei un folle se sperassi di portare le lancette
dell'orologio della storia indietro.
Anch'io vorrei ritornare in quelle terre .Ritornare in un paese normale e libero , senza una feroce dittatura
e , soratutto, senza questo stato di guerra perenne che impedisce il progresso e la speranza di pace e serenità da
parte degli eritrei .
Quindi "lo Professoro " dei miei stivali si astenga dal fare considerazioni fuori luogo .
Silvano ? Penso che abbia capito che il logo , oggi , non è u simbolo di revanscismo , ma un omaggio ad un AOSTA . Dico Aosta e non Savoia !
Ciao e buona domenica
Francesco

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03/03/2010 18:14 #3206 da Narrante
Cari amici,
inserisco quì un ritaglio ricavato dal "GIORNALE dell'ERITREA" del 28 Agosto 1952 dove si parla dei martedì culturali del G.G. M. Visintini che in quell'occasione trattava un tema a quell'epoca di attualità:
ecco il pezzo ritagliato in formato grafico e, a fine lettura, se qualcuno dovesse essere interessato ad andare al cinema, può consultare la colonna degli spettacoli in programmazione: questo articolo servirà per agganciarmi ad altre argomentazioni che affronterò in seguito,
Silvano

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  • Anonimi
  • Autore della discussione
11/02/2010 18:52 #2939 da Anonimi
Amici ,
oggi mi è pervenuto ,tramite Google alert ,il seguente articolo , da dove dolorosamente si evince che gli eritrei sono soggiogati da un brutale regime paracomunista , anzi , direi ,comunista .
Povera la nostra Eritrea .
Leggete !

UN CONTAINER ANCHE IN ERITREA
Presenti in un Paese infelice

E’ durissimo vivere in Eritrea, ci dice una Suora che desidera rimanere nell’anonimato. E anche in questo Paese africano, grazie all’impegno e alla sollecitazione del Gruppo missionario Shaleku di Prato, il Progetto Agata Smeralda cerca di dare un aiuto significativo.
L’intervento, al momento concretizzato nell’invio di container con generi di prima necessità,è indirizzato alla regione dell’Anseba, una zona quasi desertica, dove si soffre la fame.
“L’anno scorso c’è stata siccità, e i raccolti di grano, miglio, sorgo, sono stati molto limitati. Mancano i viveri, anche perché è una terra poco produttiva”.
Così la Chiesa locale è a fianco della popolazione. Non può certo sovvenire a tutto e a tutti, ma aiuta la gente come può, cerca sostegni all’estero, gestisce delle scuole, centri di promozione della donna, centri per i malati di Aids, orfanotrofi e cliniche sanitarie.
Ma è davvero dura: “Economicamente, negli ultimi tempi la situazione è addirittura peggiorata. I generi sono diventati più cari, neanche il pane per i bambini a volte è facile acquistare. I prezzi del grano sono aumentati del 500%, solo in un anno”. Il risultato, drammatico, è la fame. L’80% della popolazione è sottonutrita. “Anche nelle cliniche la malattia più grande è la fame. Un kg di grano costa circa 2 euro! Questo spiega l’utilità del container, inviare direttamente farina, pasta, legumi, olio è assai più conveniente che non inviare soldi per l’acquisto in loco. Con questi containers cerchiamo di approvvigionare i villaggi, e distribuiamo nelle famiglie più bisognose i generi di prima necessità. Sono famiglie spesso formate solo da donne e bambini. Tutti gli uomini, dai 18 ai 50 anni ed oltre, sono nell’esercito, a fare il servizio militare obbligatorio. Così rimangono solo le donne con i bambini e gli anziani. In Eritrea infatti c ’è una situazione di guerra non dichiarata e non combattuta -dopo la guerra con l’Etiopia- e così il paese è organizzato come se la guerra ci fosse ancora”.
Si vive alla giornata: le madri, per trovare qualcosa da mangiare per i loro figli, se hanno qualcosa da vendere si danno al piccolo commercio. E anche in questo caso non mancano iniziative di sostegno: “Cerchiamo di aiutarle con il microcredito: diamo dei piccoli prestiti, e le invitiamo a partecipare a un corso di formazione per imparare ad usare i soldi e per utilizzarli come investimento: ad esempio c’è chi compra dei capretti, li fa crescere e poi li vende, ottenendo un piccolo reddito aggiuntivo.
Altri comprano legumi, li cuociono e li vendono, altri girano nei villaggi per la raccolta delle uova e poi le vendono nella città”.

Sul piano religioso, in Eritrea i cattolici sono una minoranza, il 2%, il 50% musulmani e la restante parte ortodossi copti. “Nella nostra Diocesi ci sono 38 parrocchie, con 35 parroci, e una decina di congregazioni, tra maschili e femminili. L’azione della Diocesi è comunque orientata alla totalità della popolazione, senza distinzioni, ed è accolta bene, anche dai musulmani, che spesso ci difendono. C’è una buona armonia religiosa, forse perché siamo cresciuti insieme”.
Uno dei settori di impegno prevalente è l’educazione scolastica: “Abbiamo la scuola dall’asilo fino alle superiori: è frequentata da tutti, aperta a tutti, la frequenza è molto alta. La Chiesa locale ha scelto di aprire delle piccole scuole anche nei villaggi lontani -dove peraltro il Governo non ha realizzato scuole- in modo che i piccoli possano frequentare sul posto. Poi quando sono più grandi possono andare più lontano...”
Altro campo d’intervento è la sanità. “Anzitutto a creare difficoltà è la scarsità di acqua, e questo genera gravi problemi igienici. La malnutrizione è un’altra causa primaria di malattie e poi c’è l’Aids, che però, per fortuna, è in diminuzione. Tra le malattie, le più diffuse sono le malattie respiratorie, la diarrea, l’anemia, che colpisce soprattutto le donne in stato di gravidanza. I centri sanitari ci sono -la diocesi ha otto cliniche- ma scarseggiano i medicinali, che devono essere acquistati all’estero”.
Quella della Chiesa in Eritrea è una presenza di speranza: “Stiamo lavorando in particolare con le donne, nelle famiglie, -col microcredito, con l’alfabetizzazione-, e lavoriamo con i malati di Aids, abbiamo un gruppo di 250 famiglie: diamo assistenza, cibo, accompagnamento spirituale e psicologico. Li raduniamo una volta al mese e aiutiamo anche i bambini che sono rimasti orfani a causa dell’Aids, e che vivono con i parenti: a loro paghiamo tutto il materiale scolastico. Poi lavoriamo con i giovani nelle parrocchie: facciamo informazione sanitaria, catechesi, formazione. Insegniamo anche agli anziani ad aiutarsi tra di loro e ad assistere i malati. Abbiamo 23 scuole con 7000 alunni e 210 maestri, tutti sotto la Diocesi”.
Ma l’Eritrea è un Paese dove la speranza sembra morta: “Fuggire è il desiderio primario dei giovani eritrei. Perché non hanno la speranza del futuro. Vogliono fuggire, perché, nonostante la formazione che ricevono nelle scuole, giunti a 18 anni la loro unica prospettiva è quella di un servizio militare a tempo indeterminato e in condizioni di semischiavitù: è l’esercito che fa le opere pubbliche e i soldati non sono pagati. E’ una situazione disperata, e da qui tante fughe all’estero. Perché devo studiare? Perché devo frequentare l’università? Tanto poi devo andare a fare il soldato per tutta la vita… Queste sono le domande drammatiche che i giovani si pongono. Sì, è un Paese infelice: infelice nei bambini, che muoiono di fame, che piangono perché non hanno neppure il pane, infelice per le tante donne che restano sole, infelice nei giovani senza prospettive di futuro. Per questo, pur tra tante difficoltà, la presenza della Chiesa, il nostro stare accanto alla popolazione, in mezzo a loro, con un aiuto fraterno, è uno dei pochi segni di speranza e di riscatto”.

Intervista ad una suora che deve rimanere anonima.

P.S. Oggi , almeno da qui' , non c'e' stato verso di collegarmi con la nostra pagin .Ho tentato di inviare questo msg diverse volte .
Pensavo che il testo fosse troppo lungo ed allora ho tentato di inviare il post precedente ( anonimo ) per verificare se funzionasse.Ha funzionato ,ma per questo msg no .

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  • xbb
  • Autore della discussione
11/02/2010 12:42 #2936 da xbb
nn

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  • Anonimi
  • Autore della discussione
09/02/2010 23:25 #2929 da Anonimi
Cara Annamaria ,
ti consiglierei di telefonare ad Antonio o nella tarda mattinata o nel tardo pomeriggio .
Buonanotte anche a te.
Francesco

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