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CORRISPONDENZA 7

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28/11/2012 06:36 #14918 da wania
[justify]Buongiorno SCEITAN, finalmente ti si rilegge. Il Mugnone è minaccioso lo so, ieri sembrava dovesse tracimare....poi, invece, si è abbassato; oggi vedremo, per ora non piove, speriamo che non ricominci. Ieri l'acquazzone l'hanno chiamato una bomba d'acqua. Io, non sapendo dove collocare la tua via, non ho potuto rendermi conto se siete o no in zona Mugnone. Qui passa alle Cure mi sembra abbastanza lontano da noi di S. Gervasio. S. Gervasio comunque è sempre stato all'asciutto anche nell'alluvione del 66. E' vero che allora si trattò dell'Arno......insomma.....ci possiamo augurare buona giornata? Ma si dài, BUONA GIORNATA! Cisi[/justify]

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28/11/2012 06:16 #14917 da Sceitan
Buongiorno Wania ..Dopo tanti tentativi son riuscito a rientrare!!!Noi qui siamo a rischio essendo il Mugnone in Viale redi e Piazza Puccini.Come va?Un caro saluto a Te e a tutti gli amici.Dalla A alla W!!!Sceitan. :evil: :evil: :evil: :evil: :evil: :evil: :evil: :evil: :evil: :evil: :evil: :evil:

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28/11/2012 01:29 #14916 da Francesco
Ed ora buonanotte.
EEA

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28/11/2012 01:26 #14915 da Francesco
Dai dimenticati di Culqualber alla bandiera di Gondar
di Leonida Fazi
Parlare dei «dimenticati di Culqualber» può far sorridere oggi che dimenticati sono tutti i Caduti in terra d’Africa,oggi che, nel trattare delle ultime vicende somalo - etiopico - eritree, nessun giornale ha fatto il minimo cenno ai cimiteri e sacrari esistenti in Cheren, Addis Abeba (Gulalè), Asmara, Mas-saua (Otumlo), Daharo Conad, Passo Uarieu,Adi Caieh, Macallè, Adigrat.
Nessuna meraviglia,pertanto, che generalmente ignorati siano i Caduti di Culqualber dove non esiste sacrario poiché i loro resti non furono mai ritrovati,bensì soltanto irosa in-dignazione.
Ma è un’ira che rivolgo contro me stesso poiché proprio io ho contribuito al dilagare del desolante oblio,recentemente.
Durante il mio inter-vento al Raduno ANRRA di Latina, nel parlare di Culqualber-Passo delle Euforbie, ultimo caposaldo di Gondar nell'Etiopia totalmente invasa, fui così affrettato da pronunciare male il nome di uno dei tre comandanti di battaglione periti nell’estrema difesa il 21 novembre 1941.
Di conseguenza, nella
trascrizione, sul Reduce, delle mie inadeguate e aggrovigliate parole, quel nome è risultato storpiato due volte, così: Pascoli, Tassoni.
Quel nome è invece quello di Alberto CASSÒLI, già ufficiale dei Bersaglieri nella
Quindici-Diciotto, quattro
volte decorato al valore, quindi Seniore della M.V.S.N. e, infine, con il restituito grado di
Maggiore, comandante del 240° Battaglione Camicie
Nere d’Africa; quel battaglione che, tutto composto da lavoratori richiamati alle armi,
perse il 45 per cento dei suoi effettivi.
Ma di Culqualber, vorrei trattare diffusamente e per ora, mi limiterò ad osservare che di Alberto CASSÒLI mi parlò a lungo il comandante del caposaldo, Augusto UGOLINI, allorchè nel trentennale di Culqualber, il 21 novembre 1971, mi recai ad intervistarlo. E mi parlò della sua decisione di non arrendersi
mai, condivisa dal maggiore Alfredo SERRANTI, comandante dei 200 Carabinieri e 160 Zaptiè del I Battaglione Carabinieri mobilitato in A.O.I. così come dal maggiore Carlo GARBIERI che sul gagliardetto del suo 67° battaglione Coloniale aveva ricamato «Rifiuto l’onore delle armi». E, alla testa dei loro Carabinieri, Zaptiè, Ascari, Camicie Nere, tutti ugualmente stoici, mantennero l’impegno. Da quattro mesi isolati e attaccati di continuo, laceri e stremati, in 1800 contro 18.000, per 8 ore,
contrattaccando e morendo, difesero le rocce di Culqualber sinchè il nemico dilagò passando
sui cadaveri. Carlo GARBIERI cadde alle 12,30, colpito al cuore; Alfredo SERRANTI cadde alle 15, trafitto all’addome
da una baionettata; Alberto CASSÒLI cadde alle 15,30, colpito in fronte.
Il Colonnello UGOLINI chiese che la memoria dei tre Comandanti di Battaglione fosse onorata con la Medaglia d’oro
al valor militare. La proposta fu accettata per GARBIERI e per SERRANTI.
Per Alberto CASSÒLI, la proposta è tuttora «in sospeso».
Perché mai? Nessuno, potrà rispondere con un minimo di attendibilità alla stupefatta, triste domanda.
Del resto, ogni risposta è superflua: una pioggia d’oro lasciamo cadere, noi ultimi testimoni della storia, su tutti i difensori del Passo delle Euforbie, autentici eroi i cui spiriti aleggiano sulla bandiera di Gondar, come osservai mentre a Latina dispiegavo quel glorioso brandello stinto che presiedette l’ultimo Raduno Nazionale ANRRA.
La vicenda di quel brandello è storia d’a-more, del più puro degli amori: quello di Patria.
Tre giorni dopo l’olocausto di Culqualber, le forze nemiche raggiunsero le difese esterne della città di Gondar, appoggiate da artiglierie e carri armati e contrastate da pochi reparti
italiani ed indigeni.
Alle 14 del 27 novembre,
dopo un attacco in forze iniziato all’alba, i carri armati britannici entrarono in città. Alle 14,30, dalla torre del castello di Gondar veniva ammainata l’ultima Bandiera italiana. Un uomo se ne impadronì come un prezioso tesoro, ne bruciò due terzi e un
terzo lo nascose, con miracoli di ingegnosità.
Quell’uomo si chiamava Luigi TONELLO. Orfano di guerra per essere il padre caduto durante la Quindici-Diciotto a Montesanto di
Gorizia, era stato volontario
nella Divisione «I Febbraio» durante il conflitto italo-etiopico e, invalido di guerra, era rimasto a Gondar in servizio presso l’ufficio
postale. Catturato, era rimasto ad Asmara sino al ’49, sempre con il suo prezioso brandello che riuscì a portare in Italia.
Qui, lo custodì insie-me con la consorte, Corinda ZANESCO, un suo fratello era stato volontario nella stessa «I Febbraio» ed un altro fratello, Antonio ZANE-SCO,
volontario della «28 Ottobre» e decorato, era caduto a Debrì di Macallè il 3 dicembre 1935. Una famiglia nella storia, la storia in una famiglia.
Luigi TONELLO venne a mancare il 18 ottobre 1977, dopo aver raccomandato alla consorte di consegnare quel sacro cimelio ad Angelo
BASTIANI.
Tre mesi dopo, durante la presentazione del libro di Antonio GIACHI sulle uniformi delle nostre truppe coloniali, la signora Corinda TONELLO ZANESCHI consegnò piangendo la lacera bandiera ad Angelo BASTIANI che ne fu custode sino alla sua scomparsa avvenuta il 19 giugno 1996.
Da allora, la Bandiera è custodita dalla con-sorte
di Angelo, Livia BASTIANI MASIA, che, all’inizio della cerimonia di Latina, il 20 giu-gno 1999, me la «prestò» perché potessi dispiegarla così da farne la Bandiera del Raduno.
Corinda TONELLO era lì e piangeva mentre la meravigliosa Fanfara dei Bersaglieri di Bergamo rendeva gli onori.
Mentre, al termine, ripiegavo il cimelio e lo riconsegnavo alla sua Custode, le mie mani tremavano: in quel brandello di stoffa sen-tivo vivi nel loro eterno silenzio tutti i Caduti dell'Africa italiana e fra loro Alberto CASSÒLI, eroe «in sospeso».
.

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28/11/2012 01:09 #14914 da Francesco
LA BATTAGLIA di GONDAR ( da Wiki)

Oggi cade il 71° anniversario della resa di Gondar
( 28 novenbre 1941 ) ,ove venne ammainato l’ultimo Vessillo italiano nell’Impero . A questa Bandiera gli inglesi tributarono l’Onore delle Armi assieme ai valorosi combattenti italiani .

Rendiamo onore ed inchiniamoci difronte ai Caduti e Feriti :
MORTI : Italiani n. 300 ,Ascari n. 3700 totale n. 4000
FERITI : fra Italiani ed Ascari n. 8400 .

La battaglia di Gondar fu una battaglia della seconda guerra mondiale combattuta in Etiopia, a Gondar, nella regione dell'Amhara dal 10 maggio al 28-29 novembre 1941. Rappresentò la fase finale della Campagna dell'Africa Orientale Italiana (1940-1942) e vide contrapposti gli schieramenti italiani e anglo-abissini.
Di fronte alla travolgente Controffensiva britannica in Africa orientale italiana il Viceré d'Etiopia Amedeo di Savoia diede alle sue truppe l'ordine di proseguire la lotta nei ridotti dell'Amba Alagi, del Galla Sidama e dell'Amhara

Il ridotto di Gondar

Il ridotto,situato nell'Amhara, già mesi prima era stato fortificato dal generale Nasi e comprendeva un'area centrale con Gondar Azozo dove risiedeva il comando e quattro capisaldi esterni: Culqualber, Blagir, Tucul e Ualag. Inoltre due presidi a Debrà Tabor e Uolchefit. La ridotta era difesa da 13 battaglioni nazionali, 15 battaglioni coloniali e pochi squadroni di cavalleria indigena. All'incirca 40.000 uomini. Le truppe italiane al comando del generale Guglielmo Nasi vennero schierate nell'Amhara. Il generale Nasi, persi i rifornimenti da Addis Abeba, dovette amministrare le poche scorte rimaste per farle durare il più a lungo possibile riducendo le razioni e organizzando un mercato indigeno, una sezione recuperi per sfruttare ogni materiale e una sezione pesca sul lago Tana. Furono anche realizzati degli improvvisati carri armati riutilizzando trattori agricoli opportunamente blindati. Nei mesi di settembre e ottobre, tramite voli segreti dalla Libia, Nasi ricevette denaro dall'Italia per comprare derrate alimentari. Il 19 luglio il generale Nasi lanciò una canzone intitolata "I gondarini".

I gondarini
Se non ci conoscete, guardate il nostro pane,
noi siamo i gondarini che sanno far la fame.
Se non ci conoscete, tenetelo a memoria,
noi siamo i gondarini che fuman la cicoria.
L'inglese ci conosce, si morde i pugni e ringhia,
noi siamo i gondarini che stringono la cinghia.
Gl'indiani ci conoscono e anche i sudanesi,
noi siamo i gondarini incubo degli inglesi
Se non ci conoscete, leggete i nostri casi,
noi siamo i gondarini del generale Nasi.
Se non ci conoscete, lasciatevelo dire,
noi siamo i gondarini, i duri da morire

Guglielmo Nasi


Il primo attacco britannico fu scatenato il 17 maggio 1941 e portò alla momentanea occupazione di Anguavà, ripresa subito dopo grazie all'azione della brigata del colonnello Torelli. Nei giorni seguenti, altri attacchi britannici in altri settori portarono all'occupazione del presidio di Debrà Tabor, comandato dal colonnello Angelini, che si arrese quasi senza combattere a differenza del presidio di Uolchefit. All'inizio dell'assedio, le forze aeree presenti nella base aerea di Gondar - Azozo era formata da due caccia Fiat CR.42 "Falco" ed un bombardiere Caproni Ca.133[3]. Il Caproni venne utilizzato per rifornire dal cielo il presidio di Uolchefit, fino al suo danneggiamento da parte degli aerei inglesi l'8 agosto e la sua distruzione per probabile sabotaggio il 21 settembre.

Il presidio di Uolchefit

Il presidio di Uolchefit, composto da due battaglioni di Camicie Nere al comando del tenente colonnello Mario Gonella invece resistette a oltranza. Alle Camicie Nere si affiancarono due gruppi bande, formate da irregolari indigeni, di cui una era la leggendaria "banda Bastiani" al comando dell'allora sergente maggiore Angelo Bastiani, e l'altra la 1^ banda Amhara al comando del tenente Enrico Calenda. Già dal 17 aprile, a seguito del tradimento di ras Ajaleu Burrù, il presidio fu completamente isolato[4] e il 10 maggio il tenente colonnello Gonella rifiutò una prima richiesta di resa pervenuta dai britannici, così il 28 maggio un duro assalto inglese obbligò gli italiani ad abbandonare le posizioni più avanzate a passo Ciank e Debarech. Il 22 giugno un nuovo contrattacco italiano, effettuato all'arma bianca dalle Camicie Nere e dalla "banda Bastiani", portò alla distruzione del presidio e alla rioccupazione del passo Ciank. Nel corso di questa operazione Angelo Bastiani, in combinazione con gli uomini di Calenda, catturò personalmente ras Ajaleu Burrù. Il comandante inglese Ringrose sfuggì alla cattura nascondendosi in un cespuglio[5]. Informato della cattura di ras Ajaleu Burrù, il generale Nasi ordinò di non fucilarlo. In Italia Achille Beltrame dedicò all'azione una delle sue celebri copertine sulla Domenica del Corriere e Bastiani ottenne la Medaglia d'oro al Valor Militare.
Il 19 luglio il comando inglese, inviò al colonnello Gonella una seconda intimazione di resa, che fu respinta. In agosto il presidio di Uolchefit fu posto sotto assedio anche dalla 12ª divisione al comando del generale Charles Fowkes. Per integrare gli scarsi viveri ci si adattò a procurarseli con scorribande notturne per alcuni giorni, ma il 25 settembre questi furono esauriti completamente. Il 18 e il 25 settembre furono effettuate le ultime due sortite poi il 28 settembre il presidio, dopo 165 giorni di battaglia, si arrese con l'onore delle armi.[6] La resa del presidio di Uolchefit permise agli inglesi di completare l'accerchiamento della ridotta di Gondar e molte truppe furono destinate alla successiva Battaglia di Culqualber.

Il presidio di passo Culqualber

Nel corso degli scontri di Culqualber il Primo Gruppo Mobilitato dei Carabinieri e il CCXL Battaglione Camicie Nere si immolò quasi al completo. Si distinse in particolare il muntaz Unatù Endisciau che rifiutando di arrendersi agli inglesi, in seguito alla capitolazione del ridotto avanzato di Debre Tabor, oltrepassate le linee nemiche raggiunse le linee italiane per portare in salvo il gagliardetto del battaglione. Ferito a morte nell'adempimento della missione, unico soldato di colore, fu decorato con la medaglia d'oro al valor militare. Il 21 novembre 1941, la caduta del presidio di Culqualber spianò definitivamente la strada all'assedio della ridotta di Gondar.

La caduta di Gondar

Il 23 novembre gli inglesi arrivarono sotto Gondar, il cui presidio era sguarnito poiché diversi ascari avevano disertato non avendo più ricevuto la paga. L'unico caccia Fiat CR.42 "Falco" ancora funzionante partì per un'azione sul più vicino campo di aviazione inglese, e il pilota, Ildebrando Malavolta, morì nell'azione. I sudafricani resero onore il giorno seguente lanciando sul campo un messaggio con scritto "Un omaggio al pilota del Fiat; è stato un valoroso - South African Air Force"
Il 27 novembre 1941 iniziò l'attacco finale degli inglesi diretto subito sull'aeroporto di Azozo. Nella mattinata cadde Azozo e le truppe britanniche raggiunsero il castello di Fasilades. Alle 14.30 il generale Guglielmo Nasi inviò in Italia l'ultimo dispaccio: "La brigata di riserva, lanciata sul fronte sud, non è riuscita a contenere l'attacco. Il nemico ha già superato il reticolato e i mezzi blindati sono penetrati in città. Ritengo esaurito ogni mezzo per un'ulteriore resistenza ed invio i parlamentari". Poco dopo il comando italiano di Gondar, locato nella Banca d'Italia, fu preso d'assalto e costretto alla resa. Il 28 novembre deposero le armi gli italiani negli ultimi presidi che ancora resistevano. L'ultima piazzaforte nell'Africa orientale italiana fu completamente conquistata degli inglesi.
L’esercito inglese comcesse ai valorosi sconfitti l’Onore delle Armi , come fece per i valorosi combattenti dell’Amba Alagi ,mesi prima .

Cos’è l’Onore delle Armi ?

L'onore delle armi è un particolare tipo di riconoscimento militare, un onore cavalleresco che si conferisce in ambito militare per rendere ossequio al valore dell'avversario sconfitto.
Al termine di un combattimento o comunque di un conflitto nel quale il soccombente abbia mostrato particolare e leale valore, è regola fra tutte le armate organizzate rendere ossequio a tale valore ed alla lealtà dell'avversario con una cerimonia di alto significato cavalleresco e di vibrante attestazione di stima, appunto detta "onore delle armi".
All'armata sconfitta è consentito di passare in rassegna una rappresentanza dell'esercito vittorioso, schierata nella forma più prestigiosa che le condizioni consentano (in genere la cerimonia è celebrata sul campo di battaglia).
L'armata sconfitta, seppure disarmata, viene inquadrata all'ordine del suo comandante, al quale è temporaneamente lasciata la sciabola, simbolo del comando, e sfila come se fosse stata la vincitrice.
Ha diritto di bandiera, può cioè sfilare con la propria bandiera di guerra impennata, cioè sventolata come d'ordinario e non ammainata né abbrunata.
L'esercito vittorioso, al passaggio del valoroso avversario sconfitto, presenta le armi (esegue il noto comando del "presentat'arm") in segno di rispetto.

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28/11/2012 00:19 #14913 da Francesco
Tango ,amore mio

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