La Villa Melotti a Massaua

 

Le vicende della villa, argomento che non conosciamo in quanto accaduto dopo della nostra partenza da quella Terra, ma importante e quindi non ci esime dal considerarlo e da porlo agli atti del Mai Taclì. Per questo abbiamo scelto come testimonianza di questo assurdo accadimento l’articolo e le immagini del Corriere della Sera scritto, a suo tempo, da Massimo Alberizzi che ci pare circostanziato e ricco di particolari che non conoscevamo. La magione finita nel 1966 è stata demolita nel 2006, ne riparliamo nel 2016 è durata quindi quarant’anni, ne avrebbe oggi cinquanta, mezzo secolo, come passa il tempo!

Ma nelle date ci sono troppi sei, ricordate il 666? Era dunque nata sotto cattivi auspici? Fatto sta che è stata demolita per ordine delle Autorità locali.a

Solo qualche piccola considerazione seppur da profani: ma una volta espropriata non poteva essere trasformata? In albergo, casinò, Comando per l’Ammiragliato, Circolo Ufficiali…? Si trattava pur sempre di un edificio di pregio eseguito con materiali molto costosi.

Passiamo alla valutazione estetica, la villa seppur bellissima rappresenta un campione dell’arte mediterranea, ma il Mar Rosso non è il Mediterraneo; l’avremmo vista meglio con gli archi orientali, sovrastata da palme, vista dal mare ricordava forse più una fortezza che non una residenza, ma ripeto noi non siamo idonei a giudicare un immobile che tra l’altro non c’è più.


La Redazione, feb.’16:

L'Eritrea sfida l'Italia, distrutta la Cyprea

Una delle più belle dimore di tutta l'Africa, in cui si fermarono tra gli altri anche Giulio Andreotti, Giancarlo Pajetta e Oriana Fallaci

 

DAL NOSTRO INVIATO

NAIROBI – Un altro capriccio del dittatore che comanda con pugno di ferro l'Eritrea. Un altro schiaffo all'Italia. Le ruspe dell'esercito hanno raso al suolo una delle più belle dimore di tutta l'Africa, villa Melotti, conosciuta anche come la Cyprea, costruita dall'architetto Luigi Vietti negli anni '60. Uno splendido esempio di architettura mediterranea incastonato sulla costa del Mar Rosso, davanti a uno dei più suggestivi panorami del continente nero, a Massawa, la città portuale eritrea dichiarata dall'Unesco patrimonio dell'umanità. Al suo posto saranno costruite delle villette turistiche e un operatore italiano, Renato Cialona, ha già visitato il promontorio, oggi ormai orfano del suo più bel gioiello.

■Foto: la Cyprea, com'era e com'è dopo la distruzione

L'ambasciata italiana, che aveva saputo in via informale delle intenzioni del dittatore, il 4 marzo aveva inviato il numero due della legazione Ludovico Serra a Massawa con il compito di controllare lo status della villa, confiscata dal governo a Riccardo Melotti, l'ultimo erede della famiglia. Serra era stato immediatamente arrestato dalla polizia eritrea.

Dopo aver passato due notti in guardina, in violazione di tutte le norme che regolano i rapporti diplomatici, e dopo avergli sequestrato l'auto con targa CD, Serra era stato costretto a tornare ad Asmara, la capitale dell'Eritrea a 90 chilometri di distanza, con un autobus di linea. Il diplomatico italiano era stato accusato con arroganza di ingerenza negli affari interni del Paese e dichiarato “persona non grata” con l'obbligo di andarsene in 24 ore.

Un singolare atteggiamento per un Paese che si dice amico dell'Italia. Da tempo circolavano voci che fosse lo stesso presidente Isayas Afeworki a volersi impadronire della villa da usare come residenza marina. Ma, secondo informazioni raccolte dal Corriere nello stesso entourage presidenziale, Isayas sarebbe stato convinto a un ripensamento. Sequestrare una villa del genere, del valore approssimativo di 4 milioni di euro, e impossessarsene sarebbe stata una mossa che l'avrebbe reso ancor più impopolare, sia nel suo Paese dove la gente muore di fame che all'estero dove viene ormai considerato un tiranno incontrollabile. Così, si sussurra per le strade di Asmara, avrebbe deciso di distruggerla, perché nessuno mai più potesse godersela.

Da Asmara chi ha informato il Corriere ha paragonato la distruzione della Cyprea alla furia iconoclasta dei talebani contro i Buddha di Bamiyan, in Afghanistan. Villa Melotti era stata voluta dalla signora Emma, una donna affascinante ed energica arrivata in Eritrea nel 1940 per sposare il suo fidanzato, Luigi Melotti, fondatore della Birreria Melotti. Nel '46 Melotti muore e poco dopo viene ucciso anche il fratello in un'imboscata degli shifta, bande armate pagate dagli inglesi per colpire gli italiani. La famiglia Melotti, come le altre provenienti dal nostro Paese, era impegnata a difendere le posizioni di chi voleva un'Eritrea indipendente, magari dopo qualche anno di protettorato italiano. Londra e Washington invece spingevano per un collegamento organico con l'Etiopia, pur sapendo che le differenze enormi tra i due Paesi - il primo il più industrializzato di tutta l'Africa (dopo il Sudafrica), il secondo ancora in uno stato feudale - avrebbero prima o poi provocato il collasso di un'improbabile federazione.

Alla morte del marito la signora Emma non si piega ai consigli di chi la invita a partire e abbandonare tutto.

Rimane in Eritrea e prende in mano gli affari di famiglia, il liquorificio, la vetreria e la birreria che la rende famosa in tutta l'Africa Orientale. La Birra Melotti viene venduta non solo n Eritrea, ma anche nelle vicine colonie britanniche. La signora accumula una grande fortuna ma ha un sogno: lasciare al suo Paese d'adozione (l'Eritrea che lei sente come la sua nuova patria) qualcosa di importante che possa in qualche modo arricchirlo e si possa conservare nel tempo. Insomma un'opera monumentale. E così chiama sulle rive del Mar Rosso l'architetto più famoso e apprezzato del momento, quello che ha “inventato” la Costa Smeralda, con la villa da favola dell'Agà Khan, che ha impreziosito Cortina d'Ampezzo, costruendo le case di vacanza dei Barilla, dei Borletti, dei Tronchetti Provera, dei Marzotto.

L'alta borghesia italiana negli anni '60 passa tutta dallo studio di Vietti. La signora Emma convince l'architetto a venire a Massawa e lui si innamora del posto. Disegna una delle sue splendide costruzioni: la Cyprea. I lavori cominciano nel 1964 e durano quasi due anni. I materiali vengono tutti portati dall'Italia. Le piastrelle per i pavimenti e i bagni dalla Sardegna, i serramenti e i mobili, disegnati dallo stesso architetto, dalla Brianza. Per abbracciare la vista sul mare Vietti crea tre immense vetrate, 15 metri, inserite in archi a tutto sesto. Per montare i cristalli vengono dall'Italia anche gli operai specializzati. La piscina entra nell'enorme salone, come fosse un prolungamento del mare. Dal giardino della villa ci si può tuffare direttamente nell'acqua cristallina e corallina del Mar Rosso, abitata da coloratissimi pesci tropicali.

In quegli anni passano ospiti illustri: Giulio Andreotti, Giancarlo Pajetta e Oriana Fallaci, che allora, su altri lidi politici, aveva criticato in un articolo lo sfarzo e il lusso di quella residenza (fantasticando, tra l'altro, che gli ospiti facevano il bagno nella piscina riempita con champagne). Poi arriva la guerra civile e nel 1990 Massawa viene conquistata dai guerriglieri indipendentisti. La signora Emma apre le porte della sua Cyprea ai profughi in fuga dai bombardamenti. Nel giardino bivaccano un migliaio di persone e le cantine diventano formidabili rifugi dove trovano accoglienza donne, bambini e i miliziani feriti. Il salone diventa il quartier generale della guerriglia. Sono i ribelli che portano la signora in salvo in Sudan, con un rocambolesco viaggio a dorso di cammello. Isayas Afeworki appare grato e quando prende il potere l'anno dopo dichiara: “Il nome Melotti è ora indissolubilmente legato alla storia dell'Eritrea”.

Il governo eritreo aveva promesso a Riccardo Melotti per l'esproprio un compenso ridicolo, 600 mila dollari.

Lui ha tentato fino all'ultimo di non farsela portare via, ma senza successo: «Sono allibito e depresso – ha spiegato al Corriere – e francamente non mi aspettavo un comportamento così. Con il governo eritreo non c'è dialogo. Sono molto legato a quella terra e la mia famiglia ha sempre simpatizzato con gli indipendentisti. Non meritavamo noi questo trattamento, e non lo meritava la Cyprea». La villa è ormai distrutta e le autorità eritree hanno comunicato con disprezzo che i mobili sono da qualche parte, ammassati in un container, a disposizione del proprietario. Che tristezza.

Massimo A.Alberizzi
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