{fastsocialshare}
Ma neanche loro sono una Nazione
I così detti Paesi in via di sviluppo spesso vengono considerati come Nazioni. Molti di essi hanno subito a lungo la colonizzazione, o peggio il colonialismo delle, allora, Grandi Potenze europee. Il processo di decolonizzazione e quindi l’acquisizione della libertà apparente essendo molte di queste cosiddette nazioni assediate dal neo-colonialismo per lo sfruttamento delle loro risorse naturali, è una conseguenza della Seconda Guerra mondiale che ha stravolto il vecchio ordine politico dettandone uno nuovo. Per forza di cose si sono orientati quindi al Nazionalismo.
Questi paesi spesso sotto la guida di grandi uomini, si pensi ad esempio a Gandhi, hanno dovuto affrontare problemi immediati di difficile soluzione e quasi tutti hanno sperimentato il Socialismo reale di matrice Sovietica o cubana o cinese o nord-coreana, restandone delusi da entrambe le parti.
Ma essendo seppur spesso tribali o molto eterogenei hanno avuto difficoltà ad affermare le loro nazionalità, mentre avrebbero voluto o vogliono farlo, sul modello degli Stati ottocenteschi. Sono così scivolati nel nazional-socialismo che non dovrebbe essere, a priori, una brutta parola: ma la fusione, il compendio tra i principi nazionali ed i valori del Socialismo.
Si sono quindi affermate molte Dittature che nate per la tutela di quei principi, reggono molti di questi Stati.
L’Eritrea non è restata indenne da questo processo ed orgogliosamente ostenta un nazionalismo ormai solo di facciata. Essa infatti è uno Stato sovrano, la forma di Governo: Repubblica Presidenziale dominata da un unico Partito. Ci terrebbe a presentarsi come Nazione ma anch’essa non lo è.
Il Paese contava 2.748.304 abitanti nel 1984 e ne contava 5.580.862 nel 2012 raddoppiati neanche nel giro di trenta anni, i Cristiani circa il 31 per cento e 69 per cento i Musulmani nel 2006 mentre attualmente i Musulmani sono al 50 per cento, 40 i Copti ed il rimanente 10 per cento appartenenti ad altre religioni. Una marcata dualità quindi per la lingua e per la religione.
Indaghiamone i difetti, verificandone le condizioni essenziali per una Nazione, in base alla più bella definizione di questa parola data a suo tempo da nazionalisti italiani al Mondo intero e riepilogati dal Manzoni nella sua ode Marzo 1821: Una d’armi, di lingua, d’altar / Di memorie di sangue di cor.
Una d’armi: Non lo sono più, finito il tempo e l’entusiasmo di uomini e donne che correvano alle armi per contrastare l’invasione etiopica (dell’esercito Galla) ed uscendone vincitori. Tra gli immigrati Eritrei quasi tutti dicono di essere fuggiti dal loro Paese proprio per non essere costretti a fare i militari ed essere in stato di belligeranza costante e continua.
Di lingua: Ormai le lingue ufficiali sono il Tigrino e l’Arabo quindi un paese bilingue dove l’Arabo, a causa della collocazione geografica e dell’importanza dei Paesi limitrofi, acquista sempre maggiore importanza e peso politico nelle decisioni nazionali quali: l’apertura incondizionata ai Paesi Musulmani oltranzisti e la sobillazione ai confini est-sud-est con l’Etiopia.
D’altar: Anche qui due le religioni predominanti, anche se presenti quasi tutte le altre, l’antichissimo Cristianesimo Copto e l’Islam, che come è facile osservare è tendenzialmente aggressivo nel tentativo di cancellare il Credo Cristiano dalle altre terre.
Di memorie: Ma quali memorie, quelle tribali? Quelle Abissine dopo la rottura con l’Etiopia? Quelle islamiche sempre chiuse in se stesse? O la memoria collettiva dovrebbe essere quella di genti amalgamate dal Regno d’Italia quando fuse in un solo Stato i cittadini, con pari diritti e doveri, indipendentemente che fossero Abissini certamente il gruppo più evoluto e discendenti dal Regno di Axum nella sua estensione sino al Uollo, Arabi (Rasciaida, Yemeniti, Dancali), Beni-Amer, Bileni o i più umili e bistrattati Cunama (Barya di ceppo nilotico). Forse da qui che dovrebbero ripartire, dalla fondazione della colonia, comunque quali vinceranno? o vinceranno le spinte etniche o religiose? A scapito della memoria collettiva.
Di sangue: uno dei più impegnati argomenti di studio dei nostri etnologi fu quello di classificare quelle genti quando esse stesse per: le distanze, per i tempi e per il contingente sapevano poco l’uno degli altri. Ceppi separati quindi che conservavano una certa purezza e fisionomie ben individuabili. Questa classificazione la si può trovare, magistralmente riassunta in parecchi mirabili testi: nella Guida Dell’ A.O.I. del Touring Club d’Italia, nel libro di Alberto Pollera “Le popolazioni indigene dell’Eritrea”, nei testi di Carlo Conti Rossini Noi in modo più grossolano ma comunque rispondente al vero diciamo esserci: i semiti anche se di religioni diverse, gli incroci tra semiti e camiti, i camiti. Due razze molto diverse tra loro ed una intermedia. Chiediamo venia per l’approssimazione e per il linguaggio: comunque il sangue non è certamente uno. Qui desideriamo ricordare che alcuni studiosi ritengono che il nome Abissinia, in arabo Al Habashah, derivi dal verbo habashia: mescolò, ad indicare la grande mescolanza dei vari popoli e razze. Fermo restando il concetto precedentemente espresso, noi propendiamo a credere che il nome Abissinia derivi dal nome di una tribù semitica dell’attuale Yemen.
Di cor: possono essere gli stessi i sentimenti e le aspirazioni comuni? Anche in Eritrea ci sarà una parte di consenso, una di forte dissenso. In alcuni prevale la paura del sistema repressivo, in altri il rammarico della separazione dal resto degli Abissini Etiopici, con i quali sì che potrebbero costituire una Nazione, ma che è incerta anche lì dove le armi, abbiamo visto sono in mano ai Galla (oggi hanno proibito persino di chiamarli così, come li chiamavano gli Abissini che li intendevano dei sottoposti, vogliono essere chiamati Oromo, così come si sono sempre chiamati loro stessi e che oggi della popolazione totale sono la maggioranza numerica in Etiopia).
Quindi l’Eritrea è uno Stato attualmente autoritario connotabile verso il socialismo che conserva ancora caratteri nazionali, ma una minaccia costante sono: l’espansionismo etiopico e quello islamico. Altra minaccia, questa volta interna, è l’aspirazione dei giovani alla libertà e alla democrazia. I Regimi hanno tutti carattere temporaneo ma i paesi ed i popoli restano e quindi quale sarà il loro futuro?
C. Barberi, G.E. Belloni. Agosto ’16