Il Bastian contrario
(alle volte ma non sempre)
(alle volte ma non sempre)
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La comunità italiana d’Eritrea era numericamente la più consistente tra le comunità straniere residenti nell’ex colonia. Però era, almeno io credo, anche la più umanamente variegata potendo contare su di una tipologia assortita alla stregua delle merci di un ricco bazar.
C’era il trendy, il dandy, lo snob; c’era il blasé, il parvenu, lo chic; c’era il gagà, il damerino, lo scettico che non era ancora blu ma sempre scettico era. Si poteva incontrare lo stacanovista, l’apatico, l’intellettuale, il ruspante, il genuino e il manierato. E non mancava il cinico, lo spregiudicato, l’arrivista, l’arrampicatore. Allignava l’adulatore, il galante e il misogino.
Trovava buon brodo di cultura anche il furbastro, lo spregiudicato, l’affarista. Fioriva puranco il maldicente, il calunniatore, l’adultero. Vegetava l’agnostico, l’ateo e il massone; circolava il finto aristocratico, l’acquirente di titoli, il venditore di onorificenze fasulle... E l’elenco della fauna italica potrebbe continuare.
Anche in mancanza di parità tra i sessi, pure le donne si presentavano assortite come un banco di frutta e verdura dei mercati generali.
C’era la riservata, la modesta e la pudica; la disinibita, l’esibizionista e la seduttrice. C’era la casalinga, la commerciante e l’imprenditrice; c’era la madre, l’amante e la casta. C’era la ninfomane, la frigida e l’omosessuale; c’era la superficiale, la diffidente e la credulona. C’era la zitella, la ragazza madre e la samaritana. C’era la dolce, la rompiscatole e la lagnosa; c’era la gelosa, la comprensiva e la scambista. C’era la supponente, la pseudo aristocratica e la femminista.
La tipologia femminile è molto più vasta di quella maschile ma, per delicatezza, è meglio non approfondire. Ecco perché in Eritrea, poco dotata dal punto di vista degli svaghi, era impossibile annoiarsi; ci si sentiva ragazzini in visita a uno zoo ben fornito perché questa variegata umanità italica era circoscritta in angusti spazi cittadini e il contatto era pressoché continuo.
Che peccato avere cancellato un simile campionario che arricchiva in modo incomparabile il suolo eritreo che mai più vivrà un simile “rinascimento”, un tale periodo di accrescimento per tutti coloro che venivano in contatto con l’italica comunità instancabile fucina di ogni novità!
Penso che Asmara e Massaua siano, adesso, noiose come le comunità mormoniche dello Utah, che abbiano perso quel sottile fascino che pervade le comunità decadenti che vedono approssimarsi la loro fine ma non rinunciano ai loro rituali, che sperano che ancora una volta il loro mondo riesca a sopravvivere agli eventi con un colpo di coda. Ah! l’Asmara e la Massaua dei miei tempi, degne di rotocalchi popolari, con i loro peccatucci, le loro beghe, le loro avventurette, gli scandalucci, l’immancabile aria piccolo borghese, l’esibito perbenismo e lo smaccato bon ton d’occasione.
Due città che, senza quella inesauribile comunità italiana, hanno perduto il loro fascino, la loro linfa vitale, la loro tipicità, il loro inconfondibile marchio di fabbrica. L’Eritrea senza la comunità italiana stanziale di un tempo - oggi sono rimasti soltanto pochi reperti assimilabili a vecchi graffiti - è un po’ come Novella 2000 priva di amorazzi di vip e vippini, è come Verissimo senza gossip mondano, è come la Vita in Diretta senza quelle stupide interviste a gente che non conta niente e si crede importante, è come il bel mondo senza cocaina: una ammosciatura generale, una delusione che manco un tifoso dell’Inter, una noia talmente profonda da far apprezzare anche Emilio Fede. Asmara è ormai come Cornelia senza i Gracchi, come Schifani senza riporto, come Cecchi Gori senza Fiorentina, come Biscardi senza capelli al crodino!
Angra
(Mai Taclì N. 2 - 2004)
(Mai Taclì N. 2 - 2004)