Il Bastian contrario

(alle volte ma non sempre)


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Ti ricordo Asmara quando eri ancora  la  “mia”.  Appollaiata lassù a duemilaquattrocento metri come il recondito nido di un falco. Eri dolce e leggera come una meringata, eri l’Asmara “da mordere”, da degustare con i ritmi lenti e umani che ti connotavano, eri la città multirazziale esempio di convivenza. Eri, chissà adesso?

Ti ricordo Decameré quando eri ancora la “mia”. Con l’aria pulita sempre rinnovata dal tuo amico vento, ordinata ed operosa come una massaia, città di belle ragazze semplici e aggraziate: la Torino d’Eritrea con le tue mille officine, industriosa e inventiva. Eri, chissà adesso?

Ti ricordo Massaua quando eri ancora la “mia”. Tutta di bianco vestita, pronta alle nozze con il tuo mare glauco. Il chiasso delle tue notti, il via vai di vacanzieri, gli snelli sambuchi e i rombanti motoscafi. Città dall’umido calore appiccicaticcio, dall’odore di salsedine e di pesce, dall’aria trapanata dalle sirene delle navi. Eri, chissà adesso?

Ti ricordo Agordat quando eri ancora la “mia”. Distesa nella savana dai colori ocra sotto un sole caldo e asciutto o il vento che sembrava uscire da un asciugacapelli. Sembravi una lucertola appisolata, mentre gli sparuti greggi e gli indolenti cammelli percorrevano le aride piste. Paradiso di cacciatori allettati dalle tue abbondanti prede. Eri, chissà adesso?

Ti ricordo Keren quando eri ancora la “mia”. I tuoi giardini fioriti, il tuo clima mite come un pio bove. Città meta di innamorati, di viaggi di nozze a buon prezzo, di anziani in cerca di ristoro. Porta del bassopiano e ultima oasi prima del fatidico viaggio, accogliente e paciosa con le tue botteghe artigiane. Eri, chissà adesso?

i ricordo Dongollo quando eri ancora la “mia”. Tappa obbligata per degustare il tuo caldo pane appena sfornato all’ombra degli slanciati eucalipti. Quattro chiacchiere tra amici e quattro risate pensando ai giorni di vacanza nella Perla del Mar Rosso. Un rifornimento di energie prima di affrontare Sabarguma “la piana dei miraggi”. Eri, chissà adesso?

Ti ricordo Adi Ugri quando eri ancora la “mia”. Quando tornavo a casa dopo una breve visita, avevo ancora in bocca il sapore delle tue fragole deliziose. Eri nascosta nel verde, modesta come una bella contadinella, ospitale come le braccia di un amico, grata della visita che rompeva la monotonia dei giorni sempre uguali. Eri, chissà adesso?


Ti ricordo Assab quando eri ancora la “mia”: calda e inospitale, arida e spazzata dal sabbioso monsone. L’ostico porto ancora in costruzione e l’elettricità che andava e veniva a casaccio come le idee dei politici. Isolata e lontana; qualche nave di piccola cabotaggio, qualche vecchio Dakota, un cinema all’aperto e nulla più. Eri, chissà adesso?

Ti ricordo Eritrea, ti ricordo com’eri tanti anni fa; chissà come sei adesso?


Angra

(Mai Taclì N. 3 - 2004)