Cari italiani vi scrivo
Sono Gheresghier, bastian contrario di turno.
Noi italiani vi vantate di aver fatto in Eritrea un sacco di cose: dagli acquedotti alle centrali elettriche, dalle strade alla teleferica e alla ferrovia, dalle industrie alle aziende agricole, dai telefoni al telegrafo e, inoltre, intere città dotate di tutti i servizi….
Bene. Io voglio rinfacciarvi un sacco di cose che non avete fatto: non avete aperto filiali della LIPU e del WWF perché voi gli animali invece di proteggerli li cacciavate; non avete fondato una sede di LEGA AMBIENTE per proteggere l’habitat locale e non avete istituito un ente come ERITREA NOSTRA per tutelare i monumenti e le bellezze architettoniche del mio Paese...
Non avete attrezzato un natante sul tipo della GOLETTA VERDE per assegnare le bandiere alle spiagge eritree in modo da incoraggiare i turisti e non avete fatto nulla per difendere i prodotti locali ed ottenere, per esempio, il marchio DOC per gli zaituni di Elaberet. Non avete realizzato la quarta corsia sull’Asmara-Massaua e non avete neppure aperti i cantieri per l’alta velocità sulla tratta Asmara-Tessenei. Non avete neanche completato il progetto per il ponte Massaua-Isola Verde e avete completamente ignorato le isole pedonali nelle città asfissiate dal traffico.
Potrei continuare incolpandovi,, non accusandovi, di avere trascurato la possibilità di trasformare il Mai Belà in fiume navigabile percorso da bateaux mouche per mostrare le bellezze di Asmara e dintorni e di non avere nemmeno tentato di innevare artificialmente l’Amba Galliano per consentire agli eritrei di imparare a sciare…
Non prendetevela a male; io volevo soltanto pareggiare il conto tra quello che avete fatto e quello che NON avete fatto per liberarmi dal complesso “debitorio” nei vostri confronti. Non è facile per un eritreo guardarsi intorno e dover dire: questo lo hanno fatto gli italiani, quest’altro lo hanno fatto gli italiani e quest’altro ancora lo hanno fatto gli italiani…. Specialmente gli eritrei che vivono in Asmara sono consci di vivere in una città “italiana”. Tutto, dalle fogne ai palazzi, dalle strade ai giardini, dai mercati ai campi sportivi è stato costruito dagli italiani. E per me è come incontrrare ogni mattina un creditore che mi ricorda il mio debito.
Avevate la possibilità di trasformare la Dahlak Kebir in un paradiso turistico più bello di Sharm el Sheik con un acquario come quello di Genova, avreste potuto pensare a una funivia per raggiungere il Bizen dotato di ristorante panoramico… invece ci avete lasciati in braghe di tela e adesso dovremo farci tutto da soli.
Avevo proprio bisogno di questo sfogo, e adesso mi sento meglio!
(Tramite Angra)
(Mai Taclì N. 3 - 2003)