Paragoni del tutto gratuiti… …Però.....
Ho fatto recentemente un breve e interessante viaggio in Senegal. Era la prima volta che visitavo un paese dell’Africa occidentale di cui avevo conoscenze superficiali attraverso reportage giornalistici o seguendo le vivaci vicende politiche della regione. Ovvio che è stato subito raffronto spontaneo e scontato con l’Africa orientale, la mia Africa per intenderci, naturalmente con specifico riferimento all’Eritrea. Beh, ne ho tratto conclusioni per me sorprendenti e tutto sommato molto positive per il mio orgoglio di italiano nato in Eritrea. Premetto che le mie conclusioni sono del tutto superficiali, epidermiche, il che non può essere altrimenti sia per la breve permanenza nel paese visitato, sia per la scarsa conoscenza della storia, costumi, situazioni presenti o passate che ho del Senegal e, non ultimo, un certo campanilismo. Dico subito che il mio raffronto non si riferisce al paesaggio, alla flora, alla fauna o al clima, cose in cui i due Paesi possono distinguersi o somigliarsi a seconda dei luoghi visitati, per me sempre e comunque affascinanti, africani. No, qui vorrei tentare di confrontare l’eredità lasciata da 150 anni di colonizzazione francese in Senegal e i 70 anni di colonizzazione italiana in Eritrea.
Non so da dove cominciare. Già circolando per le strade della capitale senegalese, Dakar, ho notato una città sconclusionata, sporca, caotica con qualche bell’edificio d’epoca; vi sono discariche e fogne maleodoranti a cielo aperto da per tutto e quindi spontaneo è il paragone con la paciosa eleganza della Beneamata (sapete di chi parlo). A confortare le mie impressioni al mio ritorno trovo l’articolo di mr. Lacey pubblicato sull’ultimo Mai Taclì in cui si parla in termini elogiativi dell’architettura e dell’urbanistica asmarina. Mi dicono che attualmente Dakar sia una città molto vivace intellettualmente e io lo credo e lo spero, ma questo esula dalle mie possibilità di riscontro. Esco dal groviglio Dakar e su strade sconnesse (le vecchie strade eritree al paragone sono autostrade) attraverso cittadine e villaggi circondati da onnipresenti cumuli di immondizia, agglomerati costruiti senza alcun ordine, sconclusionati. Solo Saint Louis, l’antica capitale dell’Africa occidentale francese e primo storico insediamento di una consistente comunità metropolitana ha una struttura razionale e dignitosa, ma certo non regge al ricordo, che so io, di una Massaua anni 50 o di altre cittadine eritree, per non parlare della Beneamata. Insomma, sotto questo aspetto l’Eritrea vince nettamente ai punti. Sorvolo colla qualità della culinaria locale che, anche se sono di bocca buona e poco esigente, giudico poco soddisfacente; perché l’argomento potrebbe non essere pertinente a questo mio scritto.
Durante il viaggio visitiamo una scuola di un distretto rurale; la costruzione, devo dire, è dignitosa e pulita; molto cordiale è l’accoglienza. Il maestro locale con molta professionalità e in buon francese (almeno credo) ci illustra alla lavagna i 15 o 16 passaggi che portano l’alunno dalle elementari all’Università. Lo schema della progressione scolastica è basata su quello francese. Fin qui un nulla di male; quello che è inconcepibile e mostruoso è che non viene contemplato alcuno spazio alla lingua, il wolof, e alla cultura locale. Tutto esclusivamente francese! A mio giudizio un delitto. Scrissi tempo fa col Mai Taclì di avere un certo rammarico per la scarsa penetrazione culturale italiana nei nostri ex-territori coloniali e per questo fui bonariamente rimbrottato da Vigili, il poeta di Mai Taclì.
Bene, vedendo quello che è successo in Senegal ove la cultura locale è stata spazzata via da un’altra di importazione, alla faccia della Negritudine e di Sengor suo profeta, sono contento di come sono andate le cose nelle nostre parti ove la storia, le leggi, l’ordinamento civile, la Cultura sono scritti in tigrignà e declamati in tigrignà.
Fortunatamente il wolof è rimasta la lingua di relazione tra i senegalesi e l’allegria, la simpatia, la spontaneità del popolo senegalese sono rimaste senegalaesi, il che fa ben sperare nonostante il paese sia una parodia della Francia o per meglio dire un’occulta colonia francese.
Nulla posso dire sull’organizzazione sanitaria, sociale o quant’altro, non ho le necessarie conoscenze per giudicare.
Tirando le somme, ho avuto la sensazione che i 50 anni italiani siano stati più proficui dei 150 francesi. Ripeto, sono solo sensazioni basate su poche e superficiali osservazioni, non corroborate da dati precisi come sarebbe opportuno disporre prima di giungere a conclusioni e dare giudizi. Però.......
Nello Frosini
(Mai Taclì N. 2-2004)