Amico Africano
Vedo che sei vestito un po’ meglio ma lavori come hanno lavorato i tuoi Avi per millenni, ari cioè la terra con i buoi che trascinano una punta. Ma il tuo volto appare corrucciato, l’espressione infelice e ti posso capire. Sono anch’io della tua terra, abbiamo parlato le stesse lingue, ci conoscevamo a fondo.
Ti vedo perplesso, la terra è dura, le siccità ricorrenti, le sementi scarse e di cattiva qualità non puoi godere di nessuna assistenza e allora ti viene la voglia di mollare tutto salire su un autocarro, imbarcarti su un barcone e tentare di raggiungere l’Europa; sai che molti l’hanno già fatto.
Ma non è tutto. Presto ti diranno che il tuo Governo ha venduto la terra, dell’intera vallata, senza dirvi niente, alle Multinazionali Cerealicole o ai Cinesi, che verrà costruita a monte una grande diga, che i tuoi metodi saranno superati, la siccità sconfitta, ma che te ne dovrai andare in nome del progresso. Tutto regolare, tutto sancito per legge, tutto per il bene del Paese.
Allora ti consiglieranno, anche per il tuo bene, di salire su un autocarro, imbarcarti su un barcone e tentare di raggiungere l’Europa perché non vorrai di certo ritornare schiavo dove eri padrone! Tu già ci pensavi e così ti decidi, vendi i buoi e le tue scorte al mercato, per pagarti il viaggio; ti daranno un telefonino quale primo assaggio di progresso, in realtà ti legheranno ad un guinzaglio elettronico, una serie di numeri che potrai chiamare in caso di bisogno e per assisterti e partirai senza più nulla, ma con grandi speranze.
Caro Amico Africano, quando sarai in Europa ti renderai subito conto di non essere gradito, non saprai cosa fare perché qui non si ara con i buoi e che ti attendono fredde notti che passerai nelle stazioni ferroviarie e pasti forniti dalla Caritas. L’unica consolazione che ti resta: sarà il telefonino.
Non saprai con chi prendertela: il Re d’Italia, il suo Capo di Governo, i suoi Generali, non ci sono più, tutti morti da oltre settanta anni; da allora credevi di essere libero! Non potrai che avere contatti con i poveri, con gli emarginati, che troverai in Europa, o con la Polizia o la Malavita. Sempre che ti sia andata bene, perché potresti aver trovato, invece, la pace sul fondo del Mediterraneo.
Una vecchia canzone un po’ stupida e “naif” recitava: Bongo, bongo, bongo stare bene solo a Congo//non mi muovo no, no! // Bingo, bongo, bango, bengo, molte scuse ma non vengo// non mi muovo no, no! //non buono sigarette, scarpe strette, treni, tassi //ma con questa sveglia al collo stare bene qui!
L’ingenuità popolare, il ragionamento semplice, la conoscenza delle usanze e dei costumi suggerivano, con questa canzoncina, già da oltre mezzo secolo, di non fare passi falsi. Allora mi dirai: Amico che cosa devo fare? Tu che adesso sei vecchio, che te ne abbiamo fatte passare di tutti i colori, che cosa mi consigli? Ed anch’io, impotente e con profonda tristezza ti dico: “…non lo so! …”
Feb. ’16. Cristoforo Barberi.