Carcere di Nakura

 

"Gentili signori seguo le vicende dell’Eritrea dal 2001 quando sono stato inviato in missione ad Asmara nell’ambito della Missione Onu Etiopia Eritrea denominata UNMEE. Come contingente dell’Aeronautica Militare Italiana ci occupammo di stabilire in ponte aereo con Addis Abeba, aerofotogrammetria dei confini e MEDEVAC evacuazione medica degli eventuali feriti fra gli osservatori ONU.
Fino a quel momento la mia ignoranza sull’Eritrea in particolare e sul colonialismo in generale, era gloriosa.
Mai studiato nulla, mai saputo nulla. Tuttavia fin dal mio primo atterraggio in Asmara ho sentito immediatamente nell’aria qualcosa difficile da descrivere ma estremamente stimolante. Tanto stimolante che per tutta la durata della missione non ho fatto altro che girare il paese fin dove mi era consentito e passare pomeggi di studio presso la mitica biblioteca di Fratel Ezio.
Al mio ritorno in Italia ho cominciato ad ampliare il mio campo di ricerca attraverso internet scoprendo immediatamente che esisteva una diffusissima cultura anti eritrea che era peraltro basata su notizie che non trovavano alcuna conferma con quanto avevo potuto vedese e sentire con i miei occhi.
Ero indignato e volevo far qualcosa per controbilanciare tanta ignoranza e ho dato vita a due siti web dedicati.

Pochi mesi dopo ho sposato mia moglie Hiwet conosciuta in Asmara e impegnata come tantissimi altri giovani nel National Service, e da allora abbiamo continuato a recarci in Eritrea almeno per due mesi all’anno.
Ho seguito con moltissimo interesse anche Mai Tacli e in qualche rara circostanza ho offerto il mio modesto contributo tanto che i miei due siti web Eritrea Eritrea e Ferrovia Eritrea ancora figurano nei link suggeriti da Mai Tacli.

Ovviamente gli orientamenti dei nostri siti sono diversi ma anche complementari; voi vi ritrovate a rivivere le vostre esperienze personali con arricchimenti reciproci fatti di racconti e aneddoti, io mi occupo di colmare l’enorme lacuna costituita dal periodo del grande esodo degli italiani alla metà degli anni settanta all’indipendenza dell’Eritrea.
Questo per arrivare alla vostra gentile richiesta di collaborazione che accetto in maniera incondizionata nella misura in cui voi vorrete condurla. Per il momento posso ribadire che tutto il materiale pubblicato sui miei siti web è liberamente riproducibile con la formula “Creative Commons” i cui termini sono indicati nella home page del sito.

Il riferimento storico all’Isola prigione di Nakura proviene da un testo di storia delle scuole superiori eritree che ho recentemente tradotto dall’inglese in italiano ad uso dei giovani eritrei nati in Italia o di chiunque fosse interessato.
Lo ripropongo qui di seguito a vostro uso.

• L’isola di Nakura fa parte delle Dahlak. Gli italiani la scelsero per farne una prigione a causa del fatto che era remota e isolata. Durante l'occupazione italiana la prigione Nakura era un segno di atrocità coloniali e di oppressione. In questa isola solitaria e desolata furono detenuti patrioti che si opposero o furono sospettati di opporsi alla colonizzazione italiana, e molti di loro morirono in condizioni miserabili.

• Fu in queste circostanze che ebbe luogo il notevole episodio dell’evasione da Nakura. Questo incidente avvenne il 17 novembre 1899. A quel tempo c'erano 27 guardie, due comandanti italiani, e circa 119 detenuti sull'isola. Quel giorno furono inviati 12 prigionieri con 6 guardie a prendere l'acqua da un pozzo. Al pozzo i prigionieri disarmarono le loro guardie uccidendo uno degli ufficiali italiani e prendendo gli altri in ostaggio. In seguito fecero irruzione nella prigione e liberarono 107 prigionieri, poi portarono gli italiani catturati, sei guardie eritree e i 107 prigionieri alla penisola di Bure.

• Uno degli eritrei fuggiti da Nakura fu Ali Mohammed Osman Buri. Osman era un Afar che è stato imprigionato per la sua opposizione agli italiani. Ali giocò un ruolo chiave nella fuga, ed era conosciuto come 'yagali Nakura,' cioè Distruttore di Nakura. Altri ribelli di spicco coinvolti nell'operazione furono Degiat Mahray e Bilata Ghebre'ezgiabher Gilamariam."

Cordiali saluti

Stefano PETTINI