Storia del Giornalismo nel Corno d’Africa
Di Enrico Mania
(Foto di Antioco Lusci)
Alcune testate della stampa in Eritrea.1937 –
Le testate della stampa coloniale in A.O.I.
Nel febbraio del 1906 nacque la Federazione tra le Associazioni Giornalistiche Italiane. Altro ieri, insomma. Così, senza i paludamenti di circostanza, si è ricordata una ricorrenza alquanto significativa: il primo Centenario della Federazione unitaria della Stampa Italiana. Riconosciamolo: se ne è parlato e scritto molto poco.
Tuttavia, dopo il primo volume della nuova collana “me-mo-ri”, curato da Franco Siddi, segretario della FINSI, “La conquista della libertà” (con prefazione di Arrigo Levi), rientra l’opera commemorativa dei cento anni dell’unione federale di tutte le Associazione stampa regionali di Giancarlo Tartaglia, direttore generale della FNSI.
Tartaglia ha scritto così “La Storia” della stessa Federazione Nazionale della Stampa e del Contratto di lavoro giornalistico.
Ma vorrei aggiungere che è giunto il momento di proporre un altro titolo, questa volta mio. È la “Storia del giornalismo nel corno d’Africa”.
Nella mia storia io cerco di focalizzare l’interesse sulle iniziative per far nascere i primi periodici, dove il corpo di spedizione italiano sbarca a Massaua il 5 febbraio 1885, al comando del col. Tancredi Saletta, con un’attrezzatura tipografica destinata a diffondere i proclami, i comunicati alla popolazione del lugo e far giungere alle truppe italiane di occupazione l’informazione di base. In pochi anni si giunge a tre settimanali, a polemiche ed episodi marginali. Ovviamente, con tirature risibili.
Massaua, la “Perla del Mar Rosso” (così venne definita in un tocco di presunto orgoglio neocoloniale), di cui si preconizzava per il porto del Mar Rosso un avvenire turistico da fiaba.
E l’obbligo, comunque, affrontare il tema e scrivere del passato. La mia “Storia”, comincia proprio verso la fine del diciottesimo secolo, in anni in cui la suggestione dell’effetto domino contagia le varie correnti e nascono i primi tre settimanali che vengono stampati a Massaua e distribuiti nei pochi quartieri della città: Ras Mudur, Taulud, Edaga Berai, Gherar, Otumlo, Moncullo, Archico e Gurgussum.
Quando Ferdinando Martini decide di spostare la capitale della Colonia ad Asmara, anche le industrie tipografiche seguono l’esempio.
Nel 1923 Massaua e le zone circostanti vennero distrutte da un terremoto. La città fu ricostruita secondo i canoni dell’architettura araba conosciuti nella regione, ma aggiungendovi qualche tocco fantasioso dell’ingegneria italica.
Massaua 1923 - Le conseguenze del terremoto avvenuto, pare certo,
nel maggio del 1921 e di cui si sono del tutto perse le tracce storiche.
A quei tempi ancora non erano stati eseguiti lavori di ristrutturazione
che cominciarono appunto nel 1923.
A noi però, interessano i giornali e più precisamente i tre settimanali che erano pubblicati: il “Corriere Eritreo”, L’Eritreo” e “L’Africa Italiana”. Ovviamente si trattava di testate indipendenti o presunte tali. Mentre il governo pubblicava sin dal 15 luglio 1892, il “Bollettino ufficiale della Colonia Eritrea”.
Questo, grosso modo, il primo impasto dei giornali pubblicati nella Colonia Eritrea. Naturalmente ci sono iniziative successive, come ad esempio, i primi periodici religiosi:
Il primo quotidiano, non ancora di una consistenza di notizie e di servizi locali ma anche del mondo si registrava, dopo sette anni di “Notiziario Telegrafico Quotidiano”.
Il 2 luglio del 1928 appariva il N. 1 de “Il Quotidiano Eritreo”. Una testata che poi ritroveremo, dopo una serie di peripezie e di nuove pubblicazioni, fra cui quelle della trasformazione del giornale, e cioè “Eritrea Nuova”, “Corriere Eritreo”. Quelle successive, di sapore britannico dal 1 aprile 1941, “L’Informazione” e poi del giornale bilingue “Eritrean Dayly News”, per riapparire, come portavoce della B.A.E. (British Administration of Eritrea) e dei governi successivi (dell’Eritrea federata all’Etiopia e del Ministero delle informazioni etiopico) fino al febbraio 1975, momento in cui era subentrata la rivoluzione di Menghistù.
Le trasformazioni che poi si notano nell’Eritrea Nuova” e nel “Corriere Eritreo” sono rilevanti sia per la scelta del direttore (fra l’una e l’altra testata c’era un abisso; alla prima versione del giornale fu il giornalista Mario Appelius, della seconda versione, Vanni Teodorani, cioè il suo opposto, focoso il primo e moderato il secondo) e i tempi da affrontare.
Ho voluto ricordare il percorso sostenuto dalla testata base, alla quale ho dedicato qualche decennio di attività giornalistica. L’incontro con il mio libro, ad ogni modo, dovrebbe avvenire prima della fine dell’anno centenario.
È un lavoro condiviso da Antonio Lucci, che definisco ancora “mio fotoreporter”. Come lo era all’Asmara, d’altronde, dove era subentrato nell’impegno alla morte del padre Ambrogio. Gli scatti riservati a questo volume sono veramente tanti.
Enrico Mania