Ho pianto
E’ vero, ieri sera ho pianto nel leggere l’articolo di Antonio Lazzarini comparso sul Mai Taclì N° 1 2017, fresco di stampa.
Un articolo che descrive, con dovizia di particolari, un avvenimento assai triste nella storia della nostra patria e nel cuore di ogni ex asmarino, (di ogni italiano direi meglio). Mi sono rivista in quel mattino del 1° aprile 1941
La mamma col mio fratellino in braccio mi teneva per mano e io a mia volta stringevo la piccola mano della sorellina Wania, avevi poco più di otto anni, eri smarrita e chiusa in un silenzio assoluto, aspettavi da me una spiegazione, da me che a soli dodici anni già sentivo un peso che non comprendevo. Ci unimmo al gruppo dei nostri vicini di casa, insieme per sentirci protetti e confortati, era questo l’intento del gruppo?
Lo penso ora, all’epoca ero solo smarrita e ignara. Gli adulti parlavano fra loro, io afferravo qualche parola: è finita…che ne sarà di noi,(altre parole di cui non capivo il significato, né il riferimento, come tradimento fuga, incapacità, ma di chi?)
Ai miei tempi non era permesso fare domande (scomode dico io) ai grandi, agli adulti tanto per intenderci.
Ricordi qualcosa, Lulù, di quel triste giorno? Eravamo senz’altro in stato confusionale quando abbiamo cominciato a sentire il suono delle cornamuse, lo stridore del cingolato sull’asfalto e il frastuono di passi cadenzati, qualche urlo, forse erano comandi alla truppa che vittoriosa calpestava le nostre strade infatti qualcuno dalla piccola altura dove passavano (e passano ancora) i binari della ferrovia, riportava a noi che più in basso non volevamo vedere e mai avremmo voluto.. lo scenario della parata militare britannica:
In testa gli scozzesi in kilt che davano fiato allo strumento in dotazione con il costume nazionale a ciascun militare scozzese facendo risuonare nell’aria il concerto delle cornamuse, il cingolato procedeva lentamente col seguito a piedi della truppa, i neozelandesi con le caratteristiche barbe rossicce, la truppa di colore, i vessilli innalzati… Arrivò presto l’eco degli spari provenienti dalla città, io percepii solo alcune parole per me incomprensibili come sempre: parole inconsuete nel lessico familiare.
I ricordi si accavallano ma un ricordo è nitido e chiaro: il bel volto di mia madre bagnato di lacrime le labbra serrate e tremanti come la mano che stringeva la mia un’ espressione che non avevo mai visto sul volto di mia madre che mai aveva pianto in pubblico! In tutti questi anni mi sono fatta mille domande, la risposta una sola:<homo homini lupus>.
Marisa Masini de’ Bonetti