Armeni d’Etiopia: una Comunità esemplare.

 

PRIMA PARTE


E’ vissuta in Etiopia una Comunità di Armeni, ed in parte sopravvive anche se con pochi ed anziani componenti, insediatasi i primi anni del secolo scorso, in quella Regione; ma soprattutto in Addis Abeba, caratterizzando la Capitale con le sue conoscenze e la sua operosità.
Cercherò quindi di descriverne la vita principalmente dalla conoscenza e dai ricordi personali oltre che dalla verifica di alcuni dati certi. Un modestissimo tributo agli Armeni, alla loro correttezza, discrezione, perché mai sorsero all’onore delle cronache e mai si esposero in politica, sebbene il loro contributo al consolidamento ed all’iniziale progresso dell’Impero Abissino fu, come vedrete, fondamentale.


Si parla di presenza di Armeni in Etiopia sin dal primo secolo d.C., ma onestamente mi pare improbabile, dato che solo nel terzo secolo d.C. questa Regione viene cristianizzata così come l’Armenia. Mentre è provato che Matteo Armeno era parte della delegazione che la vedova reggente Elena di Abissinia aveva inviato a Roma ed in Portogallo, nel sedicesimo secolo, per perorare la causa di aiuti per contrastare l’invasione islamica dell’epoca.
Ma la Comunità cresce ed acquista importanza a partire dai primi anni del novecento con cinquanta individui integrati da Menelik, che si dice li avesse marchiati a fuoco, voglio sperare che sia una legenda, che man mano aumentarono a causa degli eccidi che i Turchi compivano, all’epoca, ai loro danni sino a provocare l’esodo quasi totale di queste genti da quell’Impero.


Menelik fece un gesto umanitario così come la Francia che ne integrò molti di più e l’Italia, in parte, dato che Comunità Armene si insediarono a Roma Milano e soprattutto a Venezia. Ma Menelik ne trasse anche un grande vantaggio impiegando gli Armeni nel progresso e sviluppo del suo nuovo Impero, riconoscendone le notevoli capacità, dando loro cittadinanza e diritto di proprietà. Hailé Sellasie lo seguirà sullo stesso percorso.


armeni1Una delle cause che favorì l’insediamento armeno ed il pieno riconoscimento di tutti i diritti d’Etiopici, oltre alla lungimiranza di Menelik, è stata l’affinità religiosa: la Chiesa Copta Abissina e quella Apostolica Armena sono appartengono entrambe alla Comunione Orientale Ortodossa. Gli Armeni costruirono in Addis Abeba la loro propria chiesa ed il primo parroco fu il Rev.Hovhannes Guevherian e la loro scuola, istituzioni che ancora sopravvivono.


La Comunità Armena, terza per consistenza dopo quella Italiana e Greca, mantenne sempre le sue caratteristiche e sebbene privilegiata, non cedette ad una totale integrazione. Troppo forti i loro legami, troppo sentito il senso della famiglia, troppo segnati dal loro passato, ma mai rassegnati a dover sparire così come qualcuno aveva vergognosamente sperato!


I primi decenni del novecento mentre l’apporto italiano si esplicava soprattutto negli aiuti militari e topografici ed alle esplorazioni in favore dell’Impero ormai “Etiopico” quello greco prevalentemente al commercio; gli Armeni Etiopici si dedicarono all’astronomia, all’urbanistica, alle costruzioni, alla musica, alla fotografia oltra che all’artigianato di qualità ed al commercio ponendone così delle basi solide e moderne. Tra loro alcune persone furono dei fari che aiutarono la Regione ad uscire dalla notte dei tempi.
Tra le figure di spicco alle quali si devono ascrivere veri e propri primati, ricordiamo:


Krikor Howyan, Ingegnere Capo della Capitale, costruttore di alcuni ponti, del primo albergo, della scuola armena e fu promotore della “Ararat Associazione Sportiva”. Astronomo, in contatto con la “Società Astronomica di Francia”, istituì un osservatorio astronomico presso il Ghebbì. Alla sua morte avvenuta nel 1945, lasciò parte delle sue sostanze alla Comunità e per la costituzione della nuova Armenia.


Minas Kherbekian, urbanista e costruttore, noto agli Etiopici come Betrafas Minas, cioè” Minas che frantuma le case” per il riordino che fece per ricostruire nuovi e più importanti edifici. A lui si deve quello che ancora resta di costruzioni, anche a più piani, eseguite con concezioni armene.

 

Si tratta di edifici con strutture elastiche in legno di eucalipto, pareti in fango e paglia ma intonacate e rifinite secondo i migliori canoni moderni. Edifici elastici e leggeri che mescolavano tecnologia e stile armeno, abissino ed italiano, purtroppo sottovalutate dalla cementificazione che è seguita, gran parte di questa architettura è andata persa. Dopo la costruzione di un ponte della solidità del quale Menelik ebbe a chiedere quale incosciente vi avrebbe per primo transitato, il costruttore rispose che sarebbe stato lui stesso alla guida del primo rullo compressore, che gli Abissini chiamavano “sarkis babur (cioè la macchina di Sarkis)” che operava in paese e così fece.


Sarkis Terzian primo grande commerciante aveva importato lui stesso il rullo di cui sopra. Dei Terzian di seconda generazione ricordo poi un medico e farmacista responsabile della Farmacia Lion, per molti anni l’unica della capitale, a tutte le richieste sanitarie doveva trovar rimedio, e quasi sempre lo trovava, dinamico intelligente godeva fama di stregone ma che per l’epoca ed i luoghi non era offensivo.


Hovhanes Devietan e Latifian della precedente generazione furono rispettivamente medico e farmacista di fiducia del giovane imperatore Hailè Sellasie.
Haig Patapan, storico dell’Etiopia e delle relazioni tra Armeni ed Etiopici, il cui testo principale è stato pubblicato nel 1930 a cura della Comunità Armena dell’isola di S. Lazzaro di Venezia, ha anche tradotto in armeno ed in amarico parte dell’opera di Nietzsche.
Bedros Boyadjian, e per tre generazioni successive, furono coloro che introdussero la fotografia e furono i fotografi ufficiali dei nuovi imperatori. A loro si devono le prime immagini di valore documentale e storico.


Kevork Nalbandian e gli “Arba Lijoch (I Quaranta Ragazzi)” costituirono la prima orchestra-banda dell’Impero. armeni2Importarono i primi strumenti musicali di ottone, dove erano conosciuti solo quelli in legno e corda o legno e pelle per le percussioni, ed i canoni internazionali della musica. Si trattava di un maestro e dei suoi quaranta allievi e orchestrali che l’allora principe Ras Tafari aveva incontrato ed apprezzato in Palestina. Il futuro Hailè Sellasie infatti durante un pellegrinaggio in Terra Santa visitò anche il Monastero Armeno di Gerusalemme dove i musici erano ospitati, informatosi della loro storia, si trattava di orfani profughi vittime delle persecuzioni turche, decise di adottarli.
Al ritorno del suo viaggio (1924), dove aveva avuto conferma delle grandi affinità religiose tra i due popoli e ottenuto il consenso del patriarca Turian, di detto monastero, portò il Maestro ed i suoi musici, ad Addis Abeba.


Al maestro Nalbbadian ed ai suoi musici si devono: l’Inno Nazionale o “Marsh Teferi” che tale restò tale, dal 1930 al 1974, le esecuzioni musicali pubbliche e ufficiali, la creazione della scuola di musica e il perdurare di alcuni stili. Ras Tafari incoronato Imperatore proprio nel 1930, durante il corteo ufficiale per le strade della capitale si fermò e tributò omaggio alla Comunità Armena in quello che era il loro maggior quartiere a nord del ponte Maconnen; dove invece Lij Jassu effettuava le sue scorribande notturne per insidiarne le donne.


SECONDA PARTE

 

Personalmente ho avuto modo di frequentare e conoscere la Comunità Armena in quanto in qualità di geometra ho costruito una palazzina per i signori Israelian ed una villa per il Dr. Terzian di cui sopra accennato. Ho visto che queste famiglie vivevano come le nostre piccolo borghesi della seconda metà dell’ottocento, idealisti e tradizionalisti avevano il culto di alti valori ormai d’altri tempi. Nelle loro case arredate in stile barocco, per quanto il Paese lo permettesse, il luogo privilegiato era il salotto dove il divano era riservato ai genitori e sulla parete campeggiava sempre il ritratto dei nonni. Prendere il caffè, tutti insieme, fatto similmente a quello “alla turca”, era un rito nei momenti di pausa o di festa. Il ricordo della Patria lontana, seppur ridotta dalla tracotanza turca, non li ha mai abbandonati la coesione con le loro istituzioni mai venuta meno.


I signori Israelian, due fratelli, la mamma e le relative famiglie, erano dirigenti ed amministratori della locale sede della ditta Seferian, grande azienda di importazioni ed esportazioni in campo commerciale e fiduciari di grandi aziende a livello mondiale tra cui la Volkswagen e con uffici esteri tra cui quello di Milano, fondata essa stessa da un Armeno. Persone alle quali vorrei estendere il mio saluto, la mia riconoscenza per la fiducia concessami quando ero poco più che ventenne, per l’amicizia intercorsa.


Raccontavano un aneddoto non so se vero o auto ironico che: presi dalla nostalgia di ritornare in Patria, nonostante fosse l’Armenia una repubblica parte dell’Unione Sovietica e solo una piccola parte della grande Armenia storica, alcuni giovani armeni la raggiunsero con l’impegno di riferire agli altri come lì si stesse, se era ipotizzabile un ritorno di massa o non convenisse effettuarlo.


Il problema era come comunicare il loro parere sapendo della ferrea censura che i Sovietici praticavano, dei loro sistemi scientifici di controllo, che certo non avrebbero permesso di parlarne male. Ma i giovani, anche se i Russi erano furbi, erano Armeni e come tali tutt’altro che fessi! dissero alla loro partenza che avrebbero mandato una foto che li ritraeva durante un “picnic”: se erano ritratti in piedi tutto andava bene, se ritratti seduti significava invece la loro insoddisfazione.
La Comunità attese con ansia questo messaggio ma presto la foto arrivò: i giovani sì mangiavano e bevevano in compagnia, ma erano tutti sdraiati per terra! Da quel momento più nessuno partì! Oggi ci auguriamo che le cose vadano meglio e che l’Armenia resti un riferimento e costituisca una certezza per gli eredi di quei due milioni di loro avi che furono brutalmente costretti ad abbandonarla.
Ho visto, allora, foto orribili di sofferenza e di morte inflitte a questo Popolo non si sa perché e nella totale indifferenza degli altri e nella inutile presenza della Società delle Nazioni. Sofferenze e morte patite con dignità senza farne del vittimismo esibizionista ma che oggi sono emerse da sole grazie allo sviluppo tecnologico della comunicazione di massa.


La storia degli Armeni d’Etiopia: cinquanta portati da Menelik, un maggior numero imprecisato giunto nel 1915 con l’aggravarsi delle persecuzioni, il gruppo dei Quaranta Ragazzi portati da Ras Tafari nel 1924, raggiunsero oltre duemila unità e furono duemila ottocento nel 1935, ridotti attualmente a circa cento anziani. La storia, dicevo viene ritrattata oggi dagli storici etiopi Bahru Zewde, Mesfi Kebede e Marcuz Haile, da Richard Pankhurst. Il regista e produttore cinematografico Aramazt Kalayjian sta realizzando un film-documento di quanto abbiamo trattato che ha già riscosso il plauso e l’apprezzamento di molti che avrà per titolo:” Tezeta: gli Armeni Etiopi”.


Noi però che conosciamo quei luoghi e quelle genti non abbiamo bisogno di nessuno storico che ci documenti la fine di quella Comunità nel 1975, espropriata e costretta a lasciare come fosse ritornata straniera tra gli stranieri finì male. I rappresentanti del Popolo Armeno che tanto patirono alla caduta dell’Impero ottomano di Maometto IV sono ritornati a patire alla caduta dell’Impero di Hailé Sellasie. Le nuove leve non hanno avuto né giustizia né riconoscenza forse molti non sapevano nemmeno dell’iniziale apporto di tecnologia e di progresso, che sì, è stato oscurato da quanto altro è stato fatto dagli Italiani, ma che quanto fecero gli Armeni in campo civile lo fecero molto tempo prima.


Segnaliamo, infine, l’esistenza di una Associazione di Amicizia Italo Armena ed al suo sito “Zatik” alla quale la Nostra esprime solidarietà e simpatia (nel senso etimologico del termine) ed alla quale invieremo copia di queste considerazioni, per il valore che possono avere s’intende! E seguendo le mode (che però noi cerchiamo di non fare) verrebbe da dire: “Siamo tutti Armeni” e quasi-quasi mi firmerei Barberian ma per rispetto non lo faccio!


armeni3Cribar, 05. ’15