Borogobel
Quante belle cose ci rammentano l’Eritrea; innumerevoli i ricordi, nella stragrande maggioranza belli e struggenti, pochi (ne sono sicuro) quelli meno belli, ma che comunque fanno parte del nostro patrimonio di vita. Ce n’è uno, poi, veramente singolare, difficile da definire: comico?, simpatico?, imbarazzante? Tut
te e tre le cose. Il suo semplice riaffiorare alla memoria mi mette sempre di buon umore e mi dispone sempre a tenera simpatia per gli Eritrei.
Ma che sarà mai questo ricordo? Ve lo dico? Ma sì che ve lo dico: sto parlando del borogobel. Dovreste ricordarlo. Tutti noi, asmarini doc, l’abbiamo sperimentato e a volte... subito. Borogobel, una parola che in tigrino dovrebbe corrispondere al nostro “alla faccia tua!” (io direi anche “vaffanculo!” n.d.d.) parola che è inscindibilmente legata al “taratit”, il pernacchio. (quello, per intendersi, di De Filippo nell’”Oro di Napoli” - n.d.d.)
L’Eritreo. lo sappiamo, è gentile, educato, riservato, ma guai a provocarlo con un pernacchio. Istintivamente, un miliardesimo di secondo dopo la vostra emissione sonora, vi arriva una sleppa altrettanto sonora, accompagnata da uno squillante BOROGOBEL! Attenzione a non spernacchiare Gherenchiel quando sta portando, che so io, un vassoio con su prezioso vasellame; vola via tutto e vi arriva la spleppa con contorno.
Varie volte mi sono chiesto il perché di questo comportamento. Forse reminiscenze pitagoriche (sappiamo che Pitagora proibiva ai suoi adepti di nutrirsi con fagioli (e soprattutto le fave, n.d.d.) perché sospettava che tali, diciamo così, vanagloriosi legumi favorissero la fuga dell’anima, povera anima), ovvero un troppo raffinato senso estetico che mal sopporta udire certi rumori (un po’ stiracchiata questa ipotesi vero?, anche se il detto “taratit mengheddé”, fatevelo tradurre, potrebbe avvalorare questa tesi), o, che so io, ci sarà qualche altra spiegazione di cui non so rendervi conto.
Prima di buttar giù queste quattro righe ho fatto un giro telefonico con gli amici di sempre interrogandoli sull’argomento ed è stato un giro di buon umore; tutti, divertiti, hanno ricordato e ognuno ha riferito la sua esperienza in merito.
“Paese che vai usanze che trovi” recita il proverbio e questa comica, simpatica, imbarazzante, chiamiamola così, usanza eritrea fa parte integrante del nostro Indimenticabile.
E se a qualcuno l’argomento non è piaciuto: BOROGOBEL!
Nello Frosini
(Mai Taclì N. 2-2005)