L’ISOLA DI ISTRATU
Il canale fra il lago interno e il mare aperto.
Istratu è una delle più vaste, dopo Dahlak Keriba, Norah, Daeleg e Harat, con una superficie più o meno equivalente a quella di Harmil. A forma che ricorda un 8, con uno stretto istmo al centro, è orientata da nord-ovest a sud-ovest, e dista da Massaua circa 60 miglia verso nord-est. Ha una lunghezza di circa 9 chilometri.
A differenza di quasi tutte le altre isole dell’arcipelago, generalmente piatte, presenta una superficie collinosa che le conferisce un profilo caratteristico e inconfondibile, specialmente per chi vi si diriga da Tanan e Wusta, vale a dire da occidente. In determinate condizioni di luce, a distanza, si ha quasi l’impressione di una catena montana. Invece la sua massima elevazione raggiunge appena la modesta quota di m. 30,80, come accuratamente precisa la pubblicazione dell’Ammiragliato britannico “Red Sea and Gulf of Aden Pilot”. Ciò basta, comunque, a farne la più elevata delle Dahlak, a parte naturalmente le vette di Dissei e di Hawakil, o il pianoro di Baka, isole però che all’arcipelago non appartengono.
All’estremità meridionale si trova Ras Haral, con un segnale a piramide. Altri segnali in muratura sorgono all’estremità orientale e su una collina nella costa occidentale. Come in tutto questo settore del Mar Rosso, a Istratu predominano i venti del nord, in genere più forti di giorno che di notte. Le correnti, come informa la citata opera inglese, volgono a sud con la marea crescente e a nord con quella calante.
Peculiarità dell’isola è un lago interno di forse 800 metri di diametro, collegato al mare da un canale lungo circa un chilometro, il cui imbocco esterno non è accessibile - anche ad alta marea - nemmeno a scialuppe di minimo pescaggio o a gommoni, a causa di una soglia madreporica larga più di 200 metri. Poco a sud dall’imboccatura del canale si trovano le opere murarie di una batteria italiana da costa, con una cisterna.
Il geologo e naturalista Arturo Issel, che approdò a Istratu il 18 maggio 1870, nel suo libro “Viaggio nel Mar Rosso e tra i Bogos” ci ha lasciato un’interessante (e finora unica) descrizione del lago e del canale: “Passata un’altra altura, che mi sembrava la via, entrai in un ameno bacino circondato da colli verdeggianti, nel cui fondo luccicava un piccolo lago di acqua salsa comunicante col mare per mezzo di un canale, le cui rive erano dappertutto assiepate di foltissime rizofore, dalle foglie color verde cupo, con le ramose radici sommerse. Il canale si direbbe, per la sua regolarità, scavato dall’uomo, anziché opera della natura. Infatti ha direzione quasi rettilinea ed ampiezza costante di 20-30 metri per un tratto di forse mezzo chilometro. Avendolo percorso tutto a nuoto, vi trovai una profondità variabile, non mai però minore di un metro per cui sarebbe facilmente accessibile alle barche. Penetrai anche nel lago interno, il cui fondo è coperto da un tappeto di alghe; ma non mi arrischiai ad allontanarmi dalla riva per timore degli squali. Vi erano in gran copia grandi pesci e piccoli che facevano per ogni dove ribollire l’acqua guizzando e bellissimi testacei (segnatamente cipree e strombi) di cui raccolsi numerosi esemplari.”
Ci sembra di vederlo, il ventottenne geologo, che senza maschera, senza pinne e senza fucile, senza muta, armato solo di un coltello si tuffava nei fondali alla ricerca di conchiglie da catalogare. Unico appoggio il sambuco col suo equipaggio, perché altri europei non v’erano e tutta la spedizione consisteva nella persona di Arturo Issel. Condizione ben diversa da quelle in cui ci troviamo oggi a scorrazzare per le isole, forniti di ogni comodità; ed equipaggiamento solo il coltello che farebbe inorridire e indurrebbe alla rinuncia anche il più esperto di noi, subacquei moderni muniti di attrezzature che ad Issel sarebbero parse - se allora fosse esistito il vocabolo - cose da fantascienza.
Deserta di uomini, non essendovi acqua dolce (anche se talvolta vi soggiornano per brevi periodi abitanti di Norah e di Harat), Istratu è popolata da una grande quantità di uccelli, che il nostro naturalista non mancò di osservare: “..... miriadi d’uccelli acquatici, specialmente gabbiani, sterne, ardee, pellicani… Non in frotta con gli altri ma solitari, vi erano pure parecchi individui di “Ardea Galiath”, enormi uccelli, sopra di color bigio, sotto d’un bal castagno, col collo lunghissimo, bianco macchiato di nero e colla testa coperta superiormente di lunghe piume casstagne e fulve”.
Nella sua breve permanenza a Istratu, l’Issel non ebbe tuttavia occasione di vedere le sule “Sula fosca”, grandi volatili dal lungo becco, che nidificano fra le rocce più impervie. Attorno a questi nidi, che poi si riducono ad una cavità fra i sassi, vagano in perenne agguato i gabbiani, pronti a gettarsi sulle uova o sui nidiacei implumi. Talché le coppie di sule, maschio e femmina, sono costrette a una vigilanza incessante, che viene svolta in modo alternato, con regolari cambi di guardia. Uno resta al nido e l’altro va a sgranchirsi le ali e a procurarsi il cibo. I pulcini, prima di essere idonei al volo, raggiungono le dimensioni di una gallina, e sono ricoperti di un piumaggio candido e soffice, destinato a scomparire con la muta.
Altro abitante di Istratu sarebbe un demonio, uno “seitàn”, di cui Issel raccolse la leggenda; “.... suol comparire sotto forme diverse e spaventose. Guai al temerario che ardisse affrontarne la vista, massimamente dopo il tramonto! Invano pregai il “nachuda” di definirmi un po’ meglio la natura di codesto essere misterioso che gli ispirava tanto terrore; non volle dir di più e ricusò del pari di accompagnarmi nella mia escursione”. La leggenda, come più volte abbiamo constatato, è tutt’ora fra i marinai della costa delle isole.
Le coste di Istratu sono in gran parte rocciose, ma non mancano insenature sabbiose, ottime per campeggio. Splendida una profonda rientranza, col fondo cinto di mangravie, davanti a Wusta.
I fondali sono meravigliosi per ricchezza di colori e di formazioni coralline, e ricchissimi di pesce. Fra le specie di maggiori dimensioni predominano le cernie, e – in maggior misura - i barracuda, i sauri e le riccole. Frequenti anche gli squali, di cui abbiamo più volte incontrato notevoli esemplari delle varietà “toro” e “tigre”.
Di particolare interesse è un “reef” antistante la costa occidentale, dove dopo la barriera degli 8 metri, il fondale degrada lentamente per una cinquantina di metri, fra formazioni madreporiche morte. Quindi si raggiunge una profondità costante di 10-12 metri, abbastanza ricca di coralli vivi, con pesce stanziali non abbondanti, mentre quelli di passo (barracuda ecc.) vi si trovano molto numerosi. In questo settore è assai redditizia anche la pesca a traino. Nel vasto bassofondo madreporico davanti a Ras Haral abbondano i dentici e i sauri.
Una permanenza di qualche giorno a Istratu, adeguatamente appoggiata al binomio campeggio-natante, è esperienza di grande interesse, per le caratteristiche ed i peculiari aspetti dell’isola, che vanno oltre il campo della pesca.
Carlo Franchini
(da “Quaderni di Studi Etiopici Asmara 1981 - N. 2)
(Mia Taclì N. 4-1982)