Il Francesco Crispi ha appena attraccato alla banchina Regina Elena di Massaua è il 24 Dicembre 1939 -065
Tutto il giorno lo trascorremmo passeggiando su e giù per la nave, guardando il mare che si era fatto calmo come una tavola; spesso i delfini saltavano davanti alla prua della nave come a volerle indicare la rotta da seguire, alcuni pesci, alcuni pesci si vedevano volare per lunghi tratti fuori dal mare quasi a voler fuggire al mostro di acciaio che invadeva il loro mondo tinto di un blu intenso. Il Francesco Crispi navigava sul Mar Rosso lasciando dietro di sé una lunga scia bianca puntando dritto verso la nostra destinazione: “Massaua”, ogni tanto gettavamo lo sguardo lontano all’orizzonte alla nostra destra cercando di scorgere qualche segno della costa africana, ancora però ne eravamo lontani. Arrivò così il momento del tramonto del sole, l’immenso disco di fuoco sembrava si fosse gonfiato a dismisura tanto da voler esplodere da un momento all’altro, cominciò a scendere velocemente sull’orizzonte per essere improvvisamente inghiottito dal mare, rimase il suo chiarore nel cielo dapprima bianco, poi rosa, poi arancione ed in fine rosso fuoco intenso che si spense nell’oscurità più assoluta lasciando il posto a miliardi di stelle che coprivano l’intera volta celeste. Adesso la costellazione della Croce del Sud appariva in tutto il suo splendore in mezzo al luminoso chiarore della Via Lattea. Descrivere questo cielo? Ma come? E’ quasi impossibile! Solo vivendolo si può restare lì in silenzio con gli occhi spalancati e riflettere quanto misero sia l’uomo di fronte all’immensità dell’Universo che lo circonda. Ciò dovrebbe far riflettere noi umani che che viviamo in questo granello di sabbia dell’Universo che è la Terra e che ci affanniamo a combattere l’un l’altro per un potere di prestigio, di ricchezza, o di predominio autodistruggendoci stupidamente. E’ proprio vero, “l’uomo sulla terra ha la stessa funzione delle termiti per il legno la sta lentamente distruggendo e non se ne rende conto.” Dopo un’affrettata cena scendemmo subito in cuccetta. L’arrivo a Massaua era previsto per l’indomani mattina e mamma doveva preparare le valigie lasciando fuori solo il necessario per vestirci e prepararci per lo sbarco, ci coricammo con il pensiero fisso all’indomani, avremmo riabbracciato papà dopo circa due anni di separazione, saremmo sbarcati in Africa in una terra che i miei zii e cugini mi avevano descritto popolata di selvaggi e di bestie feroci, come potevo mai dormire con questi pensieri, eppure ad un certo punto chiusi gli occhi e mi addormentai, forse avrò sognato chissà quali avventure, ma sono passati così tanti anni e non so cosa pagherei per ricordarmi. Di certo non dormimmo molto perché l’indomani, 24 dicembre 1939, mamma mi svegliò che albeggiava appena, era la vigilia del S. Natale ma era tale l’emozione che non pensammo a questo evento, guardammo fuori dall’oblò della cabina, si vedeva a malapena un leggero chiarore; appena vestiti e sistemate le ultime cose da mettere in valigia, salimmo subito in coperta, la prima cosa che notammo fu il faro dell’isolotto di Difnei che avevamo appena superato lasciandolo alla nostra sinistra, il Francesco Crispi era entrato nel canale a nord di Massaua, la nave sembrava tutta assonnata,si sentiva solo il rumore dei motori e i flutti delle onde che sbattevano contro le fiancate della nave, in cielo ancora brillava qualche stella alla pallida luce dell’alba che che a oriente adesso andava assumendo un colore azzurro intenso, alcuni gabbiani e qualche pellicano volavano attorno alla nave. Nel frattempo il chiarore dell’alba ad oriente cominciava ad illuminare la costa dell’Eritrea all’altezza di Mersa-Gulgub; il grande disco del sole che come rapidamente era scomparso la sera prima, così rapidamente era riapparso in uno sfolgorio di luci e di colori passando dal rosso all’arancione, al giallo, al verde, al bianco abbagliante, stavamo navigando adesso tra la costa eritrea a destra e la lunga isoletta di Harat sulla sinistra della nave, una delle oltre trecento isole che compongono il vasto arcipelago delle isole Dahlak quasi tutte di origine madreporica, tranne due o tre che sono di origine vulcanica. Il sole ancora basso a oriente si allungava sul mare fino quasi a lambire la fiancata del Francesco Crispi come a volerlo accarezzare, di tanto in tanto si incontrava qualche “sambuco” con la sua vela al vento seguito da presso dalle sue “hury”. Fatta rapidamente la colazione ritornammo subito fuori; questa volta a destra della nave già si distingueva vicinissima la costa dell’eritrea, era brulla, di un colore rossastro che veniva esaltato ancora di più dai raggi del sole ancora basso all’orizzonte.. Saranno state le 9,30 locali che già il Francesco Crispi doppiava la punta di Ras- Harb dove ha inizio la chilometrica spiaggia che tutti gli eritrei conoscono come Gurgussum, adesso la nave aveva ridotto la sua velocità, si cominciavano a distinguere perfettamente le prime bianche costruzioni del complesso di Massaua, cioè quelle della piccola penisola di Abd-el-cader la quale si trova, appunto, a nord dell’isola di Massaua superata la quale il Francesco Crispi fermò le macchine proprio davanti all’imboccatura del porto di Massaua, in attesa del pilota che l’avrebbe guidato all’attracco della banchina Regina Elena. Il porto era pieno di navi di ogni tipo, bananiere provenienti o dirette a Mogadiscio, piroscafi diretti in Estremo Oriente fino al lontano Giappone ed all’Australia, nela zona militare del seno di Gherar vi erano anche alcune navi da guerra e qualche sommergibile, una nave era sollevata all’interno del bacino di carenaggio per riparazioni. In lontananza al di là del seno di Taulud si notavano le bianche montagnole delle saline di Massaua, esso era talmente pregiato che veniva esportato fino in Giappone; l’interno del seno medesimo di Taulud, era ravvivato da decine di sambuchi arabi dipinti con fantasie di colori vivaci che richiamarono alla mia mente le coloratissime scene dei miei cari carretti siciliani. Mentre con mamma ammiravamo con stupore l’esotico panorama di Massaua con le sue bellissime costruzioni arabe e turche, dal pontile si era staccata la pilotina che giunse poco dopo sottobordo del Francesco Crispi e sulla scaletta, che nel frattempo era stata abbassata, salirono il pilota che avrebbe guidato all’attracco della banchina Regina Elena il Francesco Crispi , l’ufficiale sanitario che si sarebbe assicurato delle condizioni di salute dei passeggeri e altri funzionari. Ricordo ancora le parole di mamma :”beh, andiamo a vedere chi è salito a bordo”. Ci avviammo così alla scaletta che portava al ponte inferiore della nave. Io che precedevo mamma non feci a tempo a scendere l’ultimo scalino che udii una voce che chiamava :”Sara”…Papà era salito a bordo e ci veniva incontro; quasi non lo riconoscevo vestito tutto di bianco con pantaloncini e calzettoni bianchi…gli corsi incontro, fu un abbraccio indimenticabile di tutti e tre, finalmente la famiglia era riunita. Come era suo solito, papà era riuscito ad ottenere il permesso dalla capitaneria di Massaua per andare incontro al Francesco Crispi sulla pilotina: fu il primo ad abbracciare i suoi cari.
(continua)
Carlo Di salvo