ERA UNA VOLTA IL 2004.....
Riccione, Raduno di perle
E io c’ero? Ma certo che si!, anche se nessuno mi ha vista perché invisibile. Da bambina Lemlem, la balia della mia mamma, mi ha raccontato delle Decchì Hedertinà, le fate della notte, le bellissime fate che nelle nostre notti africane si lasciano trasportare dal vento, evanescenti, appena percettibili i colori pallidi e sfumati dei veli che le fasciano, che le anticipano e le seguono nell’aria tiepida e profumata di spezie; strapieno di stelle il cielo vicino e generoso offre loro paillettes per adornare i lunghissimi capelli che volano mischiati ai veli….. Ecco, ho chiesto proprio a loro, meravigliose compagne delle mie notti di bambina, un passaggio per Riccione; oh! Non le ho trovate nel cielo di Roma, tra i mille colori al neon delle infinite pubblicità, delle vetrine, dei lampioni stradali, i fanali abbaglianti di centinaia di macchine in movimento… no, non potrebbero volare, lo smog le ucciderebbe dopo averle sporcate, appesantiti i veli cadrebbero come pellicani raggiunti dalla scarica di piombo di “coraggiosi” cacciatori. Le ho chiamate con il pensiero e con loro sono arrivata al “Raduno di Perle” .
Mi ero fatta un vestito luccicante di paillettes nella speranza che Sergio – “il nostro cantore dell’amore” – così lo definisce, a ragione, Gianfranco Spadoni, mi invitasse a ballare (sempre dopo la Cicci, certo) e mi donasse un mazzo di fiori (sempre dopo quello bellissimo offerto a Laura, l’elegante sposa del signordirettore), e quindi stregare tutti con i bagliori dei miei lustrini salendo sul palco per ringraziare quando anche io (grazie Gianfranco) sono stata nominata…. Poi… chi comanda per noi – si dice che l’uomo propone e… chi di competenza dispone senza appello – non mi ha dato il nullaosta per poter partecipare; così mi sono rivolta alle Decchì Hedertinà. Sono qui dunque, invisibile e silenziosa come loro, quassù nel buio del soffitto, leggera e svolazzante tra i loro veli, tra i loro capelli splendenti di stelle….. si, c’è qualcuno che inconsciamente alza la faccia verso di noi, forse ha sentito un fruscio, forse ha respirato il profumo delle acacie e di zingibil e di ginepri e di eucalipti e d’incenso e di caffè appena tostato? Forse ha percepito un alito di vento, un soffio tiepido che per un attimo, come una lievissima vertigine, un turbamento, lo fa smarrire in una sensazione meravigliosa di cose felici anche se tanto lontane….Forse.
Le fate della notte seguitano a fluttuare instancabili mentre io mi metto in osservazione; vedo vedo vedo…. Il signor direttore (Cesare, permettimi di usare questa parola da te introdotta nelle nostre colonne e che mi piace tanto!) commosso e impossibilitato a scappare come forse o come certo ( lo dice chi lo conosce bene!) vorrebbe fare, asolta, a lume di candela, dapprima gli auguri cantati e suonati e poi accetta la sequela di regali che gli vengono porti e Gianfranco Spadoni, distinto in abito scuro, capelli…(ma ci sono? Se si sono bianchi: di quassù non si distingue bene), illustra tutto con esuberanza come fosse da sempre il suo mestiere. Abbassa il tono quando chiede un minuto di silenzio per tutti i nostri caduti in Eritrea, per lavoro o per guerra, bianchi o neri, e io penso a Tellà e a Teclé, gli ascari che hanno accompagnato la mia fanciullezza, sopravvissuti ad Adua, certo, ma gravemente feriti, ancora volonterosi di lavorare, di essere utili. La tromba che suona il silenzio fa venire i brividi. E una grandissima tristezza per tutti coloro che in questi trenta anni se ne sono andati senza ritorno.
E Gianfranco fa anche spettacolo al momento di tirare fuori….(fino ad ora nascosti) Luana e Pippo Maugeri! Che, dopo tante feste da parte di tutti, si mettono a “lavorare” ! Ed è il signordirettore, logico, ad aprire le danze. Da quassù vedo vedo… che le teste degli uomini sono bianche o lucide come specchi, che la maggior parte è in blu; che le signore non hanno capelli bianchi, le donne non imbiancano mai! E sono vestite a come mi pare: corto, lungo (pochissime). Pantaloni, anche jeans (eh Wania?) indossati con bellissime casacche di seta, o gonne… mi sembra, dall’alto eh? di vedere anche qualche mini! Mi piacerebbe fare una cronaca accurata con tanto di critiche e lodi come mi capitava nei primi anni sessanta per il Giornale dell’Eritrea ma… non sono in una posizione comoda per osservare….Vedo invece la faticaccia che sta facendo Wania al tavolo delle vendite di libri e cose varie e biglietti della lotteria e… una fatica iniziata tanti giorni fa per organizzare tutto, fatica divisa con Tonino Lingria e Sergio Bono e Roberto Acquadro e Sergio Vigili. Vorrei ancora… ma dobbiamo andare, le mie accompagnatrici devono essere in Eritrea prima dell’alba e, anche se per loro la distanza è solo un soffio, occorre passare da Roma per lasciare me.
Marisa Baratti
Eh… ma allora c’eri davvero!!!! (n.d.r.)
(Mai Taclì N. 5 - 2004)