Centro Sociale Pavoniano di Asmara
Marco Manca, chi è?
È un uomo con occhiali, un viso sempre sorridente che ispira simpatia.
Dalla natia Salò ammirava il Garda e le Retiche, tre anni fa arriva in Eritrea e vede il laghetto di Sembel e l’ambetta di Godaif. Il giorno 8 dicembre, l’eparca di Asmara Mons. Meheretab Tefamariam presenziando la consegna dei diplomi del corso di legatoria, ha usato un gioco di parole sul cognome di fratel Marco, ne seguo la scia.
Manca in lingua tigrina significa cucchiaio. Arrivato qui gli hanno assegnato la sua cella e lui si è fatto dare anche uno stanzone, dove ha messo in pratica la ricetta. Ingredienti: ragazzi di buona volontà, passione q.b. Esecuzione: con una cucchiaiata ha preso una dozzina di ragazzi, per la maggior parte orfani, ed essendo piccoletto, a cucchiaini a cucchiaini ha messo su l’attrezzatura per la legatoria. La cottura è stata laboriosa, ha dovuto conciliare la frequenza nella mattinata e nel pomeriggio dei ragazzi alla scuola di stato, per avere uno spazio per le sue lezioni, con il suo italo-lombardo alla fine ha sfornato cinque ragazze e quattro ragazzi, validi al lavoro di legatoria, tempo di cottura due anni, il ricettario, è composto dalle dispense per i tre anni. Ma non finisce qui, come il biscotto, anche questa ricetta sarà ripresa tra non molto per il terzo anno di cottura. Il Cucchiaio, cioè Fratel Manca prepara anche un Dizionario di legatoria, presentato in questa occasione. Direte, cosa c’è di eccezionale?, solo una sciocchezza, è un dizionario bilingue, italiano e tigrino di 422 pagine. In un mese ottiene l’autorizzazione dal CARP (Cultural Assets Rehabilitation Projet). Lo stampa la tipografia di Stato SABUR.
Questo dizionario arricchisce di termini italiani la lingua zigrina. Sono traslati ben oltre seicento vocaboli dalla A di abacà (fibra tessile) alle Z di zoppa. Ci sono 20 tavole fuori testo. A questo proposito sarebbe interessante una ricerca di quanti vocaboli dell’italiano sono ormai parte integrante del tigrino degli eritrei, alcuni alla lettera, come banana, altri adattati alla pronuncia, come bani (pane).
Padre Agostino dei Pavoniani ha presentato Fr. Marco, il signor Zemeret Johannes, alto funzionario, ha avuto parole di elogio e più volte ha evidenziato il factotum Fr. Ezio, da me chiamato il topo di biblioteca per tutta la passione che mette e nella direzione della stessa e nella ricerca di tutto quanto si è scritto e si scrive sull’Eritrea. Padre Twoldé Beiené, superiore dei cappuccini di qui, ha fatto notare che anche quest’opera aiuta all’ecumenismo con gli ortodossi. Il Cucchiaio alla fine, emozionantissimo, ha ringraziato ed invitato la signora Laura Pignatelli alla consegna di alcuni doni ai ragazzi del corso. Il primo ha avuto un telaio per poter iniziare il mestiere.
Termino con un appello ai responsabili della Cultura eritrea: L’Eritrea, unico paese africano, aveva la Biblioteca pubblica Governativa iniziata nel 1892 a Massaua, il governatore Salvago Raggi nel 1907 le diede una sistemazione definitiva nel Parco del Governatore. All’inizio della Federazione i volumi erano oltre diecimila, ordinati, classificati e schedati in 96.000 e più schede. C’erano edizioni rare, bibliografie pregevoli. Conteneva la storia politica, militare, economica, dall’agricoltura al commercio, dalle ricerche antropologiche agli usi e costumi, dalle leggi coloniali a quelle consuetudinarie, dallo studio geologico a quello faunistico, dell’Eritrea in primo luogo e dei paesi confinanti. Conteneva tutte le pubblicazioni dei quotidiani, ai periodici e riviste stampate in Asmara fino al giorno dello sfratto e con lo sfratto, avvenuto durante l’occupazione etiopica, iniziano le “perdite”. La Biblioteca delle Scuole Statali Italiane, quelle del Liceo-Ginnasio “Ferdinando Martini”, dell’Istituto Magistrale, dell’Istituto Tecnico “Bottego”, del Tribunale Civile e Penale di Asmara, della Scuola di Giurisprudenza, della Società Italiana di Medicina e Igiene Tropicale, dell’Ospedale Regina Elena, dell’Ospedale 78, dell’Ospedale Umberto I di Massaua, dell’Istituto Siero Vaccinogeno Zooprofilattico, dei Reali Carabinieri, della PAI, della GIL, della Casa del Fascio, del Dipartimento dell’Agricoltura, dell’AMAO, della Casa dell’Operaio ed altre, aggiungevano ai 10.000 ancora 15.000 volumi e qualche migliaio di riviste.
Tutto questo valido e unico tesoro di carta stampata è stato asportato con arraffa arraffa e portato fuori del Paese; se qualcosa ancora rimane si dia l’incarico di togliere dall’abbandono in qualche scantinato, si cerchi dai rivenditori di libri usati e s’impedisca l’uscita dal territorio con un controllo nei container e si premi i neo rilegatori dando loro lavoro. La stessa cosa dovrebbero fare i monasteri che hanno prezioni libri sacri da rimettere a nuovo.
Si dice che “una casa senza libri è come un corpo senza anima”.: evitiamo la dispersione di quanto rimane dell’anima antica di questo Paese.
Pippo Cinnirella
(Mai Taclì N. 2-2005)