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Amico Africano (Due)
Dopo aver corso gravi rischi e infinite peripezie dopo aver abbandonato, come abbiamo visto, il tuo Paese sei giunto in Italia. I riti vodù che ti hanno praticato e le benedizioni rituali di mamma e zie hanno avuto il loro effetto. Fin qui ci sei arrivato: trasbordato dal barcone sulla nave dei Volontari e da qui su una nave della Marina Italiana sei sbarcato a terra già in divisa, semplice essenziale ma uguale per tutti.
In questi passaggi sei stato trattato con umanità, hai avuto qualche primo controllo sanitario tanta comprensione e quindi non riesci a capire, una volta sbarcato, perché anziché di andare libero sei stato recluso dentro un Centro d’Accoglienza. Ti sono state prese le impronte digitali e ti hanno identificato nonostante tu fossi senza documenti e potevi declinare le generalità che volevi. E qui le cose incominciavano a non piacerti più: orari rigidi, rancio ordinario, promiscuità, omologazione. A tutto questo non eri abituato quando con il tuo bue aravi libero il tuo pezzo di terra. Ti sei chiesto: è questo il Paese delle Libertà? Ed hai perso anche i beni maggiori che ti restavano: la serenità ed il sorriso.
Ma i tuoi compagni, possiamo confermare di sventura, ti hanno fatto notare un buco nella rete della recinzione dal quale, qualora lo avessi deciso, potevi fuggire, raggiungere una prima Stazione ferroviaria salire su un treno e partire; quel varco non sarebbe mai stato chiuso. Ma tu non avevi un soldo; ti dissero allora che sempre nelle Stazioni avresti potuto pernottare più o meno al caldo, che nessuno ti avrebbe chiesto biglietti o pagamenti perché il colore della tua pelle parlava per te e che, per il vitto, c’erano le mense della Caritas. Insomma nessun rischio per poter iniziare l’avventura.
Ti hanno però raccomandato di prendere sempre e solo la direzione verso Nord, sempre a Nord, dove si dice che latte e miele scorrano nella strade e le fontane versino vino o cioccolata, ragazze procaci sorridono e smorfieggiano proprio come per anni avevi visto in televisione. E giustamente tu lo hai fatto.
Sei arrivato in una grande città del Nord ed hai subito notato le enormi difficoltà per trovare lavoro, casa, un po’ meno per il cibo del quale ce n’è grandi quantità e tu sei parco. Ma le fontane non versavano acqua e né vino o cioccolata, ma almeno ti consentono di lavarti e nelle strade non scorreva latte e miele ma bidoni e cumuli di spazzatura. Ma ti rassicura il fatto che alcune forze politiche ed i ragazzi dei Centri Sociali sono, a parole; dalla tua parte e si fanno paladini dei tuoi diritti. Nessuno però ti ha parlato di doveri, falsando così le tue percezioni e deviando il tuo comportamento.
Giunto in città non trovando altre soluzioni, come tutti gli emigranti ti sei rivolto ai tuoi paesani che avendo trovato le tue stesse difficoltà si erano ormai organizzati: avevano i loro Capi, le loro regole, le loro attività. Ti proposero quindi di presidiare l’ingresso di un Supermercato, chiedere l’elemosina o recuperare l’euro del carrello realizzando cinquanta o sessanta euro di cui un decimo costituiva la tua retribuzione giornaliera. Ti hanno sostituito il vecchio telefonino fornendoti di uno smartphone e delle cuffiette per ingannare i lunghi tempi d’attesa. Dovevi essere presente par dieci ore al giorno ti era consentita una pausa pranzo e qualche giorno di riposo.
Senza saperlo sei diventato un piccolo soldato di mafia, perché quando una organizzazione presidia il territorio, ricoprendo sistematicamente vaste aree, si dipende da Capi che ti proteggono ma ti sfruttano, è “mafia” e nessuno lo sa meglio di noi Italiani che la Mafia l’abbiamo inventata. Avendo potuto, hai scelto l’impegno da mendicante preferendolo all’impegno come bracciante agricolo perché è vero avresti guadagnato di più, circa il triplo, ma saresti stato relegato in campagna isolato in un ghetto di soli tuoi paesani mentre tu volevi calarti nella realtà europea. E cosa che non immaginavi: hai visto anziani italiani rovistare , negli orari inconsueti, nei cassoni dei rifiuti del tuo supermercato.
Ma hai voluto conoscere gli Italiani e la tua posizione, seppur marginale, è in mezzo a loro. Hai conosciuto così i vari tipi di loro: l’indifferente, lo stupido, l’avverso, il provocatore, il distaccato all’inglese. Hai notato quindi “l’indifferente” che non si accorge né della tua presenza né di null’altro, cammina con la testa in un sacco e solitario è assorto solo dai suoi pensieri; “ lo stupido” che attacca discorso come ti conoscesse da una vita, ti da confidenza vuole sapere da dove vieni, sfoggia il suo inglese si sente tuo amico come foste andati insieme all’asilo e questo ti da un po’ fastidio perché lo fa sapendoti inferiore e ti senti allora autorizzato a raccontargli delle balle: che sei un Principe, che sei laureato che aspiri al successo nel campo delle arti e dello sport.
“Nell’avverso” invece noti uno sguardo non proprio amico, non ti parla ma ti fa sentire il peso della tua condizione. “Il provocatore” passa invece alle parole: ti dice di non rompere, disprezza la tua razza ed il tuo colore, da lui puoi sentirti dire ciò che tu, in Africa, dicevi ai Bianchi: “tornatene a casa tua”. Infine il “distaccato all’inglese” non ti provoca non ti offende ma tira dritto con aria di sufficienza.
L’euro di mancia, per far uscire la giornata tua ed il profitto dei tuoi Capi, lo mollano quindi solo gli “stupidi” e non è quindi un profitto che dia grande soddisfazione.
Allora mi dirai: Amico africano, (anche se di pelle chiara)che cosa devo fare? Tu che adesso sei vecchio, che te ne abbiamo fatte passare di tutti i colori, che cosa mi consigli? Ed anch’io, impotente e con profonda tristezza ti dico: “…non lo so! …”
Rivalta, ottobre 2017.
Cristoforo Barberi
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