Comunità Ebraiche di Asmara
Si è trattato qualche volta degli ebrei dell’Asmara, di questa Comunità che ha vissuto sotto il nostro Governo o subito dopo sotto gli Inglesi o gli Etiopici. Anche recentemente, su “Il Reduce D’Africa” è stato ricordato, in prima pagina Samuel (Samy) Cohen definito l’ultimo Ebreo dell’Eritrea, oltre al Corpo Diplomatico, che fedele presidia la sua Sinagoga ed il patrimonio dei ricordi ivi racchiusi, come un soldato giapponese fa con la sua isola deserta. Bravo Samuel il suo amore per Asmara gli ha impedito di abbandonarla, forse per lui proviamo un po’ di invidia.
L’autore dell’articolo poi ci ricorda che la Sinagoga è stata costruita nel 1905, che già negli ultimi due decenni dell’ottocento qualche centinaio (forse meno) di Ebrei giunse dallo Yemen, molti agricoltori ed artigiani, ma noi non ne ricordiamo nemmeno uno, e commercianti, questi sì costituirono il nucleo di questa società.
Giusta la data del 1921 quando il loro insediamento principale, forse l’unico divenne Asmara e non solo a causa del terremoto di Massaua ma facilitati dal trasporto a mezzo della ferrovia.
Vissero tranquilli, nessun Ebreo fu costretto a lasciare quelle terre a causa delle Leggi Razziali di cui in Asmara non se ne conosceva nemmeno l’esistenza. Va bene seguire le mode dire ciò che dicon tutti conformandosi al pensiero corrente o accarezzare il pelo del gatto per il suo verso, ma inventarsi la Storia no! Questo non si deve fare.
Per memoria nostra e per il rispetto dei numerosi Ebrei che hanno vissuto in quella terra come nostri amici d’infanzia e compagni di scuola, compio il maggior sforzo di memoria e cerco di citare i ricordi anche dei miei avi, sì da ricostruire onestamente quella realtà.
Ad Asmara non ha vissuto “una Comunità Ebraica” ma ben tre, distinte e diverse, unite solo dalla fede religiosa. Comunità diverse per cultura, educazione, etnia, ecc. che ci ha fatto capire che non esiste una razza ebraica, a meno che non si amalgami dopo la rifondazione di Israele.
La prima Comunità può essere considerata quella degli Italiani di religione ebraica: i Camerino, i Donati, Spinelli, Weiss, Zinconi, Levi (tre famiglie neanche parenti tra loro) e chi sa quanti altri. Italiani a tutti gli effetti ricoprirono ruoli di prestigio ed erano tra le personalità che costituivano l’élite. Industriali, insegnanti, commercialisti, musicisti ecc. svolsero i loro ruoli traendone i benefici e le sventure di tutti noi. Frequentavano le nostre scuole, naturalmente e solo in qualche caso fecero esonerare i loro ragazzi dalla lezione di religione.
La seconda Comunità quella a cui si riferisce l’articolo citato, quella giunta dopo secoli dallo Yemen, giunta per ferrovia (per la quale avevano, vedremo, un culto, quasi) ha una figura patriarcale veramente di spicco: Uomo, divenuto un simbolo per tutti, che era il Vecchio Banin, carico di figlie femmine ebbe molti generi che a loro volta ebbero molti figli, i nostri compagni di giochi e di scuola. Si tratta dei Cohen, di cui presumo Samy sia erede, dei Kanzen, degli Aronne.
Famiglie numerose, sembra un linguaggio biblico ma dato il tema, adatto; tutti commercianti, titolari di negozi, frequentavano le nostre scuole, si vestivano da sarte italiane (tra cui la mia mamma) trattenevano rapporti di buon vicinato perché non sono mai stati ghettizzati, festeggiavano il sabato e per rispetto verso di noi anche la domenica. Si recavano in gita fuori porta spesso la meta era la stazione ferroviaria. Noi ragazzi, vedendoli in crocchio e di sabato, maliziosamente dicevano che attendessero l’arrivo, in treno, del Messia.
D’altronde un clima di ammirazione e di magia intorno al treno si era creato. Il (el)“babur” (vapore) per chi non lo aveva mai visto prima rappresentava un miracolo.
Quando la situazione si rese insostenibile gli Italiani di religione ebraica rimpatriarono in Italia come noi tutti, gli Yemeniti (chiamiamoli così solo per intenderci) raggiunsero invece Israele. In realtà una emigrazione verso Israele, da parte dei giovani si verificò fin dalla nascita di quella nazione. Ricordo una signorinella: Alula che cambiò nome perché in Israele Alula voleva dire “pollaio “e lei si apprestava ad arruolarsi “soldato” in quel Paese, cosa che fece.
La terza Comunità si può dire che fu di passaggio, sotto gli Inglesi, non cercò nessuna integrazione o contatto, si trattava di Rabbini e delle loro famiglie che vivevano isolati, rigidamente sotto i dettami biblici; erano di origine polacca vestivano nel modo tradizionale yiddish; avevano il compito di acquistare, macellare, inscatolare carni che poi venivano inviate in Israele. Un compito quindi esclusivamente religioso e commerciale che svolsero appoggiandosi ad una ditta italiana di conserve alimentari: la “Decsa” dei fratelli lombardi Patti con stabilimento a Ghezzabanda.
Il loro aspetto cupo, il cappello a falde rigide nero, i loro lunghi boccoli e barbe, portavano noi ragazzini a fare gli scongiuri al loro incontro, ma non si offenda la loro memoria, perché lo facevamo anche con le nostre Suore.
Un saluto particolare quindi agli Asmarini di Israele ricordati con questo scritto, che si facciano sentire, che ci aggiornino o correggano qualche eventuale imprecisione e che, speriamo, seguano il sito.
Cristoforo Barberi mar. ’15