TUTTO DI SALVO RAP
Carlo sul dromedario sotto gli occhi vigili del fedele Hibraim
La mattina di Natale la Messa si celebrava al campo nei pressi del Buon Respiro. Mamma Papà e io vi ci recammo a piedi. Durante il percorso guardavo le montagne che racchiudono la conca di Ghinda proteggendola a nord dalle grandi calure della costa dancala e a sud, con il massiccio del monte Bizen e dei monti dell’altipiano eritreo, Ghinda gode dei benefici effetti sia della grandi piogge estive dell’altopiano sia di quelle poche e rare invernali del bassopiano, insomma è l’eterna primavera con temperature costanti tutto l’anno, attorno ai 25°-35° e che permettono di fare anche tre raccolti di frutta dalla stessa pianta. Giunti al Buon Respiro, sul grande piazzale fervevano i preparativi della S. Messa. Notai alcuni camion Fiat 634, , alcune auto: balilla, lancia, alfa romeo e anche moto Guzzi e Gilera , che si erano fermati con i loro equipaggi per assistere alla Messa di Natale. La cerimonia all’aperto, sotto un cielo turchino fu veramente commovente, soprattutto quando durante la predica il Padre Cappuccino ricordò anche i lontani parenti rimasti in Italia Era il primo giorno della mia vita africana e mi sentivo quasi stordito da tutto ciò che mi circondava, la natura, le genti, l’aria, gli odori; e i suoni che spesso mi giungevano trasportati dalla tiepida brezza che mi accarezzava il corpo e che non avevo mai provato prima ,avevano cominciato a stregarmi come e più di una droga, tanto che ancor oggi, a distanza di 65 anni sento sulla mia pelle quel marchio indelebile, vuoi chiamarlo mal d’Africa? Mah! Provaci tu ad avere l’esperienza che ho avuto io in Eritrea e poi saprai cos’è il vero mal d’Affrica, si, con la doppia effe come scriveva appunto Ferdinando Martini nel suo corposo “DIARIO ERITREO”. Pranzammo al Ristorante Valbonesi, quel giorno di Natale; dopo pranzo mamma e papà si fermarono a conversare con i colleghi e alcune signore mentre io girovagavo nei dintorni cercando di scoprire il mondo fantastico della natura che mi circondava fatta di fiori, alberi giganteschi, uccelli, animali, e soprattutto della gente nativa come i sempre sorridenti bambini eritrei con cui cercavo ogni tanto di fare amicizia.
A Ghinda alla sera non vi era nulla ,a quei tempi non avevamo neppure la radio mancando la corrente elettrica. In quel paesino di sogno si viveva secondo natura, non esisteva nemmeno il cinema, l’unico grande spettacolo di notte era offerto gratuitamente dalla natura: il cielo limpido e terso mostrava la grande striscia bianca della Via Lattea che attraversava il cielo da un estremo all’altro dell’orizzonte con le miriadi di stelle e costellazioni che brillano luminosissime come in nessun’altra parte del mondo. A sud, verso l’orizzonte papà ci mostrò la “Croce del Sud” e sopra di essa la costellazione del “Centaurus”. Le notti africane, lontano dai grandi insediamenti urbani, hanno un fascino particolare; raramente sono silenziose, proprio per la mancanza dei rumori della città si riesce a sentire ogni verso di qualsiasi animale notturno; a Ghinda spesso, anche se in lontananza, si udiva il caratteristico urlo , simile alla risata umana, delle iene, che per fortuna si tenevano lontane dai centri abitati e si sentiva anche il verso delle civette e di altri uccelli e animali notturni che non riuscivo a identificare; se aggiungi il clima dolce e mite dell’aria che ci circonda, possiamo a buon diritto parlare di Paradiso Terrestre. Tutte le mattine, il mio risveglio nella villetta di Ghinda era allietato dal canto di centinaia di uccelli che svolazzavano fra i rami degli alberi: aranci, mandarini, limoni, hannoni, zaituni. La mattina di Santo Stefano mi alzai di buon ora e volli subito uscire per scoprire le meraviglie della mia Africa. Ibrahim non mi perdeva mai d’occhio, infatti ero con mamma in veranda e, sapendo quali erano le mie intenzioni, ci raggiunse e ci fece la prima lezione sul comportamento che dovevamo tenere avventurandoci in giardino.
Carlo Di Salvo
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