Massaua: aprile-giugno 1951
Il “miracoloso” recupero della petroliera Riva Ligure
Da un giornale di Asmara dell’epoca riportiamo un articolo che illustra le fasi e le gesta degli uomini che, con mezzi scarsi e solo in otto, sono riusciti a recuperare una nave di 3.500 tonnellate. Unimpresa a quei tempi (ed anche oggi) veramente eccezionale.
Trionfa la tenacia
sul pessimismo degli esperti
Giovanni Govoni insieme a Seium Leghessé, palombaro.
E’ noto ormai - anche per esserne stato fatto cenno su giornali locali - l’avvenuto ricupero della petroliera “Riva Ligure”, ricupero che ha richiesto non lievi sacrifici ed il superamento di ostacoli e avversità tali da far dubitare, sin dall’inizio e, spesso, in seguito sull’esito felice dell’impresa.
Infatti, nel periodi in cui i lavori di ricupero erano affidati - per conto dei proprietari della nave, Govoni e Monteguti - ad un’impresa specializzata di Massaua, proprio nel momento in cui la vittoria pareva arridere, lo scafo si capovolse per cause tut’ora non chiarite, trascinando purtroppo nel pauroso ribollimento d’acque un esemplare lavoratore italiano, Arturo Ferri.
Da allora il ricupero della petroliera, della quale non si vedeva che l’enorme chiglia affiorante nele acque di Archico, era parsa impresa inattuabile, quesi pazzesca e non solo ai più esperti palombari, ma anche a tecnici del ramo.
Finché Giovanni Govoni, uno dei proprietari, in uno slancio di audacia, non decise di tentare l’impresa, assumendosene l’impegno e l’onore, con il prezioso ausilio del progettista geom. Romolto Gandolfi e valendosi degli scarsi mezzi di cui disponeva.
Govoni letteralmente “si radicò” sul luogo dei lavori e non se ne allontanò che 34 giorni dopo, quando, cio, imponente e tranquilla la petroliera galleggiava sul mare.
Non è senza commozione quindi e rispetto per tanta tancia e per quei 34 durissimi giorni di lotte e di ansietà - che si sale a bordo del “Riva Ligure”, come ho fatto io in questi giorni, non per intervistare, ma per trovarmi a contatto e per parlare con i pochi uomini che hanno portato a termine la mirabile impresa.
Otto uomini - due italiani e se eritrei in tutto - ma otto tenaci volontà amalgamate e moltiplicate dall’incitamento e dall’esempio animatore di Giovanni Govoni; otto uomini che non hanno voluto e conosciuto riposo, uniti e tesi nell’unico fine di vincere ostacoli, incertezze, pericoli e avversità. Otto uomini animati da un desiderio solo: di issare il tricolore sulla nave strappata dalle acque.
Tutti degni di lode - Dice Govoni - e una parola in più di elogio, lo merita il coraggioso, instancabile Leghessé - soprannominato il “verduraio”, il palombaro eritreo che ha avuto parte assai notevole nell’impresa.
Il “Riva Ligure” è una delle pochissime navi che, in seguito a capovolgimento, sia stato possibile ricuperare in tutto il mondo; e se si penserà che l’impresa è stata portata a termine da otto uomini soli, con due compressori e due barche a remi, non si potrà non sentire ammirazione e rispetto ed anche orgoglio per quella generosa tenacia italiana che non conosce ostacoli o soste.
A. Satti
(Mai Taclì N. 2-2003)