“Illusione e realtà”

  ... “Periodi come questi meritano di essere vissuti, mio caro amico, la generazione attuale darà l’impronta al secolo; e tutti quelli che appartengono a questa generazione potranno vantarsi di non aver vissuto invano, ma di aver impresso un nuovo ritmo alla vita, di aver dato alla Storia un corso nuovo, di aver determinato un mutamento radicale al vivere del secolo passato. La società si avvia verso la sua migliore espressione. Sorgono nuovi metodi e nuovi programmi. Tutti gli uomini hanno diritto alla vita. La guerra contro l’Inghilterra è una guerra santa, è la guerra del povero, del diseredato contro il ricco. In ogni caso quando il povero si scaglia contro il ricco ha sempre la vittoria! Infatti anche nel caso che quello abbia la peggio, che cosa guadagnerà il ricco? Che cosa può ottenere da una sua vittoria sopra un diseredato? Il ricco ha sempre da perdere che, se non altro, ci rimette le spese del processo.

 

 illusione 

Asmara, 10 giugno 1940 – Data fatidica: l’annuncio dello scoppio della

guerra. Il Preside Ragusa e il prof. Magazzù insieme a molti giovani sfilano

per il viale Mussolini.

 

Ma poi, caro Minella, ti sembra giusto che gli uomini debbono dividersi nelle due grandi categorie dei gaudenti e dei miserabili? Anche con gli stati è avvenuto questo. L’ Inghilterra ha per sé tutto il mondo - tutte le ricchezze del mondo confluiscono a Londra - l’India, l’Australia, l’Africa ed anche l’America  o sfruttate o tributarie della ricchissima signora del Nord. Gli inglesi sono gli uomini dai cinque pasti giornalieri, mentre noi riusciamo appena a sfamarci. E ciononostante ci ostacolano quando noi chiediamo “uno posto al sole “. E non solo noi, ma anche gli altri popoli - guarda la Germania, guarda la Spagna, guarda in genere l’Europa tutta che muore di fame. Possiamo eccettuare la Francia, che non essendo meno ricca, non è meno prepotente dell’Inghilterra. Penso che, solo per questo, la guerra che faremo dovremo vincerla: perché nel mondo finalmente trionfi la giustizia perché gli uomini che hanno sofferto e lottato per questo santo principio giungano alfine al compimento della loro meta!...”.

Sulla strada, che andava verso l’Amba Galliano, non si vedeva più e le lampade elettriche si erano già accese. Il giovane oratore, irriducibile idealista, tacque in attesa di una risposta. Ma l’amico, più vecchio di lui continuava a tacere e sembrava inseguire un pensiero lontano... continuavano a camminare e si udiva il rumore dei passi sul selciato.

 “Sei convinto di quello che hai detto? Hai tutta questa fiducia nella giustizia degli uomini?” Rispose, domandando, Minella, con un sorriso che sembrava il ghigno di uno scimpanzé. Minella, infatti, era un uomo nell’arco dei 50 anni, aveva gli occhi piccoli e profondi, la fronte spaziosa e sfuggente, portava i capelli lisci e lunghi quasi alla bebè ed erano grigi, di un grigio scuro, diverso, che sembravano fili metallici d’argento e di ferro confusi insieme. Il taglio della bocca era largo e le labbra, carnose, aderivano perfettamente ai denti, robusti e paurosi, quando la bocca si apriva e le labbra si stiravano sui denti. Il naso era normale, piuttosto grosso. Aveva una espressione generale malvagia e uno sguardo profondo e scrutatore, ma era buono, non era capace di pensare non che di fare il male.

Asmara era in quell’epoca una città invidiabile. Aveva tutte le bellezze di tutte le città del mondo e godeva, per la sua posizione geografica, di un clima eternamente primaverile. Nelle serate di Natale, le due lunghe file di lampade del viale Mussolini, avvolte nella nebbia, fra i palazzoni nuovi costellati di luci e di insegne luminose, davano l’impressione di trovarci in una via di Milano - e questa impressione veniva avvalorata dalle numerose macchine che stazionavano o si incrociavano lungo il viale. La gente affaccendata, avvolta in leggeri soprabiti o in quegli impermeabili color latte-caffè, pareva che avesse freddo, ma nello stesso tempo pareva godesse di quell’aria appannata che si depositava dappertutto, che ammantava le persone e le cose. Era così bella quell’aria natalizia ad Asmara! Poi venivano le giornate di sole. Ci si inoltrava nei vialetti del rione dei villini, così graziosi con le case basse e contornate di alberi in fiore e di aiuole. Ci dicevano che quello era un luogo di villeggiatura, in montagna a 2400 metri!

Attraversavano via Milano e, passando per “Bascia-ull”, andavano proprio nella loro abitazione sull’Amba. Ad un tratto Minella, con una delle sue uscite geniali, gli disse: “Mi sai dire quale differenza passa tra l’Italia e la “natura” della donna?” Ed il giovane amico: “Mah!... dimmelo tu...!!” “Nessuna - riprende Minella - quanto più s’ingrandiscono tanto diminuisce il piacere...!!” Era l’epoca in cui l’Italia aveva occupato l’Albania e un’altra corona cadeva sulla testa di quel piccolo re, che una ironia della sorte lo aveva fatto meritevole del titolo di “Vittorioso”.

Pietro Magazzù

  (Mai Taclì N. 3 - 1983)