RICORDO DEL DOTTOR VINCENZO DI MEGLIO
A TRENT’ANNI DALLA DIPARTITA (23 Aprile 1903 – 24 marzo 1987)
Il ricordo di mio padre, reso vivo da tante commoventi testimonianze di stima ed affetto, inviate da Asmarini a Facebook dell’amico Cristoforo Barberi (per le quali sono sempre grata), è un’ulteriore sprone a pubblicarne in breve la storia nelle pagine del suo amato Mai Taklì.
Accludo una significativa foto che lo ritrae mano nella mano con Monsignor Gian Crisostomo Marinoni, Vicario Apostolico in Eritrea, attorniato dai suoi Francescani eritrei all’aeroporto di Asmara, al ritorno di mio padre dall’America ove, all’ONU, aveva con veemenza difeso l’esistenza stessa della nostra comunità italiana e quella degli eritrei “indipendentisti”.
Si era nel 1949, nel periodo più acuto del terrorismo. È una indelebile pagina di storia eritrea.
Il testo qui di seguito riportato è quello contenuto nel “ricordino funebre” redatto in occasione della messa di trigesimo, officiata dal Vescovo d’Ischia Monsignor Antonio Pagano, il 29 aprile del 1987.
Rita Di Meglio
1949: il dott. Di Meglio, mano nella mano con Monsignor Gian Crisostomo Marinoni, Vicario Apostolico in Eritrea, attorniato dai suoi Francescani eritrei all'aeroporto di Asmara, di ritorno dall'America ove, all' ONU, aveva con veemenza difeso l'esistenza stessa della nostra comunità italiana e quella degli eritrei "indipendentisti"
Il dr. Vincenzo Di Meglio nacque il 23 aprile 1902 da don Almerico e donna Francesca Scotti. Gli venne dato il nome del nonno paterno, il cavalier Vincenzo Di Meglio , Sindaco per decenni di Barano, figura di alto prestigio nell’Isola e nei più qualificati ambienti della città di Napoli. Avvertì sempre il compito di essere degno del nome che portava.
Dalla mamma, seguendo le tradizioni familiari, gli fu impartita la più sana e rigorosa formazione, ispirata ai genuini principi della Fede religiosa e del bene verso il prossimo, integrata dall’esempio dello zio paterno il sac. Francesco Di Meglio, rettore del Santuario di Montevergine dello Schiappone, oratore sacro rinomato che dall’Irpinia portò nel nostro paese la devozione a San Gerardo Maiella, divenuto il “Santo di famiglia”.
Ebbe il grande dono di essere poi educato a lungo, anche in Calabria, dai Venerati zii l’Arcivescovo mons. Giovanni Scotti e mons. Don Ciro Scotti, Servi di Dio, dai quali ricevette quella formazione culturale e spirituale che la contraddistinse per tutta la vita e verso i quali nutrì intensi l’amore e la riconoscenza.
Fu alunno del corso liceale nel Seminario Regionale Campano, diretto dai PP. Gesuiti.
Laureatosi, in quegli anni difficili, in Medicina e Chirurgia, conseguì la specializzazione in ostetricia e ginecologia, iniziando subito l’attività medica nell’Isola nativa, con disinteresse e con assoluta dedizione verso poveri e sofferenti. Nel 1929, ancora giovanissimo, ebbe dal Governo la nomina a Podestà di Barano. Si dedicò con entusiasmo ed impegno al servizio del paese, raccogliendo la lunga tradizione pel bene pubblico del nonno cav. Vincenzo Di Meglio, dello zio dott. Luigi Scotti, Sindaco e Consigliere Provinciale, dello zio cav. Raffaele Taliercio pure Sindaco di Barano.
Era l’epoca della più profonda miseria. Nonostante le difficoltà, affrontò tutte le esigenze del momento, tra l’altro riuscendo a dotare il Comune della luce elettrica che mancava del tutto; facendo consolidare a spese dello Stato i costoni di sostegno della Parrocchia di S. Sebastiano pericolanti; sistemò decorosamente la piazzetta di Piedimonte intestata al prozio canonico Luigi Scotti, che di quella Chiesa fu il costruttore e l’apostolo. Dopo la legge del 1928 di demanializzazione delle acque, inizio tempestivamente la pratica per avere la concessione perpetua delle sorgenti Nitrodi ed Olmitello. E iniziò anche la pratica per dotare il Comune dello stemma, che ne era privo a differenza degli altri Comuni isolani. In coerenza ai suoi fervidi sentimenti patriottici, fece elevare a Barano l’armonico monumento ai Caduti, che ne adorna la piazza.
Iniziatosi il conflitto italo-etiopico, raggiunse la Somalia da medico civile volontario, e sempre da volontario lasciò Mogadiscio per le zone desertiche dell’Ogaden per curarvi gli indigeni, oltre che gli italiani, dando anche assistenza medica al Gen. Graziani, rimasto ferito, affrontando gravi sacrifici, e avvicinando all’Italia migliaia di nativi mediante la sua attività medica. Passò poi alla città di Harar, uno dei principali centri dell’Etiopia, costruendovi e dirigendovi l’Ospedale civile.
Infine, fu trasferito all’Asmara, capitale dell’Eritrea, dove fu primario ostetrico-ginecologo dell’ospedale principale Regina Elena, profondendovi per lunghi anni i tesori della scienza medica e della carità cristiana. Cooperò con i Missionari italiani, in piena comunione col Vicario Apostolico mons. Marinoni, che lo ebbe come figlio e ne fu riamato come padre. Dopo l’occupazione nemica dell’Eritrea, fu incessante la sua opera di assistenza agli internati e ai bisognosi, ai quali diede sempre quanto poteva dei suoi stessi mezzi personali. Amato dalla popolazione, fu eletto plebiscitariamente Presidente del Comitato Rappresentativo degli Italiani d’Eritrea, e in tale veste, ne difese a lungo diritti ed interessi, d’intesa col Governo italiano, innanzi alle Nazioni Unite a New York. Sempre d’intesa col Governo italiano, si trasferì poi in Arabia Saudita dove ebbe la Direzione del novo Ospedale-Maternità di Gedda, svolgendo anche colà una preziosa opera di italianità. Come già in Africa, ai bambini fioriti per le sue mani dal seno materno, in tutte le occasioni possibili, e spesso con grave pericolo, donò nascostamente con un sommesso bisbiglio delle labbra, la grazia santificante del battesimo. In Arabia rimase sei anni. Dopo la sua partenza, il Re dell’Arabia Saudita espresse la gratitudine della Nazione al Presidente della Repubblica Italiano, on. Giovanni Leone, per “l’opera ricca di sacrificio e di generosità compiuta da un italiano, il dott. Vincenzo Di Meglio”.
Tornato, per le insistenze dei familiari, ad Ischia, e ripresa la sua attività professionale, fu sollecitato dal prof. Malcovati e dal sen. Prof. Monaldi, che ne conoscevano le alte capacità, ad accettare la vice direzione dell’Ospedale Rizzoli a Lacco Ameno, carica che peraltro, dopo qualche mese preferì lasciare, con silenziosa e signorile discrezione, non condividendone la impostazione generale. Fino a qualche anno dalla sua dipartita, continuò la sua opera professionale, richiesto anche da persone di alto livello sociale che lo raggiungevano pure da città lontane, e soprattutto mettendo la sua opera, spesso gratuita, a servizio dei bisognosi.
Sostenne le sofferenze degli ultimi mesi senza un lamento, affrontando il mistero della morte con la dolce serenità della Fede sentita e vissuta. Fu gentiluomo nella vita e nella morte.
Il presidente dell’Ordine dei Medici, in una mobile lettera di condoglianze alla consorte, vi affermava significativamente che il dott. Vincenzo Di Meglio “svolse l’esercizio professionale come sacerdozio civile”.
I cittadini di Barano vollero ricoprire del tricolore la sua bara, così trasportandola nella sua diletta Chiesa della Madonna della Porta, ed indi al riposo eterno in quel Cimitero di Piedimonte che, in anni lontani, era stato realizzato da suo nonno.
I familiari chiedono a tutti coloro che lo conobbero, lo amarono e ne furono beneficiati, di associarsi a loro nella cristiana preghiera:
“La pace eterna donagli o Signore e la luce perpetua a lui risplenda”