Credevo fosse una sposa, era invece l’Imperatore!
Allora giovani italiani che lavoravano ad Addis Abeba, ce n’erano molti.
I geometri in particolare erano tanti davvero, li richiedeva il forte sviluppo edilizio della Capitale: siamo negli anni sessanta.
Era una vita dura: dieci ore al giorno per sei giorni, i geometri e tanti responsabili come loro erano i primi a raggiungere i posti di lavoro e gli ultimi a lascarlo. Nei cantieri il sabato non solo era lavorativo ma era un giorno più pesante degli altri: reperire il danaro preparare gli acconti o le paghe oltre al normale lavoro, si ritornava a casa il più tardi del solito.
Ecco che allora i sogni di gioventù cominciavano così a sparire, il desiderio di conoscere l’ambiente, di esplorare per vedere luoghi e genti più remote veniva così frustrato; eravamo lì ma solo per lavorare.
Ma ad una cosa almeno non rinunciavamo e cioè la gita domenicale fuori porta: un pranzetto a Biscioftù o Moggio, una giornata a Sodorè (piscina d’acque termali) o una puntatina in savana lungo l’Awasc o la Zona dei Laghi ce la dovevamo concedere prima di riprendere il lavoro settimanale.
Ed è al ritorno di una di queste gite che ho rischiato molto, a bordo della mia Seicento bianca targata AA 50 (tutto qui), che tutta Addis Abeba conosceva, in compagnia di mia moglie, ci ritrovammo in coda dietro un corteo. L’andamento era lento, ogni tanto ci si fermava; non vedendone il capo ho pensato che si trattasse di un corteo nuziale anche perché era settembre, proprio il mese dei matrimoni.
Persa la pazienza accelerai e messa la freccia iniziai un lungo sorpasso, a metà del sorpasso però mi accorsi di averla fatta grossa perché capii che si trattava invece del corteo imperiale e che avevo fatto quindi una grossa infrazione.
All’altezza della vettura imperiale che era preceduta e seguita da due grossi “gipponi” quella che seguiva si staccò dal corteo, mi raggiunse e mi superò a sua volta stringendomi la strada e costringendomi ad uscire dalla carreggiata e andare in scarpata che fortunatamente era, in quel tratto, dolce e praticabile. Nel frattempo il corteo imperiale, imperterrito, seguiva il suo lento corso.
Dal “gippone” scesero due Guardie Imperiali e mi spianarono contro i mitra, io sceso dalla macchina, in questa specie di cunettone, dopo aver detto a mia moglie invece di non uscire guardavo le due Guardie senza sapere cosa dire, gli sguardi si incrociarono, loro presero a studiarmi ma fortunatamente non tirarono il grilletto. Non sapevo cosa fare, non ho alzato le mani per non dare l’impressione di una resa ed è così che è passato qualche interminabile secondo.
La fortuna ha voluto che l’ultima macchina del corteo fosse quella guidata dall’allora Direttore della Banca D’Etiopia, che per motivi di lavoro mi conosceva ed apprezzava. Mi rincresce non ricordare più il nome di questo amico e salvatore.
Il Direttore a sua volta mi interrogò alla presenza dei militari che mi tenevano sotto tiro dicendomi: “Barberi, ma che cosa hai fatto?” al che risposi “Ato…(e qui mi vergogno, ma non ricordo il nome) ho superato Sua Maestà credendo si trattasse di una comune sposa. Il Direttore disse allora alle Guardie di conoscermi, che non c’era nessun problema ed il viaggio riprese nell’ordine costituito dove io, questa volta, restavo in coda qualunque fosse stato il tempo necessario.
Infatti sua Maestà spesso faceva fermare la vetture se vedeva capannelli di persone ad attenderlo o bambini o per raccogliere qualche petizione, al suo seguito, fu quindi un viaggio lunghissimo.
Qualche considerazione però sulla Guardia Imperiale, a questo punto, bisogna farla. Questo corpo scelto che nonostante tutto Haile Sellassie aveva voluto portassero la divisa coloniale italiana era formata soprattutto da Galla, soldati nati addestrati da specialisti statunitensi ed israeliani. La loro calma, la loro professionalità, il coraggio ed il buon senso mi hanno forse salvato la vita, oltre al contributo di un amico che si è trovato nel posto giusto e nel momento giusto.
Ironia e crudeltà della sorte: fu però proprio la Guardia Imperiale così devota, professionale e seria, ad esser la maggior sospettata per la morte del loro Imperatore.
gennaio 2016
Cristoforo Barberi