Ricordo di CIRO COSTA

 

Mi ha fatto tanto piacere vedere la bellissima tomba del nostro indimenticabile Ciro Costa, subito il mio pensiero è volato ad Embatkalla.418 Embatkalla Ciro Costa una vita in Eritrea
Il 24 dicembre 1994, dopo 46 anni, scendevo dall’aereo e baciavo il suolo di Asmara, ritornavo in Eritrea la mia seconda patria, quella terra che mi ha adottato e dove sono cresciuto.
Scendendo da Asmara verso Massaua, ci fermammo prima alla vecchia stazione di Arbaroba, dove rividi il fabbricato della stazioncina con ancora la vecchia scritta in blu “ ARBAROBA “, scomparsi i binari, rimaneva solamente lo scheletro di qualche vagone, mentre pendeva, come uno stanco braccio, la manica della pompa dell’acqua inerme in attesa dell’arrivo di qualche locomotiva “ MALLET “.


Perfetto ancora il ponte di accesso alla stazione dove, bambino sfollato con mamma in questa stazione durante i bombardamenti in Asmara del 1941, stavo giornate intere a guardare, in direzione della valle del Ghinda, i numerosissimi branchi di babbuini che, tra il foltissimo groviglio delle piante di fichi d’india, si spostavano in fila indiana guardate davanti e dietro dai maschi preponderanti, guai alla femmina o al maschio che osava uscire fuori dalla fila, erano morsi e urla sgraziate, allegri e giocherelloni i piccoli che quando il gruppo si spostava salivano sulle spalle della madre e così aggrappate si lasciavano trasportare.
Ricordavo anche le nebbie che all’improvviso avvolgevano ogni cosa, era il cadere lento di minutissime goccioline d’acqua che salivano dal Mar Rosso attraverso le valli del Ghinda, del Dorfù e del Mai-Enzì.


Dopo Arbaroba si continua a scendere dapprima costeggiando la parte superiore della valle del Mai-Enzì fino all’apparizione del massiccio del monte “Bizen” incombente sulla valle del Nabaret e sulla cittadina di Nefasit posta proprio ai suoi piedi.
Scendendo dai tornanti che precedono Nefasit si nota il sentiero, sulla estremità sinistra del Bizen, che si arrampica su questo monte e che conduce al più importante monastero copto dell’Eritrea.


Scendendo costeggiando le falde del Bizen, del Ualid e dell’Addeleitò si giunge nella bellissima conca di Embatkalla tutta splendente di verde e fiori variopinti, ci fermiamo con la macchina per una breve sosta all’altezza delle suore comboniane, un simpatico vecchietto si avvicina al finestrino destro della macchina, il suo accento tradisce le sue origini napoletane,”quale è il suo nome ? “ gli chiediamo, “Ciro” risponde lui, no il cognome ! rispondiamo noi, “ Costa “ con una simpatica risata risponde lui, a questo punto la mia mente comincia frullare questo nome che papà mi ripeteva spesso quando si passava da Embatkalla, si adesso mi ricordo dell’infermiere che stava ad Embatkalla, ma come è possibile pensai, da quando rientrai dall’Eritrea nel 1948, adesso siamo nel 1994 e costui è ancora qui, ma come è possibile? Mi domandai.
Si lo era, Ciro Costa non si era mai mosso da Embatkalla, da quando, dopo essere sbarcato a Massaua nel Gennaio del 1936 e congedatosi dalla Regia Marina nel Novembre dello stesso anno entrò come infermiere nell’ospedale di Embatkalla e da allora non si è più mosso da questa conca di Paradiso Terrestre.
Dal 1936 al 1994 erano trascorsi 58 anni ed altri due ne sarebbero trascorsi sino al 1996 quando, per la seconda volta, tra Ottobre e Novembre tornai in Eritrea, Ciro Costa compiva allora 60 anni di Eritrea, quanta storia aveva attraversato questa terra, l’Italia dapprima fondatrice della colonia primigenia, l’occupazione inglese dopo, i trenta anni di guerra contro l’Etiopia del Negus Hailè-Sellasiè e contro l’Etiopia del comunismo più atroce di Menghistù e finalmente la vittoria e la nascita dello stato libero ed indipendente dell’Eritrea nell’Aprile del 1993, tutti questi eventi avevano toccato la vita di Ciro, compresa la tragedia della perdita dell’adorata Agata durante il triste periodo degli Shiftà che avevano lanciato una bomba a mano contro la sua povera abitazione, che non abbandonò mai, neppure quando in seguito ad un forte temporale un torrente d’acqua portò via gran parte del suo “Tucul” come lo chiamava lui.


419 Embatkalla Le Onoreficenze di Ciro CostaNel mio secondo viaggio questa volta scesi a Massaua con un taxi di Asmara, per cui potei decidere liberamente dove e quanto fermarmi, l’ultima volta che vidi Ciro Costa aveva espresso l’ardente desiderio di qualche giornale dell’Italia, così prima della partenza per l’Eritrea mi ero rifornito di alcune riviste e quotidiani italiani per Ciro.
Era mio grande desiderio rivederlo, parlare con lui, avevo tante cose da chiedergli, lui stesso era la storia dell’Eritrea, ricordavo quando ci disse: venitemi a trovare là dove c’è quel passamano in ferro poco sopra vi è il mio “ Tucul “, così giunto ad Embatkalla feci fermare il taxi ed andai a trovare Ciro Costa, ricordo ancora i suoi occhi sorridenti sotto le folte sopracciglia, fu felicissimo quando gli consegnai il pacchetto di giornali, non sapeva più cosa offrirmi, biscotti e coca-cola.


Il suo “ Tucul “ una baracca di legno dove l’aria passava attraverso le fessure delle tavole di legno, il suo bagno: un lavabo su un treppiedi con una brocca d’acqua, la cucina un primus, un tavolo con sopra una ceratina, qualche sedia di plastica, un’altra con telaio di ferro con fili di plastica intrecciati e la sua poltrona che denotava l’età del suo padrone, sulle pareti qualche quadro di cartone, il calendario ed appesi al muro ed incorniciati il suo diploma di infermiere rilasciato dal governo dell’Eritrea e l’onorificenza di “ CAVALIERE dell’ORDINE della STELLA della SOLIDARIETA’ ITALIANA “ rilasciatagli dal Presidente della Repubblica Italiana.


Per prima cosa gli domandai degli italiani che conobbe delle Ferrovie Eritree e mi meravigliò come si ricordasse i loro nomi e tra essi anche quello di mio papà Francesco Di Salvo, quello che mi rattristò fu che mi disse che quasi tutti erano morti.
Aveva desiderio di tornare nella sua Ischia, “ ormai sono stanco, non riesco più neanche ad allacciarmi le scarpe, ho i piedi gonfi “, pensava nel mese di Giugno del 1997 di ritornare in Italia dai suoi figli, invece la terra di Embatkalla lo aveva imprigionato, non poteva essere diversamente in quel Paradiso Terrestre, mentre parlavo con lui seduto fuori l’ingresso del suo Tucul, alle sue spalle le nettarine venivano a suggere il nettare dei fiori delle bouganvillee.


“ Dal 1936 ad oggi ho estratto vagoni di denti, non ho mai tenuto il conto dei bambini che ho fatto nascere, i periodi più tristi sono stati quello degli “ Shiftà “ durante l’occupazione inglese, ricordo ancora l’uccisione alla stazione di Ghinda di Compagnoni, Romeo e Armeni e la dolorosa paura che provocò l’infermità alla mia Agata tanto da portarmela via prima del tempo”.
“ Il periodo peggiore fu però durante i trenta anni di guerra contro i regimi etiopici, l’ultimo soprattutto contro Menghistù, i guerriglieri eritrei che sapevano di potersi fidare di me, venivano a prendermi per curare o operare alcuni di loro, camminavamo di notte attraverso zone impervie, poi mi riportavano a casa qui nel mio tucul, ma la tragedia più grande fu quando mi chiamarono su al monastero del Bizen, dove Menghistù fece trucidare tutti i monaci che aveva trovato nel monastero, dovevo constatare la morte di molti pretini uccisi dalla barbarie del regime comunista di Addis-Abeba , per me fu una cosa tristissima “.
Caro Ciro questi sono i ricordi che mi hai lasciato e che non dimenticherò mai.


Leggendo dal Santo Vangelo di Matteo il Discorso della Montagna sulle Beatitudini: Beati i poveri in spirito……, Beati gli afflitti…..,Beati i miti…..,Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia…..,Beati i misericordiosi….,Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio, Beati i pacificatori…..perchè grande sarà la vostra ricompensa nei cieli; tutte queste beatitudini ti si addicono perfettamente.
Tu che sei vissuto in una baracca di legno, adesso hai una casa eterna tutta di candido marmo bianco, ma stai pur certo che sempre sulla tua tomba verrà una nettarina dalle piume iridescenti a portarti il saluto di tutti coloro che tu hai amato e a cui hai fatto del bene ed anche di chi come me ti ha conosciuto ed ammirato.

 

420 Embatkalla Ciro Costa nella sua baracca 421 Embatkalla Panorama della Conca

 

CARLO DI SALVO