Le armi Bianche in Africa Orientale.
Di Gian Emilio Belloni
Premessa.
L’amico Gian Emilio Belloni, tra i nostri redattori, si addentra ad analizzare, in particolare, le armi in uso delle tribù nomadi delle aree confinarie dell’Etiopia: quindi del Corno d’Africa.
Questa ricerca è già apparsa a suo tempo, sul Sito amico “Il Corno d’Africa”. Essa viene ripubblicata, per espressa volontà dell’Autore, anche sul Sito del Mai Taclì. Essa è il risultato di un grande interesse in quelle Genti e nei loro usi e costumi e del lungo soggiorno dell’Autore in quelle Terre. Frutto anche dei lunghi colloqui con i fabbri del Bassopiano per indagare le tecniche di costruzione artigianale ed i significati tradizionali.
Che cosa ha potuto suscitare l’interesse specifico? Il fatto che lì tutti gli uomini, in quelle Terre, viaggino armati. Si tratta di zone remote, dove il pericolo, l’insidia, dovuta a nemici o ad animali selvaggi può presentarsi improvvisa. Ogni uomo quindi deve possedere un’arma: spesso da fuoco, quasi sempre di modello antiquato, sempre di quelle tradizionali che noi definiamo armi bianche, per difendere: se stesso, la propria Gente, il bestiame; raramente per aggredire.
Le armi quindi, considerate così necessarie, assumono anche aspetti simbolici oltre che funzionali che l’Autore ci illustra fornendoci il nome, le caratteristiche, il luogo di diffusione. Spesso l’origine è islamica ma egli conosce la lingua e la cultura di quel Mondo. La ricerca assume anche un valore di carattere etnografico e storico e questo non può che aggiungere valore. Corredata da immagini appropriate si riferisce all’epoca di cui noi trattiamo e cioè nei primi settanta anni del secolo scorso.
Novembre 2020, LA REDAZIONE
Le armi Bianche in Africa Orientale.
Varrà la pena tentare di dare una definizione e stabilire che cosa sono le armi bianche.
Probabilmente bianche per il bagliore che al sole davano sul campo di battaglia le lame dei pugnali, delle spade e delle lance; altri sostengono che il loro nome derivi dal fatto che sono armi che non provocano rumore, silenziose quando vengono usate.
Le armi bianche sono distinte in:
armi a lama corta, quali : i pugnali, le daghe corte, le accette.
armi a lama lunga, quali : le spade e le sciabole.
armi munite di un manico di legno più o meno lungo da lanciare contro il nemico o da usarsi sempre impugnata, tipo la zagaglia. Le lance variano inoltre per la lunghezza, la larghezza e la forma della lama.
Le suddette armi bianche hanno loro specifici nomi a seconda dell'origine di provenienza e della tribù che le ha in uso; cosa questa che comunque vedremo in seguito.
La nostra sarà una breve panoramica sulle armi bianche viste in possesso delle varie tribù del bassopiano
orientale, di quello dancalo, del bassopiano occidentale sino ed oltre il confine sudanese . Infatti parleremo sovente di tribù nomadi abituate a varcare i confini, linee immaginarie e, per loro inesistenti.
N el territorio Eritrea-Etiopia esiste una zona a forma di triangolo scaleno che parte con un vertice sulla penisola di Buri e si sviluppa in direzione sud e sud - sud- ovest, ove il lato orientale altro non è che la costa del Mar Rosso e dal Golfo di Aden. A questa zona gli arabi diedero il nome di balad danakil (داناكيل بلد) paese dei Dancali.
In queste terre inizialmente dominavano gli Heblei che vennero sottomessi da genti giunte dalla penisola arabica e in particolare dallo Yemen. Nei secoli assimilarono costumi ed usanze arabe e tra queste a noi interessa oggi parlare del pugnale portato alla cintola dai dancali, una sorta di Janbiya ( جنبية ) dalla lama ben più lunga e larga di quelle della penisola arabica.
Come nello Yemen anche in Dancalia al raggiungimento della pubertà al giovane viene donato un pugnale, eventualmente anche una lancia e se la famiglia è ricca, alcune capre ed un giovane dromedario. La Janbiya sarà per uso pratico e per difesa personale e questa arma dona una forte valenza di status al suo possessore.
Il pugnale dancalo non ha una lama raffinata e ben rifinita ed è piuttosto grossolana.
Il manico è ricavato da un ramo di acacia ombrellifera opportunamente stagionato e lavorato e per il fodero si usa una pelle bovina e le due estremità del fodero sono protette da piastre di di ottone o alluminio o pelle più spessa.
Risalendo dalla Dancalia verso nord, si giunge nella zona del bassopiano orientale, una volta conosciuta come Samhar.
Nella poesia Andalusa, e in particolare nelle Odi classiche scritte da ‘Alqamah ibn ‘Abadah, si trova citata una lancia molto speciale denominata Samhariyya,( يةالسّمهر ); si noti che questa parola viene formata aggiungendo la" nisba", cioè il suffisso iyyah ( peril femminile , e quindi risulta essere Samhar +iyyah.
Anche un altro poeta Abu al Qasim al Andalusi scriveva circa le temibili lance Samhariyya e delle robuste spade Mashrafiyya.
La zona intorno a Massaua conosciuta come Samhar ha forse preso il nome dal fabbro-ferraio che viveva in quella zona e divenne famoso per le sue lance? O forse in la quella zona si costruivano ottime e robuste lance da far si che la zona prende
sse il nome di Samhar dal termine arabo السّمهرية che e’ sinonimo di robusto ed invincibile? Non sappiamo con precisione.
La lancia dalla lama ben affilata, la Samhariyya, era in dotazione ai Mahadisti che sconfissero i soldati britannici a Khartoum; anche le tribù Bogos si servivano di detta arma bianca.
P roseguendo il nostro viaggio verso nord, superata Massaua entriamo nella zona del Sahel con la descrizione di altre armi da taglio che fanno parte delle tradizioni delle popolazioni che vivono in questa parte dell' Eritrea.
Questo è un pugnale in uso tra i Rashaida che come forma e tipologia è da considerarsi di origine della penisola arabica.
L'impugnatura è stata fatta con le corna di un muflone rivettata sulla prolunga della lama.
Caratteristica la forma della lama che ci ricorda quelle di un altro tipico pugnale originario dell'Oman e, corredo dei giovani uomini che raggiungono i 14 anni di età nello Yemen, la Jambiya
Il fodero è ricavato da una lamina d'argento foggiata sul perimetro della lama. Essendo un'arma evidentemente pregiata, venne realizzata per una persona di rango. Sulla lama si intravedono delle lettere arabe : l'alif e la ba ( إ ) (ب).
Queste sono le prime due lettere dell'alfabeto arabo, ma essendo l'alif, la prima non venne usata da Dio per creare il mondo, ma la seconda, la ba, indica anche er-ruh, " lo Spirito" inteso come lo spirito totale dell'esistenza universale.
A questo punto varrà la pena spendere due parole su queste tribù di origine prettamente araba giunta intorno alla metà del 1800 in quelle che oggi sono l’Eritrea e il Sudan.
Il loro paese di origine è la penisola Arabica, non chiara la zona, anche se si presume siano del Hijaz.
Si tenga presente che alcuni studiosi sostengono essi siano originari del Sinai, e questo , secondo questi studiosi, giustificherebbe la numerosa presenza rasciaida in Sinai, Egitto e Libia. Mentre, noi pensiamo che la loro presenza in Nord Africa sia dovuta al fatto di essere nomadi, e alle loro attività di vendita dei dromedari e contrabbando d' armi.
Siamo propensi credere che giunsero sulle coste eritree e sudanesi attraversando il Mar Rosso e provenienti da Mecca e Medina.
Il loro nome, بني رشيد , الرشايدة al-Rashāyda, Banū Rashīd e la lingua araba da loro parlata e’ molto vicina a quella usata nel Hijaz. Sono islamici sunniti, pregano 5 volte al giorno rivolti verso la Ka’aba.
Stando a quanto tramandano oralmente gli anziani, non tenendo documentazione scritta, alcuni gruppi rasciaida discenderebbero dai Banu Ghatafan بنو غطفان , collegati ai Banu Abs بنو عبس, e già alleati del Profeta durante la famosa Battaglia del Fossato.
Sono nomadi, beduini,si definiscono "Liberi leoni" : al-usud al-hurra, الحُرة الأسود e le loro principali attività sono l’allevamento dei dromedari e capre. Oltre alle prime due attività, sono anche contrabbandieri, trafficanti d’armi e di schiavi. Violenti ed arroganti hanno sin dal loro arrivo tentato di portar via i migliori pascoli alle popolazioni locali, ai Beni Amer dell’Eritrea e agli Hadendowa sudanesi ingaggiando con loro sanguinose battaglie.
Soltanto durante il tempo delle piogge , quel periodo che va da Agosto ai primi giorni di Ottobre, chiamato al-kharif الخريف, diventano agricoltori e coltivano meloni ed angurie.
Vediamo ora il pugnale da braccio usato da molte popolazioni africane del Corno d'Africa.
Nell'ex Colonia Italiana dell'Abissinia e dell'Eritrea questo tipo di arma bianca era ( lo è ancora) al braccio delle tribù del bassopiano occidentale e precisamente degli Hadendowa, Beni Amer e Bileni.
Il pugnale da braccio ( خنجر الذراع ) , è individuato dalle popolazioni eritree con il nome di Hanjiar (خنجر).
Le località di produzione erano (sono) Cheren, Agordat e Kassala ove vi sono delle apposite area al mercato generale chiamate in arabo, sug al hadad (الحداد سوق ), appunto il Mercato del fabbroferraio.
Anche il pugnale in basso nella foto è da braccio, ma forma e tipo sono caratteristici delle popolazioni dell'Abissinia in particolare dei Galla della zona di Dessiè, nel Uollo.
Entrambi hanno il manico in ebano nero africano, albero che cresce sulle sponde dei fiumi Setit, Gash e a sud, sul Tacazzè.
Le lame sono ricavate dalla maestria dei fabbri da vecchie foglie di balestra d'auto o da lastre d' acciaio che giungono dall'India.
Nella grande area africana che si estende dai confini dell'Egitto, quindi dalla zona chiamata dai Nubiani "Kidintun" ( in mezzo alle pietre) e tradotto 2000 anni dopo dagli arabi in " batn al-hajiar" (الصخر بطن ), ventre della roccia, sino alla vallata del Barca, vive una popolazione, i Bejia che si pensa fossero, in qualche modo imparentati con gli egizi.
Questa dinastia è chiamata Kuscita, da Kush, nome biblico dato ai territori a sud dell'Egitto, successivamente queste genti spostandosi verso meridione incontrarono altre popolazioni locali, mescolandosi cosi con arabi e ancora più a sud con gli Etiopi, scurirono la loro pelle e si divisero in un grande numero di nuclei.
La maggior parte delle tribù sono bilingui parlando tigre ed arabo e alcuni i loro vecchi dialetti. Rimangono comuni per tutti i gruppi la loro corona di capelli acconciati con piccole treccine che valse loro il nome dato dagli inglesi e diventato famoso nei poemi di Rudyard Kipling , almeno per gli Hadendowa, "Fuzzy Wuzzie", il cui significato dispregiativo è " Negro dai capelli crespi", usato forse dai figli di Albione perché queste tribù sconfissero l'esercito di sua maestà britannica in Sudan .
I gruppi principali sono : gli Ababda ( che parlano solo arabo), Amarar, Bisharin Hadendowa (arabo Hadariba), Halenga_( nella provincia di Kassala), Beni Amer Beja, Beni Amer Tigre e Babail Ukhra.
Oltre che per la capigliatura tipica di questa razza, le varie tribù mantengono da secoli inalterata la foggia del loro caratteristico pugnale che portano fissato alla vita da un cinturone nero di cuoio.
Il loro immancabile Janbiya (جنبية) dal manico di ebano nero, finemente lavorato.
Si consideri comunque che il gruppo dei Beni Amer siano quelli che vivono in Sudan e siano quelli in Eritrea, costituiscono il gruppo più numeroso ed hanno in comune un capo chiamato Diglal che ha però un controllo sui sudditi piuttosto blando.
Solo gli Hadendowa, gli Halenga e i Beni Amer del Sudan fanno uso di un altro pugnale dalla forma particolare, chiamato Shotal e che vedremo in seguito.
Poc'anzi si è accennato alla possibilità che esistessero dei legami tra i Beja e gli antichi egizi; bene, oggi ne vedremo un altro particolare.
Guardando alle armi bianche utilizzate dagli eserciti dei faraoni si trova una spada-pugnale dalla forma alquanto strana. Quest'arma era chiamata " khopesh" e presentava una lama arcuata e priva di vera punta, mentre per quelle corte e, per le spade avevano una lama appuntita.
Questa arma bianca manesca a lama stretta a forma di falce la troviamo anche in Etiopia. Essa veniva usata da truppe appiedate con lo scopo di poter aggirare lo scudo del nemico e colpirlo al ventre e al fegato.
Gli Hadendowa e i Beni Amer, in particolare dell'area sudanese, portano alla cintola un pugnale privo di vera punta ma curvo per poter raggiungere l'avversario al fianco, sia dell' umano - in caso di battaglia - e sia quello di un felino durante un attacco.
Nella lingua Hadendowa, strano ma vero, con il termine "soatal" si indica il fegato.
Anche gli Abissini chiamano quest'arma "Shotal".
Una leggenda sudanese racconta che un giovane Hadendowa fosse al pascolo con la mandria del villaggio quando vennero attaccati da un leone. Il ragazzo estrasse il suo pugnale e lo scagliò contro il felino che colpendolo al ventre tagliò in due il fegato del leone, uccidendolo, da qui il nome dato al pugnale.
Altri raccontano che la caratteristica forma della lama altro non sia che la raffigurazione della posizione che assume la naja sputans - tipica delle zone abitate dagli Hadendowa - quando è in atteggiamento d' attacco e detta
I l ( pugnale) shotal ha un manico in ebano nero finemente lavorato e il suo fodero è vincolato ad un alto cinturone di cuoio nero che viene fissato alla cintola dal cammelliere Hadendowa. Il pugnale, data la forma della lama, non può essere rimosso dal fodero tirandolo verso l'alto, ma può essere solo sfilato lateralmente.forma vuole ricordare l'estrema pericolosità del pugnale simile a quella del rettile.
I reparti dell'esercito sudanese di stanza nella Provincia di Kassala e di Ghedaref hanno come loro simbolo, riprodotto sulle portiere dei mezzi militarie sui labari, il Shotal degli Hadendowa.
La maggior parte di questi pugnali sudanesi vengono prodotti a كسلا Kassala o a سواكن Suakin, sempre negli asuaq al haddidin الحدادين الأسواق.
Con questa nostra descrizione terminiamo il breve e modesto trattato sulle armi bianche in uso dalle popolazioni abitanti la parte del corno d'Africa conosciuta con il titolo di Bahar Negasi, Reggente del mare, denominata dagli italiani, Eritrea.
Abbiamo già accennato a possibili remoti legami di alcune tribù con gli egizi e in particolare con le genti dell'antica Nubia.
Oggi vedremo una popolazione che partita dalla valle del Nilo giunse in Eritrea e si stabilì nella zona racchiusa tra due fiumi che scorrono nel bassopiano occidentale, il Setit-Atbara e il Mareb, da loro chiamato Sona. Parliamo dei discendenti degli antichi e ben conosciuti Nubiani, i famosi arcieri, i Cunama, che mai si devono confondere con i Baria, anche se poi, nei secoli queste due entità, per ragioni di vicinanza vennero a mescolarsi.
Tra le tante usanze tramandate dai Nubiani, i Cunama mantengono la capacità straordinaria dell'uso dell'arco e delle frecce, unica tribù ad utilizzare quest'antica e nobile arma tra tutte le popolazioni " eritree"e si dice che in battaglia venissero usate anche frecce avvelenate.
Il loro villaggio principale fu Bia Arà in cunama, Barentù per noi. Si racconta che questa regione fosse ricca di selvaggina, di pascoli e molto rigogliosa.
G. E. Belloni
PS: rimangono due armi bianche da descrivere, il shotel abissino, le guradè e le spade dritte dei bassopiani e del Sudan, السيف, forse derivata dalla Kattara di origineOmana.