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HEBO
Caro Sandro,in un punto del mio racconto Rosamunda accenno ad un personaggio di nome “Giacomino.”
E tu mi hai chiesto chi mai potesse essere Giacomino.
Era un cugino della nonna. Genio e sregolatezza.
Un genio nel gioco delle boccette, era formidabile, avrebbe potuto costruirci sopra una carriera, se non fosse che aveva anche il DNA della sregolatezza. Azzardo e belle donne .
Per cui quando arrivavano per lui i giorni di magra. Si trovava un lavoro , che grazie alla sua genialità non gli mancava. Faceva il piastrellista.
Non pensare che il suo lavoro si limitasse alla posa di piastrelle sui pavimenti, era un esperto nella posa dei mosaici che erano molto di moda negli anni 50/60. In quegli anni il mosaico era molto utilizzato per abbellire cucine, bagni, sale mensa, ecc. E’ stato lui che ha rifatto tutti i pavimenti del Ghebbì imperiale di Hailè Sellassiè in Addis Abeba, la sua fama aveva varcato i confini dell’Etiopia per cui lo chiamavano a Jeddah, Aden, nello Yemen per arabescare in mosaico moschee e abitazioni.
Ha rifatto la pavimentazione del Cinema teatro Asmara, del Cinema Augustus, quando un brutto giorno (detto da lui) gli viene voglia di venire in Italia per rivedere i vecchi amici e il paesello natio. Male gliene incolse, perché cadde in deliquio davanti agli occhi di una matura brunetta dai capelli corvini che lo portò all’altare, per smitizzare la leggenda metropolitana che vuole “ Dietro gli occhi di una bella donna ci trovi sempre un coglione”.
Ma questa è un'altra storia, per cui riprendiamo “ab ovo”, come dicevano i latini.
Frequentavo il primo anno delle medie nel collegio di San Giovanni Battista de la Salle, quando vengo avvicinato da un prete lazzarista di nome Padre Teta.
A quel tempo il collegio occupava l’interno del convento dei frati francescani, per cui anche per i fratelli del collegio si trattava di una collocazione provvisoria in attesa di andarsi a sistemare nel nuovo costruendo collegio. Stavo dicendo , si, il prete lazzarista, costui mi ferma e mi chiede dove io fossi nato, io confermo di essere nato a Casnigo in provincia di Bergamo. “Strano” mi fa il religioso “tu porti un cognome meridionale, hai per caso un qualche partente? “Beh si” rispondo io “I miei genitori sono originari di Bisceglie in provincia di Bari”.
A questo punto padre Teta esplode in espressioni di gioia e di esultanza perché lui pure era nativo di Bisceglie. Passo indietro. Ovviamente queste sono solo riflessioni di carattere personale. Sembra che in Italia le congregazioni abbiano prosperato di più in certe regioni, piuttosto che in altre. Faccio qualche esempio.
Frati francescani in Lombardia, Lazzaristi in Puglia, Antoniani nel Veneto. Altra considerazione. Certo i Papi, una volta con gli ebrei non ci andavano certo con mano leggera, e con loro anche certi governanti. Quando a Isabella di Castiglia gli riuscì di cacciare i mussulmani dalla Spagna, fece altrettanto anche con gli ebrei.
Ma lei era la Cattolicissima per antonomasia, per cui anche il Papa di quel tempo pensò di adeguarsi,quindi impose a tutti gli ebrei che vivevano nello stato pontificio di andarsene, o per lo meno di convertirsi al cattolicesimo, ma in questo caso, impose, che per rendersi riconoscibili dovevano prendere un “De” davanti al cognome, e una “esse” alla fine dello stesso. Questo spiega la presenza di tanti De Santis, De Stefanis, De Sivestris ecc.
Per cui, quando leggo il nome di mia madre, in De Feudis, mi nasce spontaneo il sospetto che in famiglia ci sia stato più di un ebreo convertito. Ma queste sono cose che sono accadute più di un paio di secoli or sono. Padre Teta, aveva lasciato il paese natio, perché aveva ricevuto ordini dall’alto di realizzare un preciso compito, doveva portare a termine la costruzione di una struttura ecclesiastica iniziata circa mezzo secolo prima da un certo Giustino De Jacobis Costui era un prete lazzarista con la fissa di fare il missionario.
E questo si legge nel racconto della sua vita. Costui ruppe talmente le scatole ai suoi superiori che per toglierselo dai piedi lo spedirono in Africa (ancor prima che iniziasse l’occupazione da parte degli italiani) Fu fatto imbarcare su una nave inglese la quale lo sbarcò a Aden sul Ma Rosso (Allora Aden era un protettorato britannico)
Da lì, il nostro si imbarcò su un sambuco, che gli fece attraversare il Mar Rosso, scaricandolo in un imprecisato punto della penisola di Zula. (Massaua per lui era off limits, in quanto era occupata da turchi e egiziani) Scaraventato a Zula, piuttosto che sbarcato, il religioso si mise in cammino per raggiungere le vette dell’altopiano. Si fermò ai primi contrafforti dell’altopiano in un villaggio che si chiamava, Hebo (si chiama tuttora così) convinto di essere arrivato a destinazione, li iniziò la sua opera di catechizzazione, ma soprattutto di aiuto per le genti del luogo che vivevano in uno stato di povertà e malattie. Per tutto il resto della sua vita si prodigò in questa sua opera di bene, aiutando tutti indistintamente ed in modo particolare i nomadi arabi che transitavano da quella parti. In passato avevano iniziato a fare degli studi sulla zona, perché pare che alcune carovaniere passassero per Hebo, per portare dalla costa araba spezie e tessuti ( incenso in massima parte)
Alcune carovane portavano da Dallol il sale, mentre altre continuavano il loro viaggio nell’interno dell’Etiopia.
Il De Jacobis nel corso della sua permanenza a Hebo, iniziò la costruzione di una chiesetta, un piccolo asilo ed una infermeria con alcuni posti letto. Non cessò mai di chiedere aiuti e sostegni all’Italia, così come non cessò mai di aiutare e sostenere coloro che in povertà soffrivano. Alla sua morte venne tumulato di fronte alla chiesa, che non aveva potuto terminare. In seguito. Ci fu una grossa sollevazione popolare quando la Casa Madre dei Lazzaristi chiese la restituzione delle spoglie. Che non vennero mai restituite. Padre Giustino de Jacobis, venne dichiarato Benedetto, ed in seguito santificato. Ora è un santo a pieno titolo. Per cui padre Teta, fu destinato a Hebo dove completò (allargandola) la chiesa iniziata dal suo predecessore.
L’asilo da piccolo divenne un grande e confortevole asilo con annessa scuola e mensa, l’infermeria ha mantenuto le sue prerogative, ma con alcune migliorie, ora è anche un ospedale. Ovviamente i lavori di completamento, pavimentazione, intonaci, e altro sono stati eseguiti da “Giacomino” il cugino di tua nonna (mia madre).
D’altra parte un compaesano non poteva rifiutarsi di dare aiuto al richiedente Padre Teta. Il giorno della inaugurazione del complesso, furono invitati gli scouts, per dare lustro alla manifestazione, tra gli scouts c’era anche tuo zio Gianni (io no, ero già stato espulso per indegnità, avevo preferito la ragazzina agli scouts)
Il giorno prima dell’inaugurazione, gli scouts partirono da Asmara in Pompa Magna. A bordo di un pullman? No! a bordo di un camion. Gianni, mi raccontò che quando partirono c’era un caldo bestiale, e quando arrivarono un freddo terribile. Freddo che continuò durante la notte, perchè vennero alloggiati per terra in un capannone con un tetto di lamiere. E tu sai meglio di me che a certe altitudini, in Africa la temperatura la notte scende di parecchi gradi. Gianni, mi raccontò poi, che durante la notte mentre tentava di dormire batteva i denti per il freddo, quando un suo compagno, un certo Socci, andò da lui e gli chiese se voleva condividere il suo poco calore, perché non riusciva a dormire per il gran freddo. L’indomani fu fatta l’inaugurazione del complesso e a sera rientrarono dopo essersi fatta l’ennesima scorpacciata di freddo. E sai chi guidò il camion che portò gli scouts, andata e ritorno ? tuo nonno, che ironia della sorte era ateo.
Per dovere di cronaca ti cito i nomi degli scouts, Provo a ricordarmeli, benchè non fossero tutti della mia classe. Sono da sinistra: Pino Socci, Il cascì’ del santuario di San Giustino, Gianni Storelli (tuo zio) Pino Gregorio, Marguccio, Padre Placido, Pollera, Polizzi, accosciati, De Seta, Azzoni, Peresutti, Banotti, Trasi , Longhi (Wow, ci sono tutti)
Quel robusto personaggio appoggiato alla trave della campana di pietra è tuo nonno materno. (non si vede bene ma è riconoscibile dalla stazza)
P.S. Questa foto è stata scattata da Domenico Colarossi, scout lui pure, che in seguito divenne un famoso cantante con il nome di Nico Fidenco. (quello del Granello di sabbia, per intenderci).
Padre Giustino de Jacobis (per i locali Abuna Jacob) 1814/1860
N.B. Il termine Abuna sta a significare religioso di grado superiore
La gerarchia è la seguente Debterà, Cascì, Abuna.
Padre Teta alla destra di Mons Giuseppe Majoli, L’esarca apostolico per l’Eritrea
Asrate Mariam Imrù, e altri padri lazzaristi.
La chiesa di Hebo, con antistante la fossa ove fu sepolto l’Abuna
Jacob, le cui spoglie vennero in seguito traslate nella chiesa.
Giuseppe Storelli