1 - E’ LA FEDE DEGLI AMANTI / COME L'ARABA FENICE.
Rivalta di Torino lì I Mar'07
La frase mette in relazione la natura di un sentimento, già espressa nel titolo, ad un mito antichissimo. Cerca di indagare un mistero noto sapendo già di non trovare risposta. E’ la fede degli amanti misteriosa come i casi che più ci riguardano tipo: perché un Giornale come il nostro, che rispecchia una Comunità e che interessa tutti, ha meno di un decimo dei suoi componenti che sono abbonati e collaboratori ? Perche ai Raduni, che sono un'occasione fornita per rincontrare amici e compagni di scuola o d'infanzia, a volte non fanno neanche una comparsa Asmarini residenti nella stessa provincia nella quale si tiene il Raduno ?
Evocano questi comportamenti, proprio i versi del Metastasio: " E' la fede degli amanti / come l'Araba Fenice " ( Demetrio, non Patzimas in questo caso, perché con lui ci si vede! atto II,scena III )..." Che vi sia, ciascun lo dice; dove sia , nessun lo sa ".
Ma almeno il mistero di questo uccello: aquila o airone di grandi dimensioni e di uno splendente e multicolore piumaggio, appunto l'Araba Fenice, era noto ad un gran numero di eruditi: per Erodoto era originario dell'India; per Tertulliano il luogo d'origine era l'Arabia; mentre per Eusebio era senza dubbio l'Etiopia, ecco perché ci tange. In ciò siamo avvallati anche dagli Egizi per i quali era un airone sacro che viveva la sua esistenza in parte in Etiopia, ove andava a morire per poi rinascere dalle proprie ceneri, così come a volte anche i nostri ricordi e sentimenti, ed in parte in Egitto presso il tempio del Sole in Eliopoli dopo aver soddisfatto l'ansia di vedere nuovi luoghi, anche in questo siamo simili.
Simbolo solare quindi ed eterno che viene però smentito da noi, in particolare dove con ragione, il caro Angra ci dice di non conoscere alcuno che liberatosi dagli orpelli ritorni colà per morire... e consumarsi su una pira fatta di rametti odorosi ed erbe aromatiche così come continua a fare la Fenice onde poter rina- scere, altro mistero !
Ma anche Dante ne tratta, nell'Inferno ( XXIV, I07-III ) sintetizzando quanto si diceva del mitico volatile: " ... la fenice more e poi rinasce / quando al cinquecentesimo anno appressa, / erba ne biada in sua vita non pasce, / ma sol d'incenso lacrime e d’ammono / e nardo e mirra son l'ultime fasce”.
Nel 2475 scadono anche i cinquecento anni dall'epilogo della nostra presenza nella terra della Fenice; fu per noi tutti la fine di un'era e la rinascita a nuova vita; chi sa allora cosa altro accadrà?... Staremo a vedere.
Liberamente tratti dal volume: “Lasciateci la nostra retorica e frasi ai margini della Storia "
AA. VV. Soc. Ed. Internazionale;
Commissionato dalla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro.