>
TUTTI CON CARLO: si torna in Eritrea! |
28/02/2014 18:42 #21083
da Narrante
E Carlo ricorda alla maniera sua: a suon di foto...
Carlo, davanti la villa di Ghinda con la mamma e un capretto dancalo in collo...
Carlo a Ghinda con i compagni di gioco con i loro candidi vestiti
Carlo davanti la villa di Ghinda 50anni dopo!!!
Carlo, dopo l'incontro ravvicinato con il "Naja" non pratica più l'arte del "giratacchi": esce sempre in buona compagnia...La forza del "Naja-Haja"
Carlo, davanti la villa di Ghinda con la mamma e un capretto dancalo in collo...
Carlo a Ghinda con i compagni di gioco con i loro candidi vestiti
Carlo davanti la villa di Ghinda 50anni dopo!!!
Carlo, dopo l'incontro ravvicinato con il "Naja" non pratica più l'arte del "giratacchi": esce sempre in buona compagnia...La forza del "Naja-Haja"
Si prega Accedi o Crea un account a partecipare alla conversazione.
10/02/2014 12:05 - 10/02/2014 13:46 #20917
da Narrante
Carlo ti fornisco i link da cui potrai scaricare documenti che penso ti interessino:
Ultima Modifica: 10/02/2014 13:46 da Narrante.
Si prega Accedi o Crea un account a partecipare alla conversazione.
- Carlo Di Salvo
10/02/2014 08:45 #20911
da Carlo Di Salvo
Ieri per merito del nostro Silvano mi sono fatto una scorpacciata di viaggi sulla più bella ferrovia del mondo, non solo ma sono andato anche a fare lunghe passeggiate per le strade di Asmara entrando nei cinema e nei loro bar a bermi un caldo cappuccino. Grazie Silvano, per chi volesse fare altrettanto, andando su You-Tube e facendo la ricerca su "Eritrea Oggi" c'è da perdersi tra tanti filmati. GRAZIE SILVANO.
Si prega Accedi o Crea un account a partecipare alla conversazione.
08/02/2014 17:00 - 08/02/2014 17:01 #20906
da Narrante
Le ferrovie eritree parlano ancora...italiano
Le gloriose "Mallet" lavorano ancora
Le gloriose "Mallet", malgrado 30 anni di abbandono, di ruggine, e inconvenienti vari, grazie all'insegnamento dei tecnici italiani e alla sapiente ingegnosità del popolo eritreo, ritornano a funzionare sul terreno a loro congeniale: il terreno di Alta Montagna!
Le gloriose "Mallet" lavorano ancora
Le gloriose "Mallet", malgrado 30 anni di abbandono, di ruggine, e inconvenienti vari, grazie all'insegnamento dei tecnici italiani e alla sapiente ingegnosità del popolo eritreo, ritornano a funzionare sul terreno a loro congeniale: il terreno di Alta Montagna!
Ultima Modifica: 08/02/2014 17:01 da Narrante.
Si prega Accedi o Crea un account a partecipare alla conversazione.
08/02/2014 12:06 #20905
da Narrante
Si prega Accedi o Crea un account a partecipare alla conversazione.
- Carlo Di Salvo
07/02/2014 22:24 #20899
da Carlo Di Salvo
Riprendo il nostro viaggio in ferrovia: scendendo da Asmara verso Arbaroba si percorre dapprima l'alta valle del Mai-Hentzì da dove la vista spazia sino ai monti del Cohaito e addirittura alla vetta dell'Eritrea del massiccio dell'Amba Soira. Giunti alle Porte del Diavolo la ferrovia abbandona l'alta valle del Mai-Hentzì per entrare nella sommità della valle del Dorfù costeggiando un precipizio di circa 300 m., la camionabile invece che ci sovrasta con un cavalcavia prosegue la sua discesa lungo la valle del Mai-Hentzì, la ferrovia invece seguendo l'alta valle del Dorfù ad un certo punto entrando in una galleria ritorna nell'alta valle del Mai-Hentzì sino ad entrare dopo un ponte nella stazioncina di Arbaroba posta alla sommità della gola che separa la valle del Mai-Hentzì dalla valle questa volta del Ghindà.
Agli inizi del 1941 durante il periodo dei bombardamenti di Asmara da parte degli inglesi della stazione di Asmara, noi abitavamo a 50 m. da essa, papà mandò me e mamma e la sig.ra Sciortino nostra vicina di casa nella stazione di Arbaroba. Io avevo allora 7 anni e mezzo e passavo giornate intere sul ponte d'ingresso alla stazione ad ammirare i vari branchi di babbuini che tra le piante fittissime di fichi d'india si rincorrevano tra loro o che sotto il controllo dei capi si muovevano in fila indiana tra la vegetazione, guai a quella che usciva fuori dalla colonna, era subito a morsi ed urli fatta rientrare nella fila.
Andavo poi verso l'uscita della stazione verso Massaua perché da lì potevo godere della vista panoramica di tutta la valle del Ghindà.
I primi italiani, che alla nascita della colonia alla fine dell'800 e gli inizi del'900, salivano ad Asmara, quando ancora non esistevano né le strade e tanto meno la ferrovia, da Ghinda salivano lungo un sentiero che percorre questa valle e che termina appunto dove ha inizio il ponte di accesso alla stazione di Arbaroba.
Abbiamo due bellissime testimonianze di questa descritta da Ferdinando Martini e da Rosalia Pianavia Vivaldi, ecco cosa scrive Ferdinando Martini: " Ghinda sta 976 metri sopra il livello del mare, Asmara 2327: nondimeno il primo tratto della via pianeggia; si va per l'alveo del torrente o per il sentiero che gli è di fianco , gola orrida tra monti ripidissimi, dei quali la foltezza degli alberi per gli scaglione nasconde le vette. Il Ghindà, di cui in tali stretture è impossbile discernere la tortuosità, se non volta per volta e quando ci s'arriva, sembra non abbia uscita, e meni a battere nella parete granitica di alcune di quelle montagne. Le selve buie s'aggravano lungo le rive in aspetto sinistro; gli alberi, avviticchiati un giorno l'un con l'altro i giovani tronchi, in lotta per contendersi l'aere scarso e la luce, paiono ora tribolare dei perpetui grovigli, scontorcersi, lacerarsi con strazi orribili e, prostrati da gli sforzi e dagli spasimi, offrire, incurvando, le cime alle strette mortifere delle liane. Le radi tenere escono da' massi di qua e di là, dovunque è una fenditura, quasi spaurite in fuga; e le adulte a fior di terra si avviluppano e si attorcigliano anch'esse tra loro, figure chimeriche di rettili immani che si acciacchino o si soffochino a vicenda. Ma per poco la selva si diradi e penetri il sole, quelli aspetti si mutano: dagl'incubi dell'Hoffmann si passa alla giocondità di Saint-Pierre: al rezzo degli alti tamarindi, spiccano sul bruno fogliame delle lentaggini , i pallidi gruppi del ricino, tra le cui foglie stellate, i cactus levano celatamente le pannocchie gialle da crederle fiorite su quei medesimi steli: migliaia di farfalle d'ogni colore trattengono sui rami e sulle foglie degli arbusti le ali tremule: e rami e foglie ondeggiano all'occhio, quasi cullati da uno zeffiro lieve tra le iridescenze di una fioritura primaverile. Da gli alberi , sugli arbusti, tra le foglie, pe' i irami saltellano, volano, cantano uccelli meravigliosi: storni dalle penne nere che dan riflessi ora verdi, ora azzurri, ora purpurei; gazze dalle piume perlate che al sole scintillano; pèiccole, svelte nectarinie cruentate, che portano sulla testa smeraldi, sul dorso velluti, sul petto ametiste. Il textor vitellinus, d'un bell'aranvio lucente, svolazza a stormi, attorno ai nidi di paglia in foggia di pera, penduli all'estremità di rami sottili, che per quel peso molleggiano; i lunghi tucani che paion fatti con l'ascia, dalle ali striate di bianco, e il becco scarlatto stridiscono: i lanarii gorgheggiano a coppie e mandano modulazioni di flauti lontani: perché l'avifauna abissina non consce nel canto mezzi termini: o melodie usignolesche o schiamazzi striduli come di galli infuriati.........".
Mentre Rosalia Pianavia Vivaldi così descrive la valle del Ghindà: " Il sole non è giunto ancora in fondo valle; e noi si cammina in mezzo ai tamarindi, alle acacie, ai cedri selvaggi, ai sicomori, agli ulivi, alle euforbie gigantesche che sembrano tendere le braccia supplichevoli al cielo; si passa tra rigogliosi arbusti di ricino, fra i mirti, fra le rose abissine, respirando con delizia l'aria fresca e profumata dall'effluvio dei gelsomini, il cui lieto candore si accompagna dovunque alla delicata magnificenza di molti altri fiori. La vegetazione è da per tutto così robusta e gentile che, per la centesima volta, sono costretta a domandarmi se questa è proprio l'Africa.
Ogni momento qualcosa di originale o di grazioso, ferma l'occhio: sono grandi farfalle iridate, o clan di scimmie che ci guardano un momento e poi scappano, beffandoci; o carovane di cammelli; e al conseguente succedersi di sensazioni va aggiunta la trepida curiosità, per cui batte il cuore, quando un grosso animale sconosciuto si leva dall'erba e si rinselva: è una iena ? è uno sciacallo ? è un leopardo ? ........."
Questa era ed è tutt'ora la valle del Ghindà, spero che le immagini che seguiranno potranno darvene una pallida idea. A presto Carlo.
Agli inizi del 1941 durante il periodo dei bombardamenti di Asmara da parte degli inglesi della stazione di Asmara, noi abitavamo a 50 m. da essa, papà mandò me e mamma e la sig.ra Sciortino nostra vicina di casa nella stazione di Arbaroba. Io avevo allora 7 anni e mezzo e passavo giornate intere sul ponte d'ingresso alla stazione ad ammirare i vari branchi di babbuini che tra le piante fittissime di fichi d'india si rincorrevano tra loro o che sotto il controllo dei capi si muovevano in fila indiana tra la vegetazione, guai a quella che usciva fuori dalla colonna, era subito a morsi ed urli fatta rientrare nella fila.
Andavo poi verso l'uscita della stazione verso Massaua perché da lì potevo godere della vista panoramica di tutta la valle del Ghindà.
I primi italiani, che alla nascita della colonia alla fine dell'800 e gli inizi del'900, salivano ad Asmara, quando ancora non esistevano né le strade e tanto meno la ferrovia, da Ghinda salivano lungo un sentiero che percorre questa valle e che termina appunto dove ha inizio il ponte di accesso alla stazione di Arbaroba.
Abbiamo due bellissime testimonianze di questa descritta da Ferdinando Martini e da Rosalia Pianavia Vivaldi, ecco cosa scrive Ferdinando Martini: " Ghinda sta 976 metri sopra il livello del mare, Asmara 2327: nondimeno il primo tratto della via pianeggia; si va per l'alveo del torrente o per il sentiero che gli è di fianco , gola orrida tra monti ripidissimi, dei quali la foltezza degli alberi per gli scaglione nasconde le vette. Il Ghindà, di cui in tali stretture è impossbile discernere la tortuosità, se non volta per volta e quando ci s'arriva, sembra non abbia uscita, e meni a battere nella parete granitica di alcune di quelle montagne. Le selve buie s'aggravano lungo le rive in aspetto sinistro; gli alberi, avviticchiati un giorno l'un con l'altro i giovani tronchi, in lotta per contendersi l'aere scarso e la luce, paiono ora tribolare dei perpetui grovigli, scontorcersi, lacerarsi con strazi orribili e, prostrati da gli sforzi e dagli spasimi, offrire, incurvando, le cime alle strette mortifere delle liane. Le radi tenere escono da' massi di qua e di là, dovunque è una fenditura, quasi spaurite in fuga; e le adulte a fior di terra si avviluppano e si attorcigliano anch'esse tra loro, figure chimeriche di rettili immani che si acciacchino o si soffochino a vicenda. Ma per poco la selva si diradi e penetri il sole, quelli aspetti si mutano: dagl'incubi dell'Hoffmann si passa alla giocondità di Saint-Pierre: al rezzo degli alti tamarindi, spiccano sul bruno fogliame delle lentaggini , i pallidi gruppi del ricino, tra le cui foglie stellate, i cactus levano celatamente le pannocchie gialle da crederle fiorite su quei medesimi steli: migliaia di farfalle d'ogni colore trattengono sui rami e sulle foglie degli arbusti le ali tremule: e rami e foglie ondeggiano all'occhio, quasi cullati da uno zeffiro lieve tra le iridescenze di una fioritura primaverile. Da gli alberi , sugli arbusti, tra le foglie, pe' i irami saltellano, volano, cantano uccelli meravigliosi: storni dalle penne nere che dan riflessi ora verdi, ora azzurri, ora purpurei; gazze dalle piume perlate che al sole scintillano; pèiccole, svelte nectarinie cruentate, che portano sulla testa smeraldi, sul dorso velluti, sul petto ametiste. Il textor vitellinus, d'un bell'aranvio lucente, svolazza a stormi, attorno ai nidi di paglia in foggia di pera, penduli all'estremità di rami sottili, che per quel peso molleggiano; i lunghi tucani che paion fatti con l'ascia, dalle ali striate di bianco, e il becco scarlatto stridiscono: i lanarii gorgheggiano a coppie e mandano modulazioni di flauti lontani: perché l'avifauna abissina non consce nel canto mezzi termini: o melodie usignolesche o schiamazzi striduli come di galli infuriati.........".
Mentre Rosalia Pianavia Vivaldi così descrive la valle del Ghindà: " Il sole non è giunto ancora in fondo valle; e noi si cammina in mezzo ai tamarindi, alle acacie, ai cedri selvaggi, ai sicomori, agli ulivi, alle euforbie gigantesche che sembrano tendere le braccia supplichevoli al cielo; si passa tra rigogliosi arbusti di ricino, fra i mirti, fra le rose abissine, respirando con delizia l'aria fresca e profumata dall'effluvio dei gelsomini, il cui lieto candore si accompagna dovunque alla delicata magnificenza di molti altri fiori. La vegetazione è da per tutto così robusta e gentile che, per la centesima volta, sono costretta a domandarmi se questa è proprio l'Africa.
Ogni momento qualcosa di originale o di grazioso, ferma l'occhio: sono grandi farfalle iridate, o clan di scimmie che ci guardano un momento e poi scappano, beffandoci; o carovane di cammelli; e al conseguente succedersi di sensazioni va aggiunta la trepida curiosità, per cui batte il cuore, quando un grosso animale sconosciuto si leva dall'erba e si rinselva: è una iena ? è uno sciacallo ? è un leopardo ? ........."
Questa era ed è tutt'ora la valle del Ghindà, spero che le immagini che seguiranno potranno darvene una pallida idea. A presto Carlo.
Si prega Accedi o Crea un account a partecipare alla conversazione.
Tempo creazione pagina: 0.264 secondi
>