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Non è una leggenda ma una cruda realtà: l’infibulazione
In questi giorni giungono dalla Siria molte voci che inneggiano al califfato, ai califfi e nel contempo all’imposizione per legge dell’infibulazione per chi ha avuto la malasorte di nascere femmina. Questo vocabolo di origine latina e di significato di spillo, fibbia, mi sta frullando e martellando il cervello; in medio oriente e nell’Africa in generale, si pratica ancora la prassi, ma non è legge, è piuttosto una tradizione sentita e praticata, ma non costituisce obbligo.
Nel Corno d’Africa, almeno per quanto ne so io, vige tutt’ora questa tradizione, e purtroppo in certi casi si verifica il fatto che siano proprio le ragazze a chiedere di essere sottoposte all’operazione, per essere sicure di non incorrere in rifiuti dall’eventuale marito assegnato loro fin dalla più tenera età, dai propri genitori. Il fine dell’infibulazione è di preservare purezza e verginità da offrire al presunto sposo. Il procedimento è affidato nelle mani di una anziana del villaggio, ce n’è una sola ed è considerata una pseudo akim (per intenderci, è un personaggio che sta fra l’essere medico e l’essere stregone)
Costei opera in ambienti comuni, non sterilizzati, dove non si fa uso di anestetici bensì si ricorre alle possenti braccia di nerborute donne che immobilizzano la “paziente” Si procede all’amputazione di parte dell’apparato genitale con strumenti quali schegge di vetro o metallo, forbici, coltelli, lamette, si passa alla sutura delle ferite con un filo di seta nel migliore dei casi, ma comunemente si usano le spine di acacia.
Mi fa orrore che quella bella ombrellifera che tanto ammiro, fornisca materiale per un sì abominevole fine…. Non ci vuole molta fantasia per immaginare i dolori atroci e le conseguenti infezioni che spesso si concludono con la morte della malcapitata fanciulla.
Per le sopravvissute, una volta giunte alla soglia del matrimonio viene praticata loro l’operazione inversa, sempre dalla pseudo akim, in presenza delle donne che questa volta sono anche testimoni sulla correttezza dell’ avvenuta operazione.
Qualche anno fa ho letto su un settimanale, di un personaggio africano, di rango e ragguardevole cultura, residente in Italia con la propria famiglia, il quale avendo due figlie in età giusta per la fatidica operazione, si rivolse ad una clinica privata per sottoporre le figlie alla “infibulazione”….
Se non altro, aveva già fatto un passo avanti circa l’igiene….il concetto, però, rimane ! ! Della suddetta deprecabile pratica, se ne è interessato tutto il mondo occidentale, ricordo che anni addietro il Soroptimist International association di cui faccio parte, ha organizzato tavole rotonde, conferenze tenute da medici specializzati, ha divulgato opuscoli per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento, ma a quanto pare la tradizione è ancora viva e accettata.
Siamo nel terzo millennio, si sbandiera la raggiunta “parità dei sessi” si concede il diritto di voto alle donne, la libertà a tutti gli esseri umani di esercitare le proprie inclinazioni sessuali senza remore, anzi, con plauso e soddisfazione per il raggiungimento di una legge che condanna l’omofobia, ( e questa legge per me è giusta, non sono d’accordo sull’infierire su coloro che per natura manifestano inclinazioni diverse da quelle dei comuni etero).
Solo, confesso un mio personale disappunto su certe manifestazioni di omosessuali che ostentano atteggiamenti inutili e solamente offensivi la sensibilità e il pudore comune. Non riesco a classificare l’infibulazione nel contesto progresso, civiltà, diritti, trovo solo prevaricazione, legge del più forte nei confronti di chi per millenni è stato relegato ad una esistenza succube ed ingiusta. Vogliamo tornare indietro? Stiamo prendendo la strada giusta.
Marisa Masini de’ Bonetti Nago
18 settembre 2014